9. L'amore è un rito pagano

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Aveva letto quella lettera almeno cinque volte, con la speranza che, in almeno una di esse, il contenuto cambiasse.

E invece, come era prevedibile che fosse, le parole erano sempre le stesse, così come era lo stesso il vuoto che la fuga di Simone gli aveva lasciato dentro al petto.

Trascorse almeno un'ora a cercare di convincersi che ciò che era accaduto non aveva niente a che vedere con l'episodio di otto anni prima, che questa volta sarebbe stata diversa, che Simone era andato via per lavoro ma sarebbe tornato, si sarebbero rivisti e tutto sarebbe tornato apposto.

Eppure la parte più fragile e ferita di sé, quelle sfumature di colore non riusciva a vederle.

Con non poca fatica, Manuel si trascinò fino alla sala da pranzo dove gli altri ragazzi stavano già facendo colazione.

Fu lì che credette di star sognando.

Di essere finito in una pellicola di dubbio gusto.

O, semplicemente, di essere impazzito.

Seduto a capotavola, di spalle, nel posto occupato – fino alla sera precedente – da Simone, vide proprio…Simone.

Si stropicciò gli occhi un paio di volte, eppure quella figura era sempre lì, più nitida che mai.

Me ce mancavano l'allucinazioni, pensò.

Fu Chicca, accortasi della presenza di Manuel, a risolvere ben presto il mistero.

«Manu, buongiorno! Guarda un po' chi c'è venuto a trovare?»

E quando il ragazzo si voltò, tutto divenne più chiaro.

«Oh, Manuel! Ma da quanto tempo è che non se beccamo noi due?»

Da quanno tu' fratello m'ha mollato come 'n cojone e io 'n c'avevo la forza de rapportamme co' uno identico a lui.

«Eh, Jacopi', da 'n bel po' de tempo»

Ed effettivamente era vero.

Erano otto anni che Jacopo e Manuel non si vedevano.

Si sentivano, questo sì.

Non erano mai mancate domande di reale interesse, auguri di compleanno o nelle feste comandate, ma quel rapporto che negli anni erano riusciti a creare, era andato man mano scemando.

«Ma io so' venuto qua per fa' 'na sorpresa a Simone e lui non ce sta?»
«È dovuto riparti' pe' lavoro»

Il tono con cui sottolineò pe' lavoro fece insospettire Jacopo al punto tale da congedare in fretta Chicca e gli altri componenti del gruppo per tornare a parlare con Manuel e capire cosa lo turbasse.

Si alzò, quindi, dalla sedia e raggiunse Manuel, ancora fermo sotto l'archetto che divideva la zona notte dalla sala da pranzo.

«Che c'hai? Pare che hai visto un fantasma, oh»
«Niente, Jacopi'. Lascia perde»
«Non lascio perde. Ero venuto a trova' Simone, Simone non ce sta e a te sembra che t'è passato sopra un tir. Me lo dici che è successo?»

E Manuel, forse perché, alla fine, gli occhi di Jacopo erano uguali a quelli di Simone o forse perché il dolore era troppo forte per chiuderlo in una scatola, decise di vuotare il sacco.

«Ho rivisto tu' fratello dopo otto anni e, oltre che fa l'offeso come se quello ch'è scappato de notte fossi io, ieri sera…»
«Ieri sera?»
«Ieri sera me s'è scopato e poi se n'è annato com'ha fatto otto anni fa, ecco ch'è successo, Jacopi'»

Jacopo, all'udire di quella confessione, si trovò a sbarrare gli occhi.

«Che ha fatto Simone?»
«Hai capito bene. M'ha lasciato n'altra volta co' 'n foglietto de 'r cazzo e co' 'a scusa che doveva torna' a 'r lavoro»

Notte prima degli esami - 15 anni dopoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora