L'ombra di Serpeverde

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Noah's pov

Mi svegliai con un mal di testa pazzesco. Ricordavo vagamente quello che era successo, ma conoscevo la sensazione di pesantezza che mi intorpidiva gli arti e il cervello; la conoscevo perchè Gavin, quando aveva imparato a fare i primi incantesimi mi aveva usato molto spesso come cavia. 

Mi guardai intorno e mi resi conto di essere nella mia vecchia camera, a casa dei miei genitori, e da fuori, filtravano dalle serrande, i raggi del sole del mattino. 

Ero piuttosto sicuro che la sera prima mi trovavo a casa dei miei zii allo stesso modo in cui ero sicuro che zia Hermione mi aveva lanciato un incantesimo per farmi addormentare. Avevo visto Gavin crollare lentamente sopra la sedia e l'attimo dopo mi ero addormentato di botto anche io. Come ero arrivato a casa dei miei genitori e perchè mia zia aveva fatto quello che aveva fatto non ne avevo idea.

Mi alzai tutto dolorante e andai in cucina dove trovai mia madre al tavolo a consultare dei lavori. Lei alzò lo sguardo e mi fece un sorriso tirato.

- Perchè? - chiesi semplicemente.

- Abbiamo ritenuto che fosse meglio, alla fine, non coinvolgervi - 

- In cosa? - chiesi versandomi del succo di frutta e sedendomi di fronte a mia madre - E perchè con tutta questa violenza? - 

Mamma sospirò.

- Hermione voleva mettere in testa a tuo padre a tuo zio che farà quel che vuole quando vuole - mi rispose stringendosi nelle spalle - E per rispondere alla tua altra domanda: nel mondo da cui provengono Hermione e Draco sta per scoppiare una guerra civile. Siamo tutti d'accordo sul fatto che la cosa non riguarda nè noi, nè voi - 

- E il sogno? - chiesi.

Non serviva fare il cretino e far finta di non sapere che mia madre era all'oscuro: lei era la mente della famiglia e mio padre aveva l'incapacità, un pò come me, di nasconderle le cose. Veniva naturale ad entrambi rivolgerci alla mamma per capire o risolvere problemi, non a caso era una figlia di Atena.

Sviò il mio sguardo concentrandosi sul progetto a cui stava lavorando.

- Mamma? - 

Sospirò, si sciolse i capelli che teneva legati in uno chignon e si passò le mani tra i ricci, nervosa.

- Il sogno potrebbe essere un problema ma... - 

- ...Ma ci preoccuperemo quando ci piomberà addosso con il suo carico da novanta - finii - Adoro la logica di questa famiglia - 

- Di tuo padre Noah, di tuo padre - mi rispose alzando gli occhi al cielo.

Mi piaceva far credere agli altri che non ero del tutto come mio padre; sin da bambino mi avevano sempre detto che ero la copia spuntata di Percy Jackson, sia fisicamente che caratterialmente, ed effettivamente non avevo mai smentito la cosa. In realtà non ero del tutto come lui e la cosa più ovvia che ci distingueva erano i poteri, in fin dei conti ero figlio anche di Annabeth Chase e non avevo solo il sangue di mio padre nelle vene e quello influiva sulle mie abilità: sapevo controllare l'acqua e usarla per guarire ma finiva là, non ero in grado di parlare con i cavalli, non riuscivo a controllare gli animali marini e, fortunatamente, non ero in grado di scatenare terremoti. In compenso avevo le stesse abilità combattive di mio padre che si aggiungevano a quelle della mamma: ero bravo con la spada come papà ma anche le arti marziali di mia madre facevano il loro lavoro, senza contare che da mia madre avevo preso la capacità e la velocità di apprendimento in tutto.

- Ho capito. Comunque...dove avete messo le mie cose? Dovrei tipo vedere se devo andare al lavoro -

- Nell'armadio all'entrata - mi rispose distratta - Vedi di non farti male - 

- Agli ordini capo - dissi dandole un bacio sulla guancia. 

Me ne andai gongolando, soddisfatto di averla fatta sorridere. Era preoccupata e glielo si leggeva in faccia, se potevo farla stare meglio ci avrei provato in tutti i modi.

                                                                                            ***

Gavin's pov

Voci. Chiasso. Pianto di bambino...aprii gli occhi e mi ritrovai a fissare il lampadario della camera dei miei genitori. Mi misi seduto mentre sentivo i residui dell'incantesimo di mia madre scivolarmi via. Mi aveva fregato! Con la scusa di accarezzarmi i capelli mi aveva fatto abbassare tutte le difese dagli incantesimi che avevo addosso e mi aveva fatto addormentare. Erano anni che i suoi incantesimi non avevano più effetto su di me, non era un cavolo di caso che mantenevo in piedi un incantesimo che mi proteggeva da quelli degli altri.

Uscii dalla stanza scocciato e mi resi conto che mia madre stava preparando il pranzo con l'aiuto di papà e zia Ginny, mentre zio Harry badava ai figli. 

- Quanto cavolo era forte quell'incantesimo?! - sbottai. 

Ad occhio e croce avevo dormito più di dodici ore. 

Mia madre sobbalzò e quando mi vide alzò gli occhi al cielo. 

- Per passare sopra il tuo incantesimo di difesa? Tanto - rispose.

- Tanto valeva che mi sparavi nel collo un sedativo per cavalli! - esclamai. 

Lei sbuffò e non aggiunse altro. Guardai mio padre in cerca di risposte ma lui si limitò a scuotere il capo.

- Serio?! - sbottai - Se non volevate farmi sapere niente tanto valeva che non mi chiamavate no?! Certe volte vi comportate da idioti - 

- Gavin piantala - mi disse mio padre guardandomi male - Ti stai comportando come un bambino - 

- Ma fammi il piacere - gli risposi. 

Poi andai verso l'uscita, presi le mie cose e aprii la porta. 

- Dove vai? - mi chiese mia madre seguendomi.

Mi voltai e la guardai negli occhi troppo simili ai miei. 

- A casa mia, almeno lì mi sento più al sicuro - risposi - In questa casa non posso fidarmi perchè ai miei genitori piace colpirmi alle spalle - 

Lo vidi, il momento in cui la ferii con le mie parole. Ma non mi importava, non dopo che lei mi aveva mentito e ingannato. Odiavo quando giocava con la mia mente e usava la magia per farmi fare quello che diceva lei, era una cosa che avevo sempre odiato. Mi aveva promesso che su di me non avrebbe mai più fatto nessun incantesimo.

- Gavin... - 

Non la feci finire e me ne andai sbattendo la porta. Attraversai la strada incazzato per andare alla fermata della metro e mi scontrai con una ragazza incappucciata e vestita di nero, urtandole una spalla. Barcollò appena e nemmeno si voltò a guardarmi.

- Sta attenta a dove metti i piedi - gli dissi. 

Non ero in vena di essere gentile. 

Mentre mi allontanavo, però, mi sentii osservato.

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