Il primo passo

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Mi svegliai in quella triste giornata di settembre, il grande giorno era arrivato, il giorno in cui mi sarei trasferita insieme al mio bellissimo marito Trevor, ci stavamo trasferendo perché la sua gemella aveva bisogno di aiuto, molto aiuto.
Misi i miei piedi dentro le mie ciabatte, dovevo assolutamente preparare del caffè sia per me che per mio marito, lui si sveglió insieme a me, si mise sul pavimento e prese la sua tazza riempita fino all'orlo di caffè, mi sedetti anche io vicino a lui, gli chiesi a che ora saremmo partiti, lui mi rispose semplicemente che quando sarebbe arrivato il furgone saremmo partiti.

Avevo già dato le miei dimissioni, lavoravo nell'ambito economico, in banca, ero molto appassionata alla matematica, mio marito invece era stato licenziato da quasi tre mesi e credo che sia caduto in depressione, ma io per fortuna l'ho fatto riprendere, mi vestì con i pochi vestiti riposti in una valigia insieme a mio marito. Iniziammo a mettere i pochi oggetti rimasti nelle scatole.

Mettemmo le scatole sotto casa sul marciapiede, nello stesso momento mi comparvero i miei genitori con i lacrimoni agli occhi, i miei genitori non l'hanno preso bene il fatto che abbandonavo la loro splendida città, ma ormai era troppo tardi per cambiare idea.
Mi diedero dei dolci, dei tipici dolci di quella città, mi abbracciarono, e abbracciarono anche Trevor, i miei genitori iniziarono con le solite storie da genitore, non ero molto legata ai miei genitori, ero una ragazza molto solitaria, e anche indipendente.
Trevor e i miei genitori iniziarono a chiacchierare della nostra nuova vita, e ovviamente i miei genitori ad ogni sua parola sembrava che da un momento all'altro sarebbero scese delle meteore.

Dopo delle ore finalmente arrivó il furgone per mettere le nostre ultime scatole, i miei genitori mi abbracciarono e salutarono anche Trevor, salimmo sul furgone e c'è ne andammo da quella chiassosa città.
Il viaggio era ancora molto lungo, doveva durare all'incirca 10 ore, ma per fortuna c'erano molti fornitori di benzina.
Il viaggio stava durando tantissimo, io e Trevor a stento parlavamo perché prima guidava lui e io dormivo e poi guidavo io e lui dormiva.
Dopo dieci ore di viaggio finalmente eravamo arrivati in quel paesino sperduto al confine dell' America.
Purtroppo Trevor non voleva nient'altro che vedere sua sorella, lo capivo anche se ero figlia unica però anche io sentivo la pesantezza del viaggio, anche io volevo un po' di affetto.
Lui stava passando un momento di depressione per la perdita del suo lavoro, era molto legato, specialmente ai suoi colleghi, io lo incoraggiavo, dovevo tirarlo su, io dovevo essere il braccio su cui piangere.
Per prima cosa arrivati in quel paesino, era togliere i pacchi dal furgone, e presentarmi a quel gruppo di mamme incinte e pettegole, dovevo assolutamente farmi riconoscere, ovviamente in positivo.
Aprimmo il furgone, Trevor salì sul furgone e tolse le prime scatole dal furgone per metterle in casa.

Misi il primo piede dentro quella grande casa, la casa era molto in stile americana purtroppo non avevo il solito portico ma avevo un gigantesco ingresso con il tipico camino con sopra la TV.
Ovviamente la casa era quasi del tutto vuota, però aveva il suo fascino.
Mio marito la stava esplorando come me, lui incominciò a fare i salti di gioia, era talmente euforico che la prima cosa dopo che il camion se ne andò e andare a far visita a sua sorella.
Ci mettemmo di nuovo in macchina e ovviamente ci aspettavano altri dieci minuti in quella odiosa macchina con l'odore di pelle di quei maledetti sedili.
Finalmente eravamo arrivati in quella fatiscente casa antica, dove ci stava aspettando sua sorella Jennifer William.
Scendemmo dalla macchina e Trevor la abbracciò in un nano secondo, lei però ovviamente era contenta per la visita di Trevor ma avevo la sensazione che non stava aspettando solamente lui ma anche me, ci accomodammo sul suo orrendo divano a fiori, lei era la tipica sorella zitella fin dalla nascita e capivo anche il perché, ma non capivo come fosse imparentata al mio fantastico marito.
Jennifer e Trevor non finivano di parlare dei vecchi tempi dove ovviamente io non c'ero, non finivano di parlare dei loro ex, ovviamente Jennifer non mi rivolse neanche la parola, dopo più di un'ora Trevor si alzò dal divano e con uno sguardo incantato da una specie di idea ci disse che andava a prendere delle bevande per festeggiare a questa nuova vita.

Si alzò dal divano, fece un respiro profondo e andò in cucina, dopo dei secondi di un silenzio mortale Jennifer ruppe il ghiaccio dicendo come mi stavo trovando in quella misera città, ovviamente non potevo dire che questa città era così sperduta che non c'era neanche un aeroporto e il più vicino era a 2 ore da noi, così gli dissi che era proprio il posto che stavo cercando e che la città era troppo chiassosa e altre stupidaggini varie.
Incominciammo a parlare del più e del meno ma a un certo punto mi disse senza giri di parole che sapeva che io non mi stavo trovando bene e che sapeva benissimo che io non avrei mai voluto lasciare la città, io ero scioccata come aveva capito tutto questo anche se mi resi conto che era palese, quindi io gli risposi che era vero, non avrei mai voluto lasciare la mia città ma per il bene per la sanità mentale di Trevor avevo accettato.
Trevor dopo un paio di minuti finalmente tornò a salvarmi da quella situazione molto tesa, lui aveva un sorriso in faccia, un sorriso compiaciuto come se avesse raggiunto un obiettivo.

La Morte di una Condannata Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora