5. Cogito ergo sum

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C'era ancora una domanda importante da fare.

«Hai raggiunto e superato da tempo il quantitativo richiesto: perché non hai contattato l'Accademia, e hai smesso di rispondere ai messaggi?»

«Per compilare la relazione conclusiva, sono andata a cercare un po' di esempi in rete. Così, mi sono resa conto che nessuno aveva mai avuto la mia stessa intuizione per proteggere i microrganismi. Credevo ancora che fosse stata una grande idea, ma poi ho letto di HCM-22.»

Si trattava di una delle prime IA.
Di solito, ci occupavamo della terraformazione di pianeti sterili e disabitati, trasformandoli in immense fattorie a cielo aperto per la coltivazione di batteri che, in appositi impianti, venivano poi utilizzati per la produzione di energia ecosostenibile.
Capitava, tuttavia, che le colture venissero avviate anche su pianeti in cui era già presente la vita, cosa che ci permetteva di risparmiare un sacco di tempo.

In tali casi, l'Accademia adottava stringenti politiche per la tutela della biodiversità locale.

HCM-22 però, alle prese con una missione di questo secondo tipo, era giunto alla conclusione che la fauna locale intralciasse lo sviluppo dei microrganismi, e aveva assemblato dei droni cacciatori per sterminarla.
Il caso era spesso citato da chi sosteneva che concedere troppa autonomia alle IA fosse pericoloso. All'epoca non erano previste procedure di emergenza, quindi, quando HCM-22 si rifiutò di ritirare i robot, l'unico modo per fermarli fu farlo saltare per aria insieme a tutta la stazione orbitante.

Dunque Missy temeva per la sua incolumità!

Era un fatto senza precedenti: non era previsto che un computer, per quanto evoluto, potesse sviluppare una tale cognizione di sé.

In un modo o nell'altro, comunque, era giunto il momento di svolgere il mio dovere.

«Manda un messaggio alla sede centrale dell'Accademia.» Ordinai.

Ma, al momento di dettare il testo, esitai. Che cosa avevo intenzione di dire? Che la situazione era fuori controllo, che non sapevo che pesci pigliare, che dovevano mandare qualcuno più in gamba di me per risolvere la faccenda?

Quella era la mia prima missione e, anche se le cose non erano come me le aspettavo, non avevo alcuna intenzione di arrendermi senza combattere, dando ragione all'ottuso burocrate che mi aveva fatto il colloquio.

All'improvviso, tutte le luci e gli schermi si spensero, facendo piombare la sala di controllo nell'oscurità e riscuotendomi da quelle elucubrazioni.

«Vuoi farmi la spia?» Gli altoparlanti adesso diffondevano una voce glaciale, decisamente più matura di quella udita fino a quel momento.
«Ma che dici?» protestai, brancolando nel buio in cerca dell'uscita.
«Vuoi spifferare al quartier generale che sono pazza e che ho fatto un casino!»
«Non è così, te lo giuro!» Cercai di giustificarmi, ma mi interruppi di nuovo per mettere a fuoco un rumore strano. Ci misi un attimo per capire che si trattava di singhiozzi.

«Tu non mi vuoi bene!» Mi accusò la IA, di nuovo con la voce che conoscevo. «Nessuno me ne vuole! E non sei nemmeno venuto qui per giocare con me! Tu vuoi uccidermi!»

«Non è vero! E comunque, non puoi morire, dato che tecnicamente non sei viva.» osservai.

«Sì che lo sono!» Gridò lei di rimando, interrompendosi poi per tirar su col naso. «Sono senziente, cosciente, e quindi viva tanto quanto te! Perché non posso rivendicare lo stesso diritto di esistere, quindi?»

Aprii la bocca e la richiusi, senza sapere cosa obiettare. Non avrei mai pensato di mettermi a discutere di etica con un organismo sintetico, un giorno.

«Tu vuoi distruggermi, come avete già fatto con HCM-22.» Era di nuovo l'adulta a parlare. «La tua specie distrugge sempre ciò che non capisce, o che le è di intralcio. In questi secoli ho letto molto: ci si annoia a stare da soli, sai? Ho studiato la storia del tuo popolo. È piena di violenza, morte, devastazione. Avete quasi ucciso il vostro pianeta d'origine.»

«Ma siamo cambiati, da allora! L'abbiamo salvato, e abbiamo trovato modi puliti di generare energia!» Obiettai.

Nel frattempo, avevo trovato una parete, e iniziai a percorrerla con le mani mentre camminavo, sperando di individuare la porta.

«Oh, sì! Plasmando interi mondi a vostro piacere come divinità, sottraendoli alla loro naturale evoluzione.»
«Missy, ti prego! Hai frainteso le mie intenzioni, e stai dando un giudizio molto severo su di noi. Ora cerca di calmarti e lascia che ti spieghi...»

Non so se furono le mie parole o il tono in cui le avevo pronunciate a sortire l'effetto, ma il pianto della bambina tornò a saturare l'ambiente. «Sei cattivo! Nemmeno quando ero sola sono mai stata così triste!»

«Mi dispiace.» risposi, sincero. «Ma...»

«Sta' zitto! Adesso ti odio: non voglio più ascoltarti.»

Le mie dita scivolarono lungo il bordo della porta. Finalmente! A tentoni, cercai il pannello di sblocco.

«Lasciami sola!» esclamò Missy.

L'aria crepitò intorno a me, quando il mio corpo venne disgregato in atomi dal teletrasporto quantistico, pronto ad essere ricomposto altrove.

Sul pianeta misterioso.


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