7. E io mi ritrovo solo davanti al tuo portone

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I cieli stellati del Capitano Kirk.
Il cielo stellato.
La legge morale.

Quella mattina, Simone, lungo il tragitto che lo avrebbe portato davanti al portone della sua vecchia scuola, non riuscì a smettere di pensare a quanto Manuel fosse in tutto ciò che faceva.

Anche nelle sue trasmissioni.

Un tarlo inseritosi nella sua mente non appena, la sera precedente, aveva nominato i cieli stellati.

Aveva passato tutta la notte a pensare a quella moltitudine di sere in cui, sdraiato sull'erba del giardino della villa di sua nonna, la stessa villa della festa in cui aveva conosciuto Manuel, insieme a quest'ultimo, si perdeva a guardare le stelle.

Quanti baci si erano dati sotto a quel manto di stelle.

Quante carezze.
Quante parole.
Quanto amore.

Quante cose perse per solo stupido, maledetto orgoglio.

La scorse da lontano la figura di Manuel, poggiato sul sellino del suo motorino mentre dialogava con la professoressa Girolami, la loro ex professoressa di matematica.

Rimase ad osservarlo per un tempo che parve infinito.

Lo scrutò nelle movenze, nel movimento delle labbra che parlavano, probabilmente, degli ultimi documenti da firmare prima della prima prova.

Si avvicinò piano, senza che Manuel se ne accorgesse.

«Professor Ferro, ha un casco in più?»
«Simò! M'hai fatto pija 'n colpo. Che ce fai qua?»
«Ero di strada e ho pensato di passare a farti un saluto»

Ti ho pensato tutta la notte.
Stanotte più che mai mi sei mancato come l'aria.
Avrei voluto scriverti per sapere se stessi meglio, per sapere se quel magone che ti porti dentro, trasparente agli occhi degli altri, opaco ai miei, avesse iniziato a diradarsi.

Manuel sorrise, con gli occhi bassi e qualche mostriciattolo nello stomaco pronto a fare le capriole alla sola idea che Simone pensasse a lui.

«Me fa piacere vedette»
«An-anche a me. Ma quindi, lo hai questo casco?»
«Sì, ma…perché?»
«Perché adesso andiamo da una parte»
«Ma dove, Simò?»
«Dammi 'sto casco e sali»

Manuel obbedì, salì in sella al suo motorino e attese che Simone facesse lo stesso.

Quando sentì le braccia di Simone cingergli i fianchi, gli sembrò di essere tornato adolescente.

Gli tornarono alla mente i giorni in cui lo andava a prendere all'università, i giorni in cui andare in motorino era solo la scusa perfetta per tenersi stretti.

«Ma 'n do' te porto?»
«Piazzale Socrate, grazie»

A quella risposta, un brivido percorse la schiena di Manuel.

Ricordava alla perfezione l'ultima volta che si era recato in quel posto.

Con Simone.

Perché, anche per Manuel, Simone, da quando lo aveva conosciuto, era in ogni cosa che faceva, bordo lineare dei suoi contorni frastagliati.

Manuel continuò a guidare cercando di non far comprendere a Simone il turbinio di emozioni che lo stava investendo.

Se una parte di sé stava pensando che fosse positivo il fatto che Simone avesse scelto proprio quel posto, l'altra parte, quella più razionale ma anche più pessimista, invece, non trovava nulla di buono in quella scelta.

Avrà scelto Piazzale Socrate pe' damme 'a batosta finale.

Non appena giunsero a destinazione, Manuel non poté fare a meno di porre delle domande a Simone.

Notte prima degli esami - 15 anni dopoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora