vodka e vino bianco

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"Ovvio che no, non mi lascerò mangiare non sono mica pazzo". Questa è la risposta che ho dato prima di risalire in quella che d'ora in poi sarà la mia stanza.

Mi sono steso sul letto per non vedere tutti quei quadri appesi alla parete, sono angoscianti, piazzati ossessivamente in ogni angolo della casa senza alcun senso e senza rispettare un ordine. Ci sono quadri appesi troppo in alto e altri troppo in basso, quadri storti, quadri troppo vicini tra loro. Sembra di essere in una mostra d'arte per gli amanti del caos. Quell'uomo dev'essere davvero pazzo.

Mi tocco il collo, fa davvero male, giuro su mia madre che mi vendicherò una volta per tutte di quel gigante narcisista, non ora, la vendetta va servita fredda... e sono sicuro che se ci provassi sul momento mi ucciderebbe.

Prendo il cellulare dal comodino, dovrei rispondere a tutte le chiamate perse di mia madre, accendo il telefono e controllo le notifiche. Niente. Nemmeno un messaggio.
Controllo ancora. Zero. La cronologia delle chiamate. Vuota. I messaggi. Assolutamente nulla. Guardo addirittura le email. La mamma non mi ha cercato.

Possibile che non mi stia cercando? Forse crede che abbia dormito a casa di un amico. Peccato che io non abbia amici, forse la mamma non lo sa o magari non ci ha fatto caso, probabilmente mi chiamerà presto per sapere come sto. Sono sicuro di mancarle e verrà a cercarmi, risolveremo la cosa insieme, come una famiglia.

Guardo la data di oggi, è il mio compleanno l'avevo dimenticato, ma come posso pretendere che la mamma lo ricordi quando io stesso me lo sono scordato.

La porta si apre e il gigante appare sulla soglia, indietreggio trascinandomi verso la testiera del letto.

"Non fare il coniglio, sei già abbastanza patetico così come sei".

"Non capisco come faccia Linda a sopportarti".

"Stai zitto e avvicinati" solo ora mi rendo conto che il gigante stringe tra le mani un barattolo colmo di un unguento trasparente "quel livido è ridicolo, le cicatrici sono molto più virili".

"Dammelo" allungo la mano aspettando che mi passi il barattolo.

"Hai paura di un barattolo?".

"Finirai per strozzarmi di nuovo".

"Mi hai preso per un pervertito?".

"Qualcuno deve avermi spogliato per mettermi il pigiama".

Il gigante si immobilizza, la sua faccia diventa rossa insieme alla punta delle orecchie. "Eri tutto sudato avresti sporcato il letto".

"Passami la crema" ribadisco io aspettando che mi passi il barattolo.

"Come vuoi". Lo lancia e io lo prendo al volo prima che mi colpisca in faccia.

Svitato il tappo l'odore di erbe mediche si spande nell'aria, né prendo un pò con le dita e lo applico sull'ematoma, è fresco, un brivido mi percorre la schiena.

"Il nostro mondo è molto più duro di quello che puoi immaginare" il gigante si siede ai piedi del letto e mi guarda di sottecchi con la sua tipica espressione cupa "dovrai abituarti al dolore".

"Questo non ti da il diritto di strangolarmi".

"La prossima volta tirami un pugno, un calcio, mordimi o sputami in un occhio".

"Sei davvero un pervertito".

Ecco che ritorna il rossore, da imbarazzato sembra quasi un essere umano e non il mostro a cui vorrei piantare un paletto nel cuore. La punta delle orecchie, le guance e il naso si fanno di un rosso porpora e le sue sopracciglia si corrugano in un espressione impacciata che lo rende vulnerabile, perfino adorabile. Chi può aspettarsi una cosa simile da un uomo di due metri che passa il suo tempo ad incendiare cose e strozzare ragazzini.

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