Giugno 2024
Alice.
Una delle cose che avevo scoperto non sopportare più, era dormire in un letto per due da sola. Conciliava la mia nuova insonnia e lo detestavo. Leggevo qualche libro, smangiucchiavo schifezze e scrollavo un po' di video sul telefono, ma quel diavolo di buco vicino a me era macabro, odioso, mentre si burlava di me. Era quel senso di solitudine che avevo deciso di portarmi a spasso da quando mi ero decisa a non seguire la mia famiglia in Italia dopo il fallimentare Natale a Birmingham. Ecco, solo pensare a quella festa maledetta mi faceva venire bruciore di stomaco, sembrava quasi sentire ancora la voce di mia madre sovrastante il brusio della delusione generale lanciando l'ennesima e ultima critica alla mia vita: «Sei talmente ingrata che hai mandato al diavolo l'unica occasione che avevi per elevare la tua vita così sempliciotta da essere irrilevante, Alice. Adesso ti ritrovi di nuovo da sola, senza un lavoro, un posto in cui vivere e, a un passo dai 30 anni, senza un uomo degno di darci degli eredi. Che cosa stai dando alla nostra famiglia, eh? Niente! Non hai mai dato niente e non lo farai mai se non sarò io stessa a mettertelo in mano.» Mi sarei dovuta sentire umiliata, delusa, triste, ma ero diventata apatica. Forse perché avevo già pianto troppo i giorni prima, credo che ci sia solo un tot di lacrime a disposizione per chiunque e le mie le avevo usate tutte per gestire il dolore che l'abbandono di Harry mi aveva portato. Le parole di mamma, alla fine, erano scivolate, un po' come l'ultimatum del nonno: se non mi fossi sposata entro l'anno successivo, mi avrebbe estromesso dal testamento, disconoscendomi come nipote. Mi ero chiesta se questo voleva dire che potevo andare in anagrafe a cambiare cognome: mi divertiva pensare di potermi scegliere un nuovo nome, una nuova vita. Piacere, Alice Wonderland, il mio mondo è una merdaviglia.
«Che ci fai sveglia Alice?! Fai il pomeriggio oggi, dovresti dormire!»
Sorrisi d'istinto, girandomi verso la voce della mia dolce metà, con in dosso un abito elegante. Guardai i suoi occhi azzurri illuminati dalla luce dell'abatjour e sospirai, scoprendo la trapunta dalla parte affianco a me, ammiccando. «E tu dovresti smetterla di andare a letto con chiunque ti metchi su tinder, Roxy. Mi fai preoccupare» affermai, sospirando, sbattendo le palpebre un paio di volte in più. Roxnane scosse il capo, sfilandosi i tacchi alti prima dal piede sinistro, poi dal destro. «Se non ti conoscessi direi che si legge un po' di invidia» commentò, sfilandosi l'abito in un nanosecondo, infilandosi poi sotto le coperte prima ancora di mettere la camicia da notte: l'avarizia di Miss Prout non ammetteva riscaldamento acceso nelle ore notturne, nelle stanze del convitto. Ridacchiai, pensando a quanto tempo fosse passato dall'ultima volta in cui avevo fatto sesso. Un triste sesso con un uomo che non era Harry che mi era servito a capire che farlo di nuovo, senza di lui, non mi avrebbe mai fatto stare bene. «Uhm, sì, forse» risposi evasiva, lei spalancò gli occhi: «Quindi è vero quello che si dice in giro, davvero coraggioso amica mia.» Corrugai lo sguardo, guardandola interrogativa: «Che si dice in giro, scusa?» Il sorrisetto furbo, quasi malizioso e lo sguardo divertito, mi accarezzò la guancia, lasciando la mano appesa in un gesto caritatevole non richiesto. «Che sei casta e pura, Alice, il tipo che aspetta il matrimonio»
«Oh mio Dio!»
«Eh sì, proprio per lui!»
Ridacchiò, come se fosse la battuta più divertente mai sentita prima di oggi. Forse lo era anche, considerando tutte le acrobazie nelle mie notti-magiche. No, non potevo continuare a pensare ad Harry Styles, futuro Duca, ex amore della mia vita. Diedi un morso al palmo della mano di Roxy, che l'allontanò subito, sorpresa dalla mossa azzardata. «No, non sono casta e non sono pura. Santo cielo, Roxy, dormi» sbuffai, dandole le spalle. «D'accordo d'accordo, allora starai passando un periodo di magra. Facciamo così, domani parlo con il boss e ti faccio venire con me nella clinica privata dai nonni dinamici per la trasferta del weekend. C'è un amico lì, gli dirò di portarne un altro per spezzare il tuo digiuno. Sì, mi sembra un'ottima idea» «No Roxy, non lo è» «Certo che lo è sciocchina! C'è questo posto lì vicino, dove di venerdì sera c'è l'open stage, canzoni, poesie, monologhi, quello che più ti va, compreso nella consumazione. Sono sicura che appena ti sentirà cantare gli verrà duro: giuro, ogni tanto fai eccitare anche me» continuò per la tangente. «Rox, sappi che comunque a me piace il cazzo» «Decisamente non casta e pura!»
