3. Eravamo 34 e adesso non ci siamo più e seduto in questo banco ci sei tu

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«Ma vi ricordate quando Balestra e la Girolami…insomma…»
«E chi se lo scorda»
«Vi ricordate pure la festa abusiva di non so chi, quella dove s'è sentito male Palmieri?»
«Quella dove Chicca e Matteo si sono trombati alla grande?»
«Eh»
«La potete smettere di parlare dei nostri trascorsi al letto?»
«Che c'è, te vergogni di quello che abbiamo fatto?»
«No, però…»
«Però che? Guarda che c'abbiamo 'na figlia insieme»
«Vabbè, rega', studiamo, sì? Stamo qua pe' questo»

Fu Manuel a riportare l'ordine all'interno del gruppo, ché nonostante fosse ancora amareggiato dal comportamento di Simone, non poteva accettare che i suoi amici riaprissero nel suo ex fidanzato delle ferite che ancora facevano fatica a rimarginarsi.

Infatti, nel corso degli anni, Manuel era venuto a sapere che Simone aveva sofferto molto per la separazione dei suoi genitori e, ancora di più, per le tendenze da latin lover di suo padre.

E, a giudicare dal modo in cui, in quel momento, se ne stava seduto in disparte sul divano di casa di Matteo, ne soffriva ancora.

«Insomma? Chi mi sa dire qualcosa di Carducci?» chiese Aureliano.
«Giosuè Carducci nasce a Valdicastello nel 1835. Trascorre gli anni dell’infanzia a Bolgheri, nella Maremma toscana, dove il padre, perseguitato per le sue idee politiche, era esiliato. In seguito, si trasferisce con la famiglia a Firenze e consegue la laurea in Lettere alla Scuola Normale di Pisa, all’età di 21 anni. Nel 1860 ottiene la cattedra di Letteratura italiana all’Università di Bologna dove, tra i suoi allievi, c’è Giovanni Pascoli. Nel 1890 è nominato senatore. Nel 1906 è il primo italiano a ricevere il Premio Nobel per la Letteratura. Il 16 febbraio 1907 muore a Bologna» rispose Manuel.

E lo fece non per dimostrare qualcosa, – anche se la tentazione di dimostrare ad Aureliano che non era il poco di buono che lui pensava, fosse tanta – ma lo fece soltanto perché, dopo quella domanda avrebbero fatto una pausa e, fermarsi dalla sessione di studio avrebbe significato potersi avvicinare a Simone, ancora in disparte sul divano nonostante i numerosi tentativi, da parte degli amici, di farlo unire a loro.

Ché Manuel davanti a Simone riusciva a spogliarsi di ogni sua difesa e a mettere da parte tutto, anche il dolore che aveva provato per anni e che, ancora adesso, provava.

Si alzò, quindi, dalla sua postazione e raggiunse Simone.

Non che fosse facile, di punto in bianco, dopo otto anni, avvicinarsi all'unica persona che avesse mai amato in tutta la sua vita e chiedergli quale fosse il problema come se l'ultima conversazione l'avessero avuta dieci minuti prima, ma quella figura seduta sul divano era pur sempre Simone e lui non poteva far finta di nulla.

Si avvicinò, titubante, cercando di nascondere l'amarezza e l'ansia che sentiva, in quel momento, percorrergli tutta la lunghezza del corpo.

«Tutto bene?» chiese, con la voce bassa e lo sguardo fiero.
«S-sì»
«È da quanno sei arrivato che n'hai aperto bocca e te ne stai seduto qua da solo»
«Non…non volevo disturbare»
«Te 'n disturberesti mai»

Sorrise, Simone, al ricordo di quando quella stessa frase Manuel gliela aveva riservata il giorno della prima prova fuori dall'ingresso del liceo.

Ma era un'altra vita.
Una vita in cui riuscivamo a vivere dell'amore che riuscivamo a donarci.
E invece ora sono qui, incapace di raccontarti le mie paure.
Perché, in fondo, che diritto ne ho dopo averti lasciato solo per la paura che non saresti più tornato da me? Per la paura di essere la nuova Penelope di un nuovo Ulisse?

«Non è solo questo, in verità» azzardò Simone.
«Me sembrava palese»
«Mi…mi dispiace. Mi dispiace per come sono andate le cose tra noi. Ché quando sei adolescente, alla minima emozione ti esalti come se ti fosse successa la cosa più bella del mondo. Poi cresci e comincia la salita»

Notte prima degli esami - 15 anni dopoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora