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luke camminava veloce sul marciapiede, tormentandosi il piercing al labbro con i denti.
stava andando a casa di jo. probabilmente non gli avrebbe nemmeno aperto la porta, ma non gli importava.
qualcuno suonò il clacson, maledicendolo per aver attraversato la strada senza guardare.
jo gli aveva detto di abitare in un condominio sulla diciassettesima strada, una struttura povera e grigia, con metà delle finestre sbarrate.
salì le scale del condominio con il cuore in gola, fino al quinto piano.
si fermò.
la porta era socchiusa e gli bastò spingerla di poco per entrare. le luci erano spente, ma in un angolo della stanza riuscì comunque a scorgere il manico della chitarra nera di jo.
<jo?> chiamò.
silenzio.lasciò vagare lo sguardo e i suoi occhi si fermarono su un'altra porta. questa era chiusa, ma una lama di luce spuntava dalla fessura di sotto, illuminando il pavimento.
provò a bussare un paio di volte, poi posò la mano sulla maniglia e girò.
si sentì un debole click e la porta si aprì lentamente verso l'interno.
jo era lì, sdraiata per terra. teneva il viso pallido rivolto verso il soffitto, gli occhi chiusi, il sangue che le colava dalle braccia sui vestiti.
scritta sullo specchio, c'era un'unica parola: addio.
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piango.
ma io li shippavo.
sad moment.
non odiatemi.
magari non è morta.⌨
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Punk; ☹
Short Story“Non è finita finché non sei sottoterra, non è finita finché non è troppo tardi.” — Green Day @hugmepotato 2015