20. Epilogo

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DICEMBRE

Christian è convinto che le luci abbaglianti della biblioteca gli stiano affaticando ancora di più gli occhi, oltre che il cervello. Si pizzica il ponte del naso con due dita mentre le parole sul foglio davanti a lui si fondono tra di loro ancora una volta. Lasciando un sospiro sconfitto, chiude le palpebre e le riapre provando a concentrarsi. Non funziona. Chiude il libro che stava leggendo con un po' troppa forza, infatti diversi sguardi curiosi ed irritati si voltano verso di lui.

Gli ci vuole un minuto per recuperare le sue cose e metterle nello zaino, ingarbugliando il carica batterie del portatile e quello del cellulare nel processo. Vuole soltanto andarsene dalla biblioteca, non gliene importa nulla del casino che sta facendo.

Il punto è che sapeva sarebbe stato difficile. La scuola di legge non è una passeggiata e c'è un'enorme differenza tra l'essere preparato alle difficoltà e venire veramente sommerso da verifiche, compiti, casi da studiare e pratiche difensive con a malapena una pausa per respirare.

É già buio quando esce fuori, l'inverno ha portato con sé giorni più brevi e temperature più fredde. Ci sono lunghe file di luci colorate appese agli alberi, alcune attaccate agli edifici con cartelli ad annunciare l'arrivo delle festività e i concerti di Natale. Nemmeno l'aria di festa lo aiuta a stare meglio. Mancano pochi giorni all'inizio delle vacanze invernali e Christian sta già contando i giorni che lo separano dal suo meritato riposo, ancora un esame e un'ultima ricerca, prima del suo volo di ritorno a Chicago.

Osserva il pavimento mentre percorre la strada familiare che lo conduce al suo appartamento: marciapiedi sporchi di gomme da masticare schiacciate e cartacce bagnate, lacci di scarpe e calzini spaiati come nel retroscena di una lavanderia.

La lavatrice.
Merda.

"Cazzo," impreca a voce alta aumentando il passo. Doveva mettere i panni nell'asciugatrice prima di andare a lezione e non dimenticarli nella lavatrice per sette ore.

Più o meno è il riassunto della sua giornata, o della settimana, perciò non è nemmeno sorpreso. Infatti quella mattina non ha sentito la sveglia, non è riuscito a trovare un paio di calzini che non fosse spaiato, ha rovesciato il caffè sul pavimento della cucina, è arrivato a lezione in ritardo, gli è venuto un mal di testa atroce che non l'ha lasciato per ore per poi chiudersi in biblioteca a studiare per quattro ore improduttive sotto quelle maledette luci fluorescenti. E la lavatrice. Si è dimenticato di asciugare la biancheria.

Le luci dei lampioni illuminano l'entrata del suo appartamento, ci mette un po' a trovare le chiavi del portone, tirando fuori nel mentre il cellulare per controllarlo, prima di ricordarsi che gli è morta la batteria. Alza gli occhi al cielo sbuffando, che giornata di merda.

L'edificio è troppo vecchio per avere degli ascensori funzionanti, perciò sale le scale a piedi, riflettendo sul fatto di aver scelto la scuola giusta o meno. Non è la prima volta che ci pensa, e non sarà nemmeno l'ultima. Una voce familiare riecheggia nella sua testa, ricordandogli che è solo il primo semestre, che è quasi Natale ed è semplicemente stanco, inoltre il bello della vita non è mai semplice da conquistare. Le sue labbra si tirano in un sorriso mentre la voce nella sua testa si affievolisce. A volte pensa che sia l'unica cosa a spingerlo ad andare avanti.

La serratura della porta principale è dura da sbloccare, come sempre, quindi ci mette del tempo per aprirla, muovendo la maniglia su e giù per facilitare il processo.

Il semestre è quasi finito e non è per niente sorpreso di trovare qualcuno nel suo appartamento, (anche se in realtà, la prima volta che è successo non se l'aspettava, infatti ha lanciato le chiavi contro quella persona per difendersi da possibili aggressori).

Walk That Mile - Zenzonelli's versionDove le storie prendono vita. Scoprilo ora