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Aveva trattenuto le lacrime per tutto il tragitto, mantenendo lo sguardo basso. L'ufficio in cui lavorava come contabile distava solo pochi minuti da casa sua, così da permettergli di pranzare a casa. Ma Sara non aveva affatto fame. Sentiva lo stomaco in subbuglio, e l'ultima cosa a cui pensava era di ingurgitare qualcosa. Quello che era successo la sera prima, come si era sentita, in parte se lo aspettava. Inizialmente, quando era crollata a terra dopo che Federico se n'era andato, aveva dato la colpa a Marta.

"Lo sapevo che non dovevo darti retta, non sono una troia come te. Non riesco a scopare con un ragazzo e poi sentirmi bene. Sei tu che mi hai convinta a uscire con lui stasera, sei tu che mi hai detto che mi sarei sentita bene. Che ne avevo bisogno. Invece lui ha soddisfatto il suo appetito e mi ha scaricato gettandomi via come un gioco che non regala più gioia. Perché questo sono, un giocattolo che serve solo per pochi istanti e poi non è più nulla"

Poi però, in un momento di lucidità, aveva pensato che la decisione l'aveva presa lei e lei soltanto. Era lei che aveva dato corda a Federico per dei giorni, era lei che si era masturbata per arrivare carica all'incontro con ancora le mutandine bagnate. Era lei che aveva camminato spavalda tra le persone, convinta di essere la persona più forte sulla faccia della terra. Invece si era rivelata debole, si era rivelata per quello che è sempre stata. Una ragazza fragile, che ha bisogno di affetto e cure. Non come quella che, nelle scorse settimane, aveva visto al di là dei vetri.

"Non è colpa di Marta, è colpa di quel pervertito e della puttana che frequenta. Tutto è iniziato da quando li ho osservati per la prima volta fare certe cose. E ora anche io mi faccio certi pensieri, che però non mi rappresentano. Prima o poi te la farò pagare, ragazzo del palazzo di fronte. Quello che ho fatto ieri sera l'ho fatto solo per farti vedere che anche io so divertirmi, anche io posso fare la troia come la tua amichetta. Ma io non sono come lei e non lo sarà mai, io sono una ragazza con la testa sulle spalle"

Si era alzata da terra a fatica e buttata nel letto ancora nuda, cadendo in un sonno profondo. Al mattino la sveglia era suonata e lei si era alzata di scatto ancora intontita. Aveva preso il caffè di malavoglia e aveva provato a truccarsi decentemente. Tremava così tanto che aveva faticato non poco per mettersi il rossetto. Aveva indossato una camicetta e dei pantaloni aderenti e si era precipitata fuori, non sopportava di rimanere in casa. La mattinata lavorativa era passata in fretta, troppo in fretta. I suoi colleghi e le sue colleghe le avevano proposto di pranzare insieme in un locale vicino, ma aveva risposto che non le andava. Si aspettava che le chiedessero:

"Ma è successo qualcosa?"

Invece avevano risposto con un semplice "sarà per la prossima volta". Eppure era così evidente che lei fosse a pezzi, ne era consapevole. Ma mai che qualcuno si informasse su di lei, mai che qualcuno la confortasse. A dire il vero Marta le aveva scritto verso le dieci, sembrava anche piuttosto preoccupata.

"Sara ma tutto ok? Spero che sia andato tutto bene, ma è da ieri sera che non mi rispondi. Non farmi preoccupare"

Il messaggio e la notifica erano rimaste lì, nemmeno aveva aperto il messaggio. Era consapevole che questo non avrebbe fatto che aumentare l'ansia della sua amica, ma non gli importava. Sara avrebbe solo voluto disconnettersi dal mondo e non dover pensare più a nulla. Ovviamente Federico nemmeno si era premurato di scriverle, ma se lo aspettava. Una persona che teneva un ceto tipo di comportamento non scriveva il giorno dopo, non si interessava delle altre persone dopo che ci aveva scopato. Probabilmente era nuovamente a caccia della prossima preda.

Preda.

Quella parola gli risuonava nella testa. Perché questo si sentiva, una preda che si era lasciata afferrare con troppa facilità. Si era esposta troppo e questa era la giusta punizione. Era stata afferrata da quelle possenti braccia, ammaliata da quello sguardo penetrante come un topolino fa con un serpente velenoso. E, un attimo dopo, i denti sottili e molli del rettile affondano nel pelo bianco e il veleno pervade il corpo di quella tenera creatura, facendola perire piano piano. Sara riusciva a sentire quel veleno scorrere dentro di lei, bloccando lo stomaco e offuscando i suoi pensieri. E non c'era antidoto, per quel veleno, o così le sembrava. Anche Mario l'aveva avvelenata, ma a piccole dosi durante gli anