Storia originariamente pubblicata sul sito "The incipit", maggiori informazioni all'interno.
Dopo anni di attesa Mainard, giovane diplomato all'Accademia Inframondi, viene finalmente contattato per intraprendere la sua prima missione come sorveglian...
Per quanto fossi furioso con Capitan Sporcaccione (realizzai solo in quel momento che non gli avevo nemmeno chiesto come si chiamasse), non potei fare a meno di dedicare tutta la mia attenzione alla meta che, finalmente, si profilava in lontananza.
«Puoi metterci in comunicazione?» volli sapere.
Appena il contatto fu stabilito, parlai. «Sono Mainard Huges, supervisore di primo livello dell'Accademia Inframondi. Sono venuto qui per indagare su...»
La frase mi morì in gola: il mio compagno agì sui comandi con tale rapidità che gli finii addosso. «Luisa, scudi al massimo! Convoglia tutta l'energia dei sistemi secondari al propulsore!» «Subito, Magnifico!» rispose una voce metallica, evidentemente una IA.
«Che cosa succede?» domandai, stordito. «Ci sparano addosso!» Sgranai gli occhi, sorpreso. «Scherzi? Le stazioni orbitanti G-2 non hanno armi a bordo!» «Dillo a loro!» «Procedura completata.» comunicò la voce artificiale.
La nave fece un balzo in avanti, accelerando in modo repentino.
Stavolta riuscii a non cadere, abbracciando il sedile.
«Dobbiamo portarci fuori dalla gittata di quei cannoni!» «Meraviglia del Cosmo, ti informo che hai solo sette secondi prima che il motore si danneggi.» «Perché ci sparate addosso?» urlai nel microfono. «Smettetela subito: questa è una missione autorizzata dell'Accademia!»
«Brilla brilla, la stellina...» cantilenò una vocetta acuta, dall'altra parte. «Vedrai come brilla, se si avvicina!»
«Ma chi parla?» Era tutto talmente surreale che per un attimo pensai di non essere ancora partito da casa, e che i fatti successi nelle ultime ore non fossero stati nient'altro che un sogno.
«Se più dappresso vorrai venire, ti darò un benvenuto... bello da morire!» intonò ancora lo sconosciuto.
Non riuscivo a immaginare il motivo di quel che succedeva, ma di una cosa ero certo.
«Devo trovare il modo di entrare.» esclamai, risoluto. «Quelli ti friggono prima ancora che tu possa muovere un passo.» «Non posso fallire il mio primo incarico!» ritorsi, innervosito. «Lo falliresti anche morendo. E sarebbe un vero peccato!» soggiunse il mio ospite, percorrendo il mio corpo con uno sguardo che mi mise i brividi.
«Luce Divina, posso suggerire di utilizzare una capsula da contrabbando, puntando al portello dell'attracco merci?» intervenne Luisa. L'altro si portò una mano al mento, pensieroso. «Potrebbe funzionare.» «"Luce divina?!" Ma non ti pare di esagerare?» Doveva aver riprogrammato personalmente la sua IA.
«Senti, ragazzo. Forse ho un modo per farti entrare.» esclamò il mio compagno. «Sarebbe?» «Vieni con me. Te lo mostrerò.»
***
Il comandante mi fece strada fino alla stiva, quindi mi indicò un grosso cilindro metallico, che assomigliava vagamente ai razzi con cui la mia specie aveva iniziato a esplorare lo spazio, tanto tempo fa.
«E quindi, quale sarebbe l'idea?» «Posso spararti direttamente sulla stazione orbitante, usando la catapulta ionica.» Solo in quel momento notai che l'oggetto era agganciato a una specie di rotaia. «Cioè, dovrei entrare lì dentro?»
Capitan Sporcaccione mi puntò entrambe le mani contro a mo' di pistola, con gli indici tesi e i pollici sollevati, esclamando: «Sei sveglio!»
«Non mi sembra una buona idea.» Ragionai. «Se preferisci, c'è sempre il piano B.» «Ovvero?» «Ti metti una tuta, esci fuori, e speri che la gravità della stazione spaziale ti catturi prima di quella del pianeta.» Ridacchiò. «Le probabilità che questo accada sono una su 2.437.522 .» ci tenne a specificare Luisa. Capitan Sporcaccione si strinse nelle spalle. «Abbiamo vinto a giochi d'azzardo con pronostici più sfavorevoli.»
La dialettica del contrabbandiere era così convincente che mi ritrovai steso sulla schiena dentro a quel dispositivo senza sapere come, ormai quasi persuaso che fosse una soluzione efficace.
«Del pagamento parleremo al tuo ritorno.» ghignò. «L'hai mai testato su esseri viventi?» Chiesi, dall'interno di quello che, a ogni momento che passava, mi sembrava assomigliare sempre più a un sarcofago. «Una volta ho spedito delle lumache mangiafunghi provenienti dalla nebulosa D-238, molto rare. Non ho modo di sapere se siano arrivate sane e salve, però.»
«Non lo sai?» Esclamai, tirandomi su.
«Rilassati, tesorino. Ho già fatto tutti i calcoli per il lancio e, se il nostro Astro Splendente è sicuro che funzionerà, devi credergli.»
«Ti ritroverai nel vano di carico della stazione spaziale prima ancora di avere il tempo di dire...» Esitò per un attimo, pensieroso, quindi concluse: «beh, qualsiasi cosa possa venirti in mente di dire.»
Con queste parole, chiuse il coperchio metallico con uno scatto.
In quel momento, realizzai quante cose non avevamo considerato: dallo spessore delle paratie, all'inerzia, all'accelerazione: avrei potuto attraversare il mio obiettivo da parte a parte e proseguire verso l'infinito e oltre, oppure al contrario spingerlo fuori dalla sua orbita; o ancora, il mio trasporto avrebbe potuto andare in mille pezzi all'impatto.
«Aspetta, aspetta!» gridai.
Ma era troppo tardi: con uno scatto sordo, la catapulta ionica entrò in funzione.
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