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Manuel trova pressoché assurdo che siano passati tredici giorni (no, lui non li sta contando) dal suo primo appuntamento con Simone e l'unica cosa che abbiano fatto da allora sia stata baciarsi come due adolescenti innamorati. Inizia a pensare che probabilmente proporre a Simone di uscire con lui non sia stata la migliore delle sue idee.

È certo di avere, in questo modo, la libertà di baciarlo quando vuole, o semplicemente invitarlo a casa sua o presentarsi sotto il suo portone quando vuole — solo perché ha voglia di vederlo — ma inizia a pensare che probabilmente dovrebbero entrambi definire il loro rapporto, iniziare ad usare delle parole.

Fidanzato, ti amo, per sempre.

Queste sono alcune delle parole che vengono in mente a Manuel se pensa a Simone, ma per il momento decide di concentrarsi sul file che ha davanti perché mancano solo cinque giorni all'udienza finale del processo a cui sta lavorando per l'ufficio del procuratore.

Ha deciso di restare nel suo ufficio perché la sua permanenza nell'ufficio di Simone si era trasformata in un'altra occasione per stare vicini, baciarsi, toccarsi, senza riuscire a concludere nulla.

Tuttavia deve necessariamente lasciare la sua scomoda sedia quando Simone gli telefona.

«Simo'?» domanda, piuttosto perplesso.

Dopotutto basterebbe attraversare il corridoio e si troverebbero l'uno nell'ufficio dell'altro.

Dall'altro capo della telefonata però c'è solo silenzio, poi un sospiro.

«Simone?» prova ancora, poi decide di andare a controllare di persona.

Lo trova poggiato alla scrivania con i gomiti, la testa tra le mani, una lettera davanti a lui ed il telefono con la chiamata ancora avviata alla sua destra.
Subito aggrotta la fronte, gli si avvicina, gli accarezza la nuca, lascia lì la mano mentre parla.

«Che succede?» chiede cautamente.

Simone per qualche secondo non risponde, poi inclina la testa verso la pancia di Manuel, liberandola finalmente dalle sue mani. Si bea del calore emanato dal suo corpo. È confortante.

«Leggi.» dice soltanto, passandogli un foglio.

«Ma che-» la voce di Manuel è più alta di un'ottava e Simone ora rimpiange la presenza della sua mano sulla sua testa.
Si gira appena per poterlo guardare, ha un'espressione che Manuel vorrebbe cancellare subito.

«Ma... è vero?» si ritrova a chiedere il più grande, e non perché non abbia fiducia in Simone, quanto piuttosto perché sta già pensando a tutti i modi in cui potrebbe difenderlo da quell'accusa che al momento sta stropicciando.

La sua voce è un filo, ha quasi timore a chiederglielo. Quella di Simone invece è quasi spezzata.

«No. Assolutamente no!» esclama, e Manuel lo sente tanto disperato che agisce senza pensare.

«Vie' qua.» mormora, mentre con una mano tira la testa di Simone verso il suo petto. Piega il collo per potergli baciare i capelli.

Giura silenziosamente a sé stesso che farà di tutto per far sparire quell'espressione triste dal suo viso.

«Mo' ce ne andiamo a casa, preparo la pasta.» afferma.
«Manuel, io apprezzo, davvero... ma io rischio il posto e tu pensi alla... pasta?»

A Manuel viene un po' da ridere, «non rischi niente te, te l'assicuro io.» dice, prima di trascinarlo fuori stringendogli un gomito.

(Law)suit and tieDove le storie prendono vita. Scoprilo ora