Era stata la nonna a darmi la spinta: dopo la disastrosa sosta natalizia mi aveva ospitata a casa sua e prendermi cura di lei era venuto naturale, come per le amiche che si fermavano da noi per qualche giorno, di passaggio tra un viaggio e l'altro. Poi c'era stato il dramma della vasca da bagno: ero uscita per comprare un po' di frutta e, tornando, le urla si sentivano da fuori. Anne, l'amica storica della nonna, era scivolata entrando nella vasca da bagno e nonna, per aiutarla, si era trascinata giù con lei. Avevo preso in mano la situazione con un piglio naturale, senza andare nel panico o altro: avevo chiamato i soccorsi, agendo come da istruzioni, aiutando quanto più possibile i soccorritori e poi le infermiere in ospedale. Da lì la domanda: «Hai mai pensato di farlo per mestiere? Il camice ti sta un incanto.» Ed ecco iniziati i corsi, le agenzie, fino al convitto e Roxanne che ora avrei voluto strozzare.
«Ma almeno siamo ancora a Londra qua?» chiesi stizzita guardando la grande struttura che urlava ricchezza da tutti i pori. Lei fece spallucce. «Non ne ho idea, il capo dice vai e Roxy risponde okay, perché Alice no?» domandò a sua volta alzando un sopracciglio, sospirai: «Alice dice per forza okay, se vuole continuare a vivere dignitosamente in autonomia» conclusi, strattonandola verso la grande porta a vetri dell'ingresso, nella sua espressione soddisfatta. Le deliziose uniformi pastello delle infermiere, probabilmente di costoso cachemire, non erano niente in confronto agli enormi quadri impressionisti nelle cornici dorate alle pareti. «Dalla collezione privata del Duca Edward, il proprietario della struttura. Tu devi essere Alice.» Una perspicace infermiera pastello, con una vista di dieci decimi, mi sorrise entusiasta; mi sembrò carino, quanto meno cortese, ricambiare il sorriso, sistemando il cartellino con la mia faccia e il mio nome, affisso al camice. «Mi dispiace per il poco preavviso» dissi solamente, guardando Roxanne legarsi i capelli scuri dalle punte azzurre. «Figurati, due mani in più fanno sempre comodo: gli ospiti diventano irrequieti nel weekend, tra le visite di parenti e gli amici che si uniscono a noi per i giochi» rispose con una risatina stridula. L'infermiera pastello aveva perfetti boccoli biondi, legati in mezze code dietro le orecchie e le gote colorate da tondi tocchi di blush un po' troppo rosato, in quel tentativo di ricerca di una gioventù ormai lasciata negli album dei ricordi. Come l'ombretto fucsia e le mollette con gli orsetti sopra le orecchie, stimai 38, forse 40 anni al massimo, mentre prendevo quelle che dovevano essere le nostre uniformi pastello, ma di color salmone, a differenza delle loro menta e lilla. «Giochi?» chiesi a Roxanne, nel piccolo spogliatoio dedicato allo staff esterno. «Principalmente carte, a volte il bingo o la tombola, poi si balla. Quando ballano sono meravigliosi» rispose entusiasta, infilando i pantaloni della divisa. «Odio questo colore, mi sento così smorta» commentò subito dopo, sistemando la coda con un giro di elastico in più. Mi guardai allo specchio, entusiasta del mio nuovo e ormai consolidato taglio di capelli, un paio di centimetri dalle spalle, sbarazzino e facile da gestire anche nella leggera frangetta che potevo accorciare da sola a mio piacimento. «Io adoro questo colore» dissi solamente, sistemando il camice sopra la divisa. «Lo so, è terribile che tu lo faccia» bofonchiò alzando gli occhi al cielo, dandomi pure il piacere di non provare alcun senso di colpa nell'alzare gli occhi al cielo. «Desmond Ferguson ti adorerà» aggiunse cambiando tono di voce ed io sapevo già che sarebbe stato un lungo weekend. «Tesoro, tu con i capelli rossi» mi girai di scatto sentendomi presa in causa: un'elegante nonnina perfettamente in tiro, mi sorrise. Aveva qualcosa di familiare nello sguardo caldo, nonostante il colore chiaro, turchese come le sfumature nel grigio naturale dei capelli. «Buonasera, mi dica, come posso aiutarla?» «Cara, mio nipote è stato trascinato dalla mia consuocera, lasciandomi qui, mi aiuteresti a raggiungere la sala dei giochi?» domandò con dolcezza e uno strano sussulto in risposta al mio sorriso. «Certo signora, sono Alice, sarò lieta di aiutarla per ogni necessità» «Alice, un bellissimo nome, puoi chiamarmi Amelia, penso che io e te andremo molto d'accordo»
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Alice in Harryland [hs]
FanficQuando Harry decide di mettere un annuncio in cerca di un coinquilino, di certo non si aspetta di trovarsi Alice e i suoi modi burberi di trattare le sue amichette della notte. Certo, sarebbe diverso se lei fosse impegnata a stare dietro ad un uomo...