Capitolo 4

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Picchietto le mie unghie laccate di turchese sui braccioli della sedia su cui sono seduta

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Picchietto le mie unghie laccate di turchese sui braccioli della sedia su cui sono seduta. Il movimento e il suo suono mi infondono calma, non posso assicurare che sia lo stesso anche per la persona che ho davanti, probabilmente la sto irritando da morire.

Distolgo lo sguardo dalla targhetta su cui c'è scritto il nome della dottoressa Hamilton, quella che a breve diventerà la mia ex psicologa, per alzarlo su di lei. La guardo solo perché mi sta parlando e purtroppo la mia educazione ferrea non mi permette di ignorarla.

«Non credo sia una buona idea smettere con le sedute, Irisabelle».

Emilia è una donna di circa quarant'anni, ha i capelli castani tagliati a caschetto, due occhi nocciola che ti leggono nell'anima e la carnagione abbronzata. Ha stile nel vestire e mi piace il timbro della sua voce, non mi fa venire il mal di testa. Mi piace anche ascoltarla, sa dare ottimi consigli.

Ovvio, è pagata proprio per questo. Mi ricorda la mia fastidiosa vocina interiore.

Eppure so che non è del tutto così, la dottoressa Hamilton si è affezionata a me e io mi sono affezionata a lei, anche se sto per mollarla su due piedi. Sì, proprio come un dannato playboy che molla la fidanzata da un momento all'altro.

«Già, beh, io credo di sì. Capisco che tu ormai ti sia affezionata a me, Emilia. Lo apprezzo, davvero», le do del tu perché ormai siamo in confidenza e tempo fa mi ha chiesto lei di farlo. «Magari potremmo vederci per prendere un caffè da Starbucks, di tanto in tanto. Ammetto che anche io nutro un certo affetto nei tuoi confronti, ormai, ma...»

La dottoressa non mi fa terminare la frase, mi interrompe senza troppi giri di parole.

«Non sei migliorata, non hai fatto progressi, le sedute devono continuare», dice seria e con l'aria di una che non accetta obiezioni. «Fingi di non pensare più a ciò che ti è successo, fingi di esserti lasciata tutto alle spalle e di averlo superato», aggiunge, elencando una parte dei miei problemi, stando a ciò che dice lei.  «Ma continui ad essere sola, continui a non lasciare entrare altre persone nella tua vita, a non dare fiducia».

Ho ventun'anni, quando sono nata avevo già cinque fratelli, non so nemmeno com'è fatta la solitudine. Non sono mai stata sola.

«Il mio secondo nome è Soledad, sarà uno di quei casi in cui il nome ti si appiccica addosso», rispondo, facendo spallucce.

Combatti i discorsi che non ti piacciono con della sana ironia e tanto sarcasmo, me lo ripeto sempre e a volte funziona. Ma non è questo il caso, a quanto pare, perché Emilia continua a guardarmi in modo serio e dubito che abbia voglia di scherzare.

«Irisabelle, tu non hai un secondo nome», dice, come se non lo sapessi già.

I precedenti psicologi, quelli che hanno tentato di seguirmi, mi guardavano come se fossi pazza. Davvero poco professionale da parte loro. Emilia invece non l'ha mai fatto, non mi ha mai guardato in quel modo.

Ira - Cuori di ghiaccioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora