Capitolo 3: STRIKE

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<<Eccomi>>.

<<Siediti pure Carth, visto che ti piace così tanto>>.

<<Sempre il solito vedo, mi conosci fin troppo bene.>>

<<Solo da una vita>>.

<<Come sta Laisita?>>.

<< Sai che se ti sentisse chiamarla con quel nomignolo non esiterebbe a darti una bella sberla, vero? Se la cava bene comunque>>.

<< Lo so, lo so, è proprio una furia quando ci si mette. Ma parliamoci chiaro, Feido. Che è successo?>>

<< È andato tutto a pezzi >>.

Mi svegliai di colpo, respiravo a fatica. Cercai di schiarirmi le idee e riprendere fiato, ma quel luogo, quelle persone e questo discorso mi tormentarono solo di più. Cominciai a credere che non fosse solo più una coincidenza di pessimo gusto.

Scese le scale, mi resi conto di quanto possa essere destabilizzante un risveglio brusco. Mia madre e la mia sorellina stavano già facendo colazione: latte e biscotti, un classico.

<<Tutto bene?>> chiese mia madre, con aria afflitta. Mi angosciava vederla così, le risposi di sì. Sforzai ogni fibra del mio corpo nel dirlo in maniera convincente, ma a giudicare dall'espressione sul suo volto ne dedussi invece di aver fallito su tutti i fronti.

<<Da domani si ritorna scuola!>> esclamò all'improvviso, nel tentativo a dir poco disastroso di imitare la vecchia sé stessa. Probabilmente voleva ritornare a essere quella di una volta, a darci forza, sfortunatamente per lei il tentativo ottenne solo l'effetto opposto. Mila stava per replicare, come darle torto del resto, quando la presi in disparte e le chiesi gentilmente di assecondare la mamma, così da darle un po' di tranquillità. Mila, stranamente, comprese e resse il gioco, e così feci anch'io.

Passai il resto della giornata a pensare al sogno che avevo fatto e al suo possibile significato, ma più ci ragionavo e più mi terrorizzava. Era possibile che mio padre se ne fosse andato di sua spontanea volontà? Se fosse stato così, perché non ci ha detto niente? Perché non ci ha nemmeno salutato? Glielo aveva chiesto quella persona senza forma? "No", mi risposi, non poteva essere vero, mio padre non lo avrebbe mai fatto, e poi era solo un sogno.

Quella sera sognai esattamente le stesse cose della notte precedente. Quando mi svegliai ero sul punto di urlare, sotto sotto desideravo con tutto me stesso la continuazione di quel dialogo, nell'eventualità in cui fosse tutto vero, ma non fu così e la cosa mi fece imbestialire.

Io e mia sorella, in perfetto orario e pronti per andare a scuola, salutammo nostra madre alla porta. Arrivati a Dawson city, accompagnai Mila verso la sua scuola, a pochi passi dalla mia. Le dissi di prendersi cura di sé e che la mamma l'avrebbe presa al ritorno.
<< Va bene, va bene, ora vai però>> mi rispose, imbarazzata dalla mia presenza. La sua risposta mi tranquillizzò molto, stava ritornando a poco a poco la Mila di prima.

"Bene, ora tocca a me andare" mi dissi, autoconvincendomi che andasse tutto bene, che fosse tutto normale, ordinario, ma sapevo benissimo che non era così. Quando ero con la mia sorellina riuscivo a nasconderlo, d'altronde lo facevo per lei, ma mi ero sentito male nello stare in mezzo a tutte quelle persone, felici e senza pensieri, che andavano a scuola normalmente come se nulla di male potesse accadere o fosse accaduto. Vidi il mondo crollare davanti ai miei occhi, "perché" mi chiesi, perché stava succedendo? Mi allontanai il più presto possibile da lì, non ce l'avrei fatta a trascorrere più di trenta secondi in classe come al mio solito. Raggiunsi un parco dove non c'era nessuno, nella speranza di trovare quiete. Mi sedetti su una panchina e mi misi ad ascoltare un po' di musica. Quando di solito ero in uno stato di agitazione, mi ascoltavo sempre una playlist fatta di mia mano, la intitolai letteralmente "relaxing", giusto per dare l'idea, e così mi misi ad ascoltarla anche questa volta, ma di rilassante non percepivo niente. Riuscì a calmarmi solo dopo un po'.

Stavo per tornare a casa quando sul tragitto vidi una amica di mia madre, celermente presi un'altra strada, ma lei mi vide comunque. <<Come sta la nostra Jenny?>> mi domandò preoccupata. Riuscì a dirle solamente che si stava rimettendo o, meglio, che ci stava provando, giusto per non andare oltre con la conversazione, ma lei era una donna ostinata.

<<È in queste situazioni che c'è bisogno di un'amica che ti stia vicino. Quando arrivi a casa riferiscile che la salutiamo io e quelli del circolo di lettura. Dille anche che siamo pronte ad accoglierla quando se la sente>>.

<<Certamente >> conclusi io, felice di non dover parlare oltre.

Tornato finalmente a casa, riferì a mia madre le parole di Betty e di come si fosse svolta la giornata, mentendo sul fattore scuola. Mia madre non disse una parola. Lo sapeva già.

<<Domani sera hai intenzione di andare al bowling?>> disse con un tono deluso, quasi amareggiato. Questa era un'altra cosa che avevo tralasciato di dire. "Anne", pensai subito.

<< Credo di sì>>.

<<Perfetto>> furono le sue sole parole.

Arrivò sabato. "Ogni giorno è un giorno nuovo" si dice spesso, ma c'è del vero in questa frase? Sono solo frasi fatte, belle, per carità, ma rimangono tali.

Erano le otto di sera, mi stavo preparando per l'uscita al bowling. "Restiamo positivi" mi dissi, cercando di darmi la forza necessaria per la serata.

Nonostante i miei innumerevoli sforzi per partire in orario, arrivai comunque in ritardo per colpa di mia madre che continuava a tempestarmi di rassicurazioni su rassicurazioni, pure di quel genere, non sia mai!

Incontrai il mio gruppo all'entrata della struttura. << Ritardatario come sempre, menomale>> disse Phil con il suo solito tono spiritoso. Riuscì a strapparmi un sorriso.

Entrammo e subito i miei compagni si diressero verso le varie macchinette della sala giochi come se non ci fosse nulla di più paradisiaco da raggiungere. Decisi di fare qualche tiro a canestro con Phil, mentre Celia e Anne erano entrambe cariche per giocare al "disco", come piace chiamarlo a me. Dopo una mezz'oretta passata a giocare ininterrottamente a biliardino e ad altri giochi presenti in quella sala, ci dirigemmo verso il bowling, immersi in un misto di luci a led.

<<STRIKE!>> esclamò Celia entusiasta, che con quest'ultimo tiro ci stracciò completamente, distanziandoci di ben oltre trenta
punti.

<Bella partita, tutto sommato>> mi disse Phil, guardando con una certa soddisfazione personale il tabellone, io gli sorrisi. Decidemmo di fare un'altra partita visto che ci sentivamo in forma.

Stavo per tirare una otto quando d'un tratto iniziai a tremare. I miei pensieri mi avevano preso un'altra volta, più intensi e più veri di prima. Erano cresciuti come funghi e non riuscivano più a fermarsi. Vidi i miei amici raggiungermi.

<<Che succede?>> mi chiese Phil. Mi sentì scoppiare. Non ce la facevo più a tenermi tutto dentro, mi aveva logorato fin troppo. Tanto valeva dirglielo. Raccontai a loro del mio sogno e delle mie riflessioni fatte in seguito. Loro rimasero in silenzio per tutto il tempo del racconto, quando conclusi, fu Celia a prendere parola.

<<Ehi, va tutto bene, era solo un sogno dovuto al trauma che hai vissuto e alle tue paure, non è niente di vero>>. Mi guardarono con uno sguardo dispiaciuto, quasi straniato, ci mancava solamente che mi prendessero per pazzo. Loro non capivano. Nessuno capiva veramente. Nel passare dei giorni ho avuto sempre di più la sensazione che quel sogno non si limitasse ad essere quello che è, dovevo scoprire se tutto fosse vero o meno, dovevo andare al lago.

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L'hype cresce vero?

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