Capitolo 1: IL SOGNO

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Molte persone parlano pensando di capire, pensando di poter comprendere una determinata situazione, ma non è così: solo chi le ha vissute sulla propria pelle può capire veramente. Le persone utilizzano l'immaginazione e la logica, ma non bastano affatto, la mente umana è più complicata. " Ti capisco", "Posso immaginare", frasi usate frequentemente fuori luogo, senza nessun valore.

La morte è un essere ignoto, ignoto è anche il modo in cui si presenta. Prese mio padre all'improvviso, in una notte gelida in pieno inverno, probabile arresto cardiaco. Fui io a trovarlo e vederlo per primo quella notte. Lui doveva tornare per il pomeriggio, cosa che non fece, allora andai io a cercarlo. Di solito quando faceva ritardo era perché doveva andare a fare una sosta al lago, abbastanza vicino alla nostra casa, ed era stato così anche quella volta.

Il corpo era completamente intatto quando lo vidi, come se stesse dormendo, magari fosse stato così. Una cosa più di tutte mi segnò: la sua espressione. Stava sorridendo, felice come non mai, come quando andammo sulle montagne russe e potei giurare di non averlo mai visto così radiante, come un bambino. La sua risata che rallegrava la casa, i suoi consigli sempre utili, la sua goia nel giocare con me e la mia sorellina. Mi vennero in mente queste cose quando lo vidi, momenti sfocati, ma limpidi allo stesso tempo. Urlai e piansi fino a sfinirmi, inerme e senza voce, al diavolo il giudizio degli altri che stavamo per arrivare. Perché se ne era andato? Cosa ha fatto per meritare la morte? Volevo abbracciarlo, ma non feci in tempo.

Quella notte, come ebbi intuito, io e la mia famiglia non riuscimmo a dormire, comprensibile direi, troppi pensieri per la testa. Meno lo sono state le notti successive. Sette giorni passati dalla morte di mio padre, sette notti passate davvero male. La notte è uno di quei momenti in cui ti lasci andare e sebbene la mente sia uno strumento utile, quasi indispensabile, a volte è meglio lasciarla riposare. Dormire è difficile quando non sei stanco e cerchi in tutti i modi di farlo, contando le pecore o magari pensando a cose piacevoli, ma sforzi il cervello, cosa da non fare se si vuole effettivamente riposare.

Miracolosamente riuscii ad addormentarmi, ma non fu affatto piacevole. Più che sogno sarebbe meglio definirlo incubo. La vita sa essere proprio crudele a volte, pensi tutto il giorno a tuo padre, anche involontariamente, e ti perseguita pure mentre dormi.

In questo sogno ero come un fantasma, non potevo interagire con niente o con nessuno, potevo solo guardare. Sognai mio padre e nello specifico la notte della sua morte. Stava parlando da solo al lago, come se ci fosse una persona ad ascoltarlo. A vederlo, sembrava stesse parlando con una persona che conosceva molto bene, una persona con cui condivideva un legame speciale. Era seduto a gambe incrociate con le mani sulle ginocchia, era una sua abitudine che faceva quando doveva fare un discorso serio, ma questa volta sembrava felice. Parlarono per un po' quando all'improvviso mio padre iniziò a ridere, questo seguito da un sorriso, diverso però da quelli che si fanno quando si è felici, questo era più simile a quello di un addio. Si alzò sospirando, mantenendo però quel suo sorriso da ebete. Si avvicinò al lago fino a toccare l'acqua con i piedi e con un tocco delicato sfiorò il lago con le dita, alzò lentamente lo sguardo e guardò la luna piena, poco dopo cadde a terra, senza forze.

Mi svegliai con il respiro affannato, come se mi mancasse l'aria. Corsi fuori nel balcone, nella speranza di calmarmi. Chissà quando sarebbe finita questa tortura. Erano le sette del mattino, tutti dormivano ancora, sperai di non aver fatto troppo rumore. Ormai calmo e consapevole che non sarei più riuscito ad addormentarmi, mi misi a disegnare o almeno ci provai: dovevo continuare un disegno che avevo iniziato tempo fa per conto mio ma che non ho più potuto continuare, non ne ero psicologicamente in grado. A dire il vero avevo solamente iniziato a fare una bozza, il resto doveva ancora prendere forma. Due persone che si tenevano per mano scorgono il paesaggio che hanno di fronte, un paesaggio magnifico, quasi magico. Era notte e stava nevicando, la neve, leggiadra, cadeva dolcemente nel lago al di sotto e lo illuminava di un azzurro intenso a tal punto da riflettere la luna piena, alta nel cielo, avvicinandola al nostro mondo.

Stavo andando a prendere i pennelli quando mi piombò addosso la mia sorellina Mila. Una persona che non la conosce bene penserebbe che lei sia una bambina dolce e carina, sì, magari qualche anno fa, ma di recente è diventata veramente perfida, probabilmente da quando ha conosciuto la sua nuova amica Becky, una combinaguai di prima categoria. Mila, evidentemente arrabbiata, iniziò ad insultarmi per averla fatta svegliare, la cosa strana però era che lei non si era svegliata nemmeno quella volta che aveva suonato l'allarme antincendio. Se c'era una cosa che Mila sapeva fare bene era dormire, ma era sveglia lì in piedi davanti a me, con tutta l'energia per insultare suo fratello: la cosa mi fece preoccupare.

L'abbracciai forte, per consolarla: per lei nostro padre era come un eroe, potevo solo immaginare come avrebbe potuto affrontare la sua morte. Lei si sorprese dell'abbraccio, nonostante io gliene dessi sempre, ma non durò a lungo. Mi spinse via e mi tirò uno schiaffo.

<<Vado a svegliare la mamma>> disse andandosene tutta infuriata e piena di sé. Per ogni minimo problema che ha con me deve sempre andare da nostra madre. La inseguii di fretta. Come si era permessa di agire in quel modo e soprattutto di volerla svegliare? Lei era l'ultima persona a dover essere disturbata per una cosa del genere, non dopo tutto quello che è successo. Entrammo nella sua stanza, ma trovammo nostra madre desta a guardare il vuoto.

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Spero che il primo capitolo di questa storia vi sia piaciuto! Spero che la storia vi abbia interessato a tal punto di continuarla.
Grazie per le stelline e per i vari commenti♡

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