<<Detenuto Leroy, cosa è successo?>> il direttore Demir se ne stava seduto alla scrivania, appoggiato allo schienale della sua sedia girevole e con le braccia conserte.
Dopo la vicenda dell'urlo nella sala mensa, la guardia che lo aveva scortato lì lo aveva riaccompagnato nel cortile da Larry e Carl e questi gli avevano fatto trascorrere il resto della giornata a dare il mangime ai conigli, pulire le gabbie, sistemare la capanna e a raccogliere e sistemare tutti gli arnesi che gli altri detenuti del braccio nord utilizzavano per frantumare i sassi e poi lasciavano sparsi nel cortile. Nella sala mensa invece ci era tornato altre due volte, a metà giornata per il pranzo e la sera per la cena. In entrambe le occasioni non aveva più incontrato i ragazzi dell'ascensore, molto probabilmente erano stati spostati da dietro il bancone alle cucine. Quella sera poi, una volta tornato nella sua cella dopo aver cenato, una guardia era andata a prelevarlo su richiesta del direttore della prigione. E ora si trovava lì, nel suo ufficio in tarda serata. Oltre a loro due non c'era nessun altro nella stanza, il direttore Demir aveva insistito che la guardia uscisse e aspettasse fuori con la porta chiusa. <<Io ti ho dato fiducia... Ma a quanto pare non ho ricevuto nulla in cambio>> continuò Demir <<Devi capire che ogni volta volta che prendo queste decisioni e faccio queste scelte affrettate... io rischio, rischio parecchio>>
Leroy non dava alcun segno di vita, semplicemente se ne stava in piedi davanti a Demir fissando il grande quadro sopra la sua testa, che raffigurava una nave in piena tempesta e aveva una cornice verniciata giallo oro.
<<Non dici nulla, eh?>>
Demir si sporse in avanti poggiando i gomiti sulla scrivania e intrecciò le dita. Ascoltando la sua voce, si percepiva che in quel momento era parecchio turbato e amareggiato.
<<Penso si sia capito, che in molti non mi tollerano in questa prigione. Ma come ho già detto... a me non importa! Io continuo a fare quello che ritengo giusto non solo per voi detenuti, ma per tutti noi. Vi aiuto a rimettere insieme ciò che rimane della vostra vita. Quei cocci vanno raccolti. Dovrete passare tra queste mura marce il resto della vostra vita e so che tutti voi tendete a dimenticarlo. Perché è l'unica arma che avete in vostra difesa, l'unica arma che può aiutarvi a resistere. Così come siete, voi rappresentate uno dei divertimenti principali dell'esercito. Vi rinchiudono uno ad uno su quest'isola putrida e poi aspettano. Uno dopo l'altro voi iniziate a perdere il contatto con la realtà dimenticando chi eravate, a tirare fuori quel lato che vi vergognavate di avere. Iniziate ad accanirvi uno sull'altro, vi inferocite contro i vostri simili, gli unici che hanno passato e provano la stessa miseria che avete vissuto voi. Ed è qui... proprio qui, che inizia il vero divertimento dei soldati. Uno squadrone di sadici con le loro divise costose ed il loro bell'aspetto curato. Io questo lo so, lo so bene. E infatti sono qui per aiutarvi come mi è possibile. Sono l'unico che lo fa. Per ora le guardie non mi creano molti problemi, perché io non creo molti problemi a loro. Ma perché questo possa continuare... dovete essere voi, a vostra volta, a non crearmi problemi. Inoltre Brown cerca in tutti i modi di non chiedere l'aiuto dei militari. Sa a cosa andrebbe incontro lui per primo. Nell'intera storia di Gale, tutte le volte che i militari sono venuti qui... beh, sono successe cose per niente piacevoli. Ma se voi doveste superare il limite, allora Brown li chiamerà. E quando Stainertailer e la sua combriccola approderanno su questa insulsa isola... a quel punto io vi auguro di essere voi stessi a calpestare i cocci rimanenti della vostra vita riducendoli in briciole. Perché se dovessero farlo i soldati, allora...>>L'uomo si fermò e sospirò nel vano tentativo di calmarsi, improvvisamente il terrore aveva preso possesso del suo sguardo. Tolse gli occhiali con una mano, si stropicciò gli occhi con l'altra e rimise gli occhiali. Poi aprì un cassetto della sua scrivania di ferro e tirò fuori una bottiglietta di vetro nera.
<<Scusa ma devo, ne ho proprio bisogno>> bevve qualche sorso <<Questo invece è il mio metodo per sopravvivere>>
Mentre con un accenno di sorriso l'uomo era intento a leggere l'etichetta sulla bottiglia, sentirono bussare e la porta si aprì emettendo un acuto e fastidioso cigolio, che distolse l'attenzione di Leroy dal quadro.
<<Mi scusi direttore Demir, ma c'è la signora Murphy che la cerca al telefono>> nella stanza si affacciò un giovane detenuto con la testa interamente ricoperta da delle treccine nere. Sembrava quasi che formassero un disegno sul suo capo.
<<Dille che la richiamo io domani, stasera sono occupato. Grazie, Thomas>>
<<Certo signore!>> rispose il ragazzo prima di uscire dalla stanza chiudendosi la porta alle spalle.
Il direttore Demir teneva lo sguardo posato sulla porta chiusa, ma sembrava che con la mente stesse viaggiando in qualche mondo conosciuto solo a lui.
<<E' un ragazzo intelligente. L'ho messo a farmi da assistente... non merita di trasportare carichi pesanti in giro per la prigione>>
A udire quelle parole, Leroy si ricordò di aver già visto quel ragazzo. Quella stessa mattina nel cortile, durante l'ora d'aria del braccio sud. Sfrecciava tra gli altri detenuti e faceva salti assurdi mentre giocava a basket con i suoi compagni. Demir si voltò di nuovo verso Leroy e continuò.
<<Tornando a noi... mi hanno riferito che stavi per dare inizio ad una rissa con i tuoi compagni di banda in mensa. Questo non è l'atteggiamento esatto con cui ringraziarmi per quello che ho fatto per te. Niente risse. Brown non le accetta. Da di matto quando ci sono. Questa è l'unica cosa su cui sono d'accordo con lui. Le risse sono manifestazioni incivili e violente, che non portano a nulla di buono>>
Da quando Demir aveva iniziato a parlare, Leroy non aveva prestato alcuna attenzione a quello che l'uomo aveva detto. Il sadismo dell'esercito, le condizioni barbare in cui versavano i detenuti di Gale. Erano tutte cose che lui in un modo o nell'altro già conosceva e che adesso, un po' alla volta, stava provando sulla sua stessa pelle. Ma ora Demir aveva pronunciato quelle parole, compagni di banda. E Leroy non poteva farsele scivolare addosso.
<<Poi, come se la situazione non fosse già abbastanza grave, in quel momento avevano portato in mensa il detenuto Ozymandias. Quando c'è lui non deve succedere nulla di improvviso e inaspettato. Normalmente lo teniamo nel braccio nord, ma ieri tornava da una lunga permanenza in isolamento. E abbiamo provato a portarlo in mensa durante il turno del braccio ovest. Non ho mai parlato con lui. Onestamente? Non so come approcciarmi, non lo so proprio. Forse Dio mi punirà per quello che sto per dire... ma anche lui è un altro povero miserabile>>
Anche se alla fine sarebbero andati a prenderlo, lui ora doveva andare a fondo di quella questione. Una volta fuori da Gale, probabilmente sarebbe andata dimenticata. O forse no. In ogni caso non poteva correre il rischio, doveva chiarirla adesso. Lui non aveva nulla a che fare con quei due giganti minacciosi, uno come lui non poteva intrattenere alcun legame con quel ragazzo dagli occhi neri senza nessuno spiraglio di luce. Non poteva rischiare che questa cosa lo perseguitasse chissà fino a quando.