Capitolo 3: Caffè in bicchierini di carta.

28 2 0
                                    

Alice.


Cuffie antirumore e pillole per dormire a base di melatonina, camomilla e valeriana. Ero sicura che bastassero dopo due settimane insonni a sentire le ragazze di Harry ululare alla luna, ma a quanto pareva no. Non erano abbastanza. Ero ancora in pigiama, chiusa in balcone a fare colazione, con i patch sotto le occhiaie nella speranza di un miracolo, ma ero stanca, terribilmente stanca. Dovevo assolutamente continuare la ricerca di una sistemazione più ragionevole. L'affitto e le utenze erano davvero convenienti, ma volevo veramente risparmiare soldi a discapito della mia salute?
«Ciao, tu sei Alice?»
Mi girai verso la portafinestra, trovando la lupa della notte precedente con la stessa t-shirt che avevo visto indossare da Harry ieri, che non le copriva affatto il culo, ma almeno questa indossava le mutande. Il perizoma. Leopardato. «In persona» risposi tirando un sorriso, come se non sembrasse già abbastanza finto. Lei fece un sussulto guardandomi in faccia. «Questo succede dopo che passi i 25 e non ti fanno dormire la notte» commentai, lei arrossì. «Sì, uhm, Harry mi ha detto di chiederti se puoi fare un salto a prendere il caffè, dato che è finito» parlò piano, imbarazzata. «Piccolo tesoro caro, ha bisogno di un caffè dopo la maratona di stanotte, eh?» domandai ironica, lei sorrise, non notando l'ironia, ovviamente. «Eh, sì» disse ed io tirai un po' più su il sorriso: «Puoi dire ad Harry che può andare a farsi fottere, dato che gli viene tanto bene e già che ci sei, digli che il caffè se lo può infilare su per il culo, sai, no, per sperimentare qualcosa di nuovo. Secondo me potrebbe anche piacergli.» La lupa serrò gli occhi, ammutolita, le feci segno di andarsene con la mano, tornando al mio caffè e alla mia orribile colazione integrale che continuavo a costringermi a mangiare, nella speranza che potesse aiutarmi a perdere quel paio di taglie in più che avevano unicamente il nome di Carlo sopra. Controllai per l'ennesima volta il telefono: non aveva ancora letto il messaggio. Mascagni mi aveva chiamata stanotte, era un dato di fatto, avevo il suo numero nel registro delle chiamate senza risposta, mi aveva chiamato ed io non lo avevo sentito per colpa delle cuffie e delle urla della camera a fianco alla mia. Avevo pensato di richiamarlo, ma erano passate le 2 e non mi sembrava il caso, allora gli avevo mandato un messaggio, ma nulla. Non lo aveva letto. «Fanculo» dissi ad alta voce prendeno una cucchiagliata dalla tazza con l'espressione di disgusto in faccia. «Miss acidità, hai un minuto per me?» mi girai di nuovo, Harry ridacchiò. «Ti fa molto ridere?» chiesi scocciata, lui annuì. «Un po'. Voglio il caffè Alice» «Dovevi alzarti prima» esclamai entusiasta, bevendo di proposito la tazza piena davanti ai suoi occhi. «Alice, la tazza» riprovò, scossi il capo. «Fermati al bar prima di andare in negozio» «Fermati al bar prima di andare allo studio» rispose a pappagallo. «Non ho tempo da perdere. Il dottore ha bisogno di me» dissi, ripensando alla chiamata senza risposta. «Qualcuno dovrebbe dirglielo» commentò in uno sbuffo, avvicinandosi a me. «Cosa?» «Che farebbe un favore al mondo intero se ti scopasse» rispose ammiccante rubandomi la tazza dalle mani. «Ehi!» Scattai in piedi, placcandolo prima che rientrasse in casa, tra la porta finestra e il mio corpo. «La mia tazza» dissi seria con il collo tirato verso l'alto, cercando di essere quantomeno credibile, nonostante il pigiamino a fiorellini e la mia bassa statura. Se il petto nudo di Harry mi facesse sentire caldo? Ovvio, era obiettivamente un figo, in pantaloncini e con un dannato sorrisetto sexy che non ne voleva sapere di allontanarsi dal viso. «Prendila» m'incitò alzando il braccio. «Seriamente, Harry?» Sorrise di più, accarezzandomi il fianco con la mano libera. Fanculo, i brividi proprio no. «D'accordo» bofonchiai iniziando a saltellargli addosso, con la mano verso l'alto, strusciandomi spudoratamente su di lui, fino a sentire la mano che, dal fianco, scendeva sul culo. «Harry!» gracchiai guardandolo male, lui iniziò a ridere. «Sarebbe carino se la prossima volta lo facessi senza questo pigiama da ragazzina, Alice, molto più carino» disse solamente, portandosi la tazza alla bocca, esattamente dove avevo bevuto io, per poi cedermela di nuovo, entrando dentro casa. «Ah, giusto, dovresti smetterla di arrossire, alla lunga potrei anche pensare male.»
