Parte 6

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Il mio turno di oggi al Groove prevede che io serva il pranzo. Questa volta mi hanno affidato la sala esterna, quella che da direttamente sulla distesa dei campi da golf. Devo ammettere che la vista da qui è spettacolare, mi sono attardata ad ammirarla nel momento della preparazione dei tavoli, ma ora che l'area è quasi piena sono troppo presa tra un vassoio e l'altro per potermici soffermare.

«Signorina?» mi chiamano da un tavolo.

«Buongiorno signore, vuole ordinare?» è un uomo solo, sulla cinquantina, di bell'aspetto e con una straordinaria abbronzatura.

«Sto aspettando una persona. Puoi cominciare con il portare due calici di chateau d'yquem del 2019.» per tutto il tempo non mi guarda, tiene gli occhi fissi sulle pagine di un quotidiano.

«Certo. Torno subito.»

Non ringrazia. Lo lascio giusto il tempo di prendere ciò che mi ha chiesto e torno indietro. Faccio in fretta, non perché abbia premura di accontentarlo, ma piuttosto per liberarmi della sua presenza. Non tutti i clienti sono così sgarbati, anzi, la maggior parte è gentile e mi sorride, ma la spocchia di alcuni è davvero troppo da sopportare.

«La mia accompagnatrice ha avvisato che tarderà. Puoi portarmi del pane.» Ordina. Non chiede. Ancora non mi guarda. «E anche una bottiglia di effervescente.»

«Certamente.» Ostento remissività, quando tutto quello che vorrei è mandarlo al diavolo. Certo, abbiamo ruoli diametralmente opposti: lui è il cliente e io la cameriera, ma diamine! A volte a questo mondo non c'è proprio giustizia. Sembra che più soldi hai più pensi che tutto ti sia dovuto. Bè, notizia del giorno: non è così!

Mentre digito l'ordine, la mia attenzione si sposta alcune file di tavoli più avanti. Due uomini stanno prendendo posto. Entrambi indossano un completo e sfoggiano l'aria elegante di chi è abituato a portalo. Uno è un signore di mezza età, capelli di un biondo ingrigito e spalle leggermente incurvate, l'altro è giovane e prestante. Non capisco perché abbiano attirato tanto il mio interesse finché si voltano e incontro gli occhi penetranti del più giovane. Entrambi abbiamo un sussulto nel riconoscerci. Tommaso Borromeo assottiglia lo sguardo e un intenso quanto fugace sorriso compare sul suo volto perfetto. Già, parlando di ingiustizia, Borromeo è fin troppo bello, elegante e stronzo.

Mi sforzo di distogliere lo sguardo e lo riporto verso l'uomo davanti a me. A sorpresa, questa volta, mi sta fissando.

«Mi scusi, signore. Ha bisogno d'altro?» per quanto tempo mi sono distratta?

L'uomo, i cui occhi straordinariamente azzurri mi stanno scrutando con estrema scrupolosità, si sporge sulla sedia per venirmi più vicino. «Ci siamo già incontrati prima d'ora?»

La domanda mi lascia sorpresa. «No. Non credo.»

«Mh. Come ti chiami?»

«Viola.»

«Viola e poi?»

«Lenovi.»

«Viola Lenovi.» ci riflette su per poi scuotere la testa. «Non mi dice nulla. Hai parenti in Toscana?»

«No.» Rispondo secca sperando di troncare l'inquisizione. Perché tutte queste domande?

«Allora forse mi sto sbagliando.» lo dice, ma nella sua voce il dubbio sembra quasi un'accusa. 

Forzo un sorriso e mi congedo per andare a prendere le sue ordinazioni. Prima di farlo alzo nuovamente lo sguardo in cerca di uno in particolare. Borromeo è ancora lì, ma è concentrato nella conversazione con il suo commensale. Il loro tavolo è nella mia area, quindi, appena finisco con le cose più urgenti, mi dirigo nella loro direzione.

IL SEGRETO DI BEADove le storie prendono vita. Scoprilo ora