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Manuel continua a rigirarsi nel letto senza alcuna speranza di addormentarsi, addirittura piagnucolando e passandosi ripetutamente le mani tra i capelli e poi sul viso, come se potesse nascondersi dal mondo, dai suoi stessi pensieri.

Da circa dodici ore non fa altro che pensare a Simone e a quell'assolutamente insensata esibizione cui ha deciso di dedicarsi al The Woods.

Poi pensa anche alle parole di Matteo.

«Non è che se uno te sta sul cazzo vuol di' che te vai e glielo succhi, Ma'.»

Poco fine ma efficace. Perché lui continua a ripetersi che odia Simone, che quello che è successo è stato frutto dell'alcol che aveva in corpo — nonostante non fosse ubriaco — e che il panico che l'ha assalito appena ha messo piede fuori da quel bagno, dopo essere venuto nei pantaloni come un adolescente alle prime armi, non significa che provi qualcosa per Simone Balestra.

Lui non può provare qualcosa per Simone Balestra. È impossibile. Non esiste un universo in cui lui possa provare qualcosa per Simone Balestra.

Eppure.

Eppure lo sogna quando finalmente riesce ad addormentarsi e continua a pensare a lui mentre si pettina ed ha il terrore di trovarlo in tribunale, mentre sale le scale e riflette sulla causa di quel giorno.

È ancora in grado di fare il suo lavoro, senza che il pensiero dell'avventura di un pomeriggio — per quanto assurdo possa suonare — gli offuschi il giudizio, e ne è felice. È sollevato quando si accorge, qualche ora più tardi, di essere stato distratto abbastanza a lungo da smettere si pensare a Simone, tuttavia quando esce di casa per la sua corsetta serale, qualcosa cambia.

Indossa la sua felpa rossa ed una fascia di lana nera tra i capelli, abbinata ai pantaloni della tuta che sceglie in fretta, ed inizia a correre lungo lo stesso percorso che ogni giorno resta invariato.

Non sa, infatti, perché decida di variarlo proprio quella sera, ma ha voglia di distrarsi, di sentire il vento freddo pungergli il viso e di perdersi nella sua playlist, ha voglia di sentire qualcosa che gli impedisca di pensare.

Non vuole pensare al modo in cui sta pensando a Simone Balestra. Non sa neppure se abbia senso tutto quel pensare.

Sente una bambina piangere. Sembra il pianto di un neonato, a dire il vero. È forte abbastanza da spingerlo a sfilarsi una cuffia per capire da dove provenga.

E vorrebbe non averlo mai fatto, vorrebbe aver continuato a correre lungo il suo solito percorso, perché gli basta voltarsi per trovare davanti a sé un'immagine che gli fa gelare il sangue nelle vene.

A qualche metro da lui c'è Simone, Simone Balestra con una bambina tra le braccia. Probabilmente si tratta della stessa bambina con cui l'ha visto giorni prima in tribunale, senza alcun dubbio è una bambina che non sta apprezzando la sua compagnia, dato che continua a piangere ininterrottamente.

Un colpo di tosse attira l'attenzione del ragazzo che sembra aver visto un fantasma non appena i loro occhi si incrociano.

«Buonasera.» è la prima cosa che dice, l'unica che il suo cervello gli fornisce, in realtà.

Simone alza gli occhi al cielo, Eleonora continua a piangere per cui cerca di cullarla, tenendola stretta al suo petto.

«È un incubo.» borbotta, sbuffando.

Manuel, fronte aggrottata e mani sui fianchi, inclina la testa. «Ao, e daje, su.» mormora, con un sorriso a metà.

«Ciao, Manuel.» allora Simone dice, sospirando, mentre colpisce la schiena della bambina ripetutamente e delicatamente.

(Law)suit and tieDove le storie prendono vita. Scoprilo ora