Lo avevo ignorato, portando la tazza di caffè e il resto della mia colazione in cucina. Avevo ignorato anche lo sguardo che mi aveva lanciato uscendo di casa, mi aveva letteralmente squadrata da dietro, mentre ero allo specchio a sistemare la frangetta chiedendomi se lo stesse facendo apposta, considerando che potevo benissimo vederlo, o se avessi una grossa macchia sul culo. Non avevo nessuna macchia, me lo aveva assicurato la ragazza che viveva sopra lo studio, con la quale mi fermavo ogni tanto a fumare una sigaretta. E comunque il camice era abbastanza lungo per coprirmi completamente l'area. Mascagni mi aveva appena salutata oggi, preso dal susseguirsi di appuntamenti che non avevano voluto dargli un attimo di tregua. Nemmeno a me, se per questo, tra il telefono che suonava in continuazione e la gestione amministrativa da sistemare dopo il casino lasciato dal mio predecessore. Non ero neanche uscita per pranzo, mangiando un panino alla scrivania: se non andava in pausa Mascagni, perché dovevo andarci io? Certo, l'appuntamento delle 12.00 con la signorina 2003 si era protratto un po' per le lunghe, dal momento che due ore dopo non erano ancora usciti. Ma non volevo essere maliziosa: Mascagni non lo avrebbe mai fatto. Qualcuno suonò al campanello, premetti il pulsante, facendo scattare la serratura. «Arrivo subito» affermai cordiale salvando la registrazione. «Mi scusi, il dottore è un po' in ritardo, il suo nome?» chiesi, con lo sguardo ancora sullo schermo. «Styles, Harry.» Alzai gli occhi al cielo. «Anche qua?» domandai pigra, guardandolo svogliatamente. «Questo telefono non ha fatto altro che suonare tutta la mattina, dovresti spegnerlo» disse solamente alzando il mio telefono in bella vista. «Ma che...cazzo! Il mio telefono, perché ce l'hai tu?» Lo raggiunsi in un nanosecondo, notando solo in quel momento i due caffè nei bicchierini di carta nell'altra mano. «Mi hai portato il caffè?» domandai scettica, alzò le spalle. «Già che c'ero» disse solamente. «Simpatica tua sorella, comunque» aggiunse subito dopo, facendomi l'occhiolino. «Fammi capire, hai risposto alle mie chiamate?» domandai, fece di nuovo spallucce: «Non smetteva di suonare, te l'ho già detto, ho semplicemente detto che avevi dimenticato il telefono e tua sorella mi ha riempito di domande» «Jane» bofonchiai, capendo subito quale sorella fosse. «L'ho invitata a casa una sera di queste» «Non c'è dubbio: mia sorella minore non ti si avvicinerà mai» affermai di getto, ridacchiò. «Gelosa?» chiese, lo guardai alzando un sopracciglio. «Avanti Harry, mi sembra chiaro che tu non sia il mio tipo» commentai divertita, ridacchiò, nascondendo una piccola smorfia di dolore: lo avevo colpito dritto nel suo ego spropositato. «Mi verrebbe quasi spontaneo chiederti chi sia tanto sfortunato da essere il tuo tipo» disse tirato, esattamente in tempo con l'aprirsi della porta dell'ambulatorio. «Bene Jessica, chiamami pure se dovessi avere dei problemi, Alice ti darà un nuovo appuntamento» sussultai, girandomi verso la voce di Mascagni e sì, ignorai anche i suoi capelli spettinati e la sbavatura di rossetto di Jessica: oggi ignorare mi veniva bene. «Alice, tesoro, ci pensi tu a Jessica? A che ora c'è il prossimo appuntamento?» «Alice?» chiese Harry con un sopracciglio alzato sbagliando accento, lo liquidai con un gesto della mano. «Era un'ora fa, ma non si è presentato, penso proprio che lei possa prendersi un po' di pausa» risposi accondiscendente, addolcendo il tono e lo sguardo, ricevendo il sorriso alla Mascagni che tanto mi faceva toccare le nuvole. «Sei meravigliosa Alice» disse solamente, chiudendosi dietro il suo ufficio. «Alice?» domandò ancora Harry, seguendomi alla scrivania insieme a Jessica. «Harry! Non ci credo che sei tu! Non sai che piacere rivederti!» Civettò Jessica che, a quanto pare, conosceva bene pure Harry. «Jessica, passano gli anni, ma non cambi mai, eh?» disse malizioso, pulendole la sbavatura del rossetto. Sentii una fitta di gelosia sfogarsi sui tasti della tastiera, mentre la ragazza, dopo essersi sbavata il rossetto con Mascagni, si lasciava adescare da Harry. Preparai la fattura in silenzio, stessa cosa con il nuovo appuntamento, stampando il tutto prima di porgerglielo. «Grazie Alice» disse, la guardai male. «Signorina Robinson per te» commentai acida, lei sussultò, Harry rise. «Ci vediamo una di queste sere, Jessy, fai la brava» concluse Harry, accompagnandola alla porta. «Non vorrai veramente far urlare anche lei, vero? Ti prego, un po' di tregua» esclamai pietosa, lasciandomi andare sulla sedia. «Signorina Robinson, lei è troppo bacchettona, dovrebbe scaldarsi un pochino, se solo si facesse aiutare» affermò divertito, appoggiando i caffè sul ripiano della scrivania, trascinando la sedia per affiancarmi e sfiorare il tessuto dei jeans con la mano. Mordicchiai le labbra, lasciandomi trasportare dal momento «Da lei? Ma signor Styles, lei è troppo caldo» gli stetti dietro riscaldando il tono di voce e lo sguardo, prendendo un bicchierino per bere il caffè. «E poi c'è troppa fila per arrivare in camera da letto» aggiunsi, Harry ridacchiò: «C'è sempre camera sua, lì mi sembra abbastanza libero» commentò lo guardai male. Poi sorrisi: «Forse lei è troppo impegnato con le sue bambine per rendersi conto di quello che succede nella stanza a fianco» sparai, Harry alzò le sopracciglia, sporgendosi verso di me. «Vorrà dire che farò più attenzione ora» sussurrò. «Alice, non mi avevi detto che avevi un appuntamento, ti avrei dato un permesso.» La voce del dottor Mascagni s'interpose tra di noi, facendomi ricordare con chi stessi apertamente flirtando, nel luogo di lavoro, a un passo dal mio uomo dei sogni «No! Nessun appuntamento. Harry mi ha solo portato il telefono e il caffè» dissi velocemente, allontanandolo con le mani. Mascagni sorrise. «Non succede niente Alice, pensavo solo che potevamo andare a fare due passi, ma posso andarci da solo se sei impegnata» affermò e mi sentii mancare l'aria: il dottor Mascagni mi aveva chiesto di uscire con lui? Va be' erano due passi, ma comunque fuori dallo studio, quindi voleva uscire con me. «Sarà per la prossima, dottor Marcagni» rispose Harry al posto mio, mettendo il braccio intorno alle mie spalle. «Ma che diavolo» imprecai, mi fece l'occhiolino. «Lo vuoi o no? Scommetto che ora hai catturato la sua attenzione. «Ci conto» disse il dottore uscendo dallo studio. Pochi minuti dopo uscì anche Harry, ricordandosi di avere un negozio da gestire. «Te lo potevi ricordare anche prima» avevo bofonchiato facendolo ridere ed io mi ero ritrovata da sola, almeno per una buona mezz'ora, prima che la sala d'attesa si riempisse di pazienti in attesa del loro turno.

Alice in Harryland [hs]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora