9. Crollo

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Mi aspettavo che gli uomini in nero venissero a cercare di catturarmi, oppure che chiamassero rinforzi, facendo intervenire l'esercito in grande stile.

Invece, stabilirono una sorta di quartier generale nella veranda dei Grinweld, e si limitarono a tenermi d'occhio da lì, facendo a turno per non perdermi mai di vista.

Manco a farlo apposta, dopo che mi ero mostrato alla mia ospite, la mimetica ottica non volle più saperne di riaccendersi. Provai anche a smontarla completamente, senza riuscire a capire il motivo del malfunzionamento.
Elvira mi proibì quindi di uscire di casa, per evitare che altri potessero vedermi al naturale e dare di matto.

Si instaurò una nuova routine.

Vedere quell'anziana costretta di nuovo a occuparsi di tutto da sola mi stringeva il cuore, sebbene avessi sempre saputo che, prima o poi, avrei dovuto lasciarla.
Oppure no? Forse mi ero illuso che quella vita potesse continuare all'infinito, senza nemmeno rendermene conto.

Missy, del resto, continuava ad essere sorda alle mie richieste, al punto che cominciavo a dubitare che potesse davvero sentirmi.

Chiesi più volte alla mia compagna di andare a parlamentare con i nostri sorveglianti, per capire come risolvere quella situazione di stallo; ma lei aveva troppa paura di essere arrestata e lasciarmi a fronteggiare la situazione da solo, e continuava a ripetere che gli avrebbe parlato al momento opportuno.
Trascorrevo quindi le giornate tra la noia e la cura del minuscolo ambiente in cui ero confinato, roso tra l'ansia per la mia sorte e il senso di colpa verso quella vecchietta che sgobbava dalla mattina alla sera.

Mi aveva raccontato che la sua specie solo raramente raggiungeva i cento cicli.
Facendo un po' di conti, avevo stabilito che io invece sarei sopravvissuto per migliaia di anni locali.
Che breve esistenza erano condannati a vivere, quegli esseri!

La sera, continuavamo a chiacchierare di qualsiasi tema, traendo piacere e conforto dalla reciproca compagnia.

***

Mi mancavano i giorni trascorsi all'aria aperta: anche se erano stati pochi, li ricordavo con piacere, come un sogno dal quale ci si è svegliati troppo presto.

Passavo quindi molte ore alla finestra, osservando quei buffi animali pascolare o sbirciando il lavoro di Elvira.

Fu proprio per questo che assistetti all'incidente.

Avevo accatastato in modo a mio avviso ordinato le grosse travi che erano avanzate dalla riparazione del fienile; Elvira aveva iniziato ad affastellare alla base del mucchio una serie di vecchie assi. Vedendo la sommità della mia costruzione ondeggiare, mi resi conto che, forse, non era fatta poi così bene come credevo. Spalancai la finestra per avvertirla, ma invano: il crollo fu troppo improvviso perché potesse scappare, e la poveretta si ritrovò con le gambe imprigionate dal legname.

Senza esitazione, balzai fuori e accorsi in suo aiuto.

Ero molto più forte di qualunque membro della sua razza, ma comunque non riuscii a spostare tutti quei pali in una sola volta. Spostarli singolarmente, tuttavia, avrebbe richiesto troppo tempo.

Colto da un'idea improvvisa, mi accucciai proprio accanto al lei e, infilato il muso nella fessura tra due pezzi, feci forza con le braccia e la testa, riuscendo infine a sollevare il carico e farmelo scivolare dietro le spalle.

Portai Elvira in braccio fin dentro casa, e solo lì, dietro sua insistenza, la rimisi in piedi.

«È solo una storta.» Assicurò lei, zoppicando verso i fornelli. «Niente di rotto, per fortuna.» soggiunse con un sorriso.

Stavo per dirle che da quel momento in poi avrei ricominciato a occuparmi io di tutto, quando la porta venne spalancata con violenza e il vicino irruppe nella stanza, un fucile spianato davanti a se.

«Lasciala stare!» Esclamò.
Sollevai le mani nell'universale gesto di resa. «Non le ho fatto niente.»
«Stavi per mangiartela! L'ho visto!»

Forse mi stava guardando quando avevo avvicinato alla nonnina il mio lungo muso, che a lui doveva sembrare mostruoso, e aveva frainteso le mie intenzioni.

«Grinweld, vecchia puzzola spennacchiata! Esci da casa mia, prima che ti cacci io a pedate nel didietro!» Inveì la mia ospite, piena di energia nonostante l'incidente.
«Ti ha fatto il lavaggio del cervello! Lo farà a tutti!»
«Con te non potrebbe mai riuscirci, visto che la tua testa è completamente vuota!» replicò lei.
«Non capisci! Nemmeno quei damerini vestiti di nero hanno capito! Lui è solo il primo: se non lo fermiamo, i suoi amichetti invaderanno la Terra e ci ridurranno tutti in schiavitù!»

Valutai la situazione: per quanto l'arma con cui mi minacciava fosse primitiva, un colpo da quella distanza mi avrebbe certamente ucciso. Allacciato alla cintura avevo uno storditore, ma non credevo di poter riuscire a prenderlo prima che lui sparasse.

«Non è come credi... fammi spiegare...» tentai.
«Zitto, mostro!»
«Adesso calmati...» Provò a blandirlo la donna, allungando una mano verso di lui.
«No! Lo faccio anche per te: per liberarti!» Ruggì lo sconosciuto.

E tirò il grilletto.

E tirò il grilletto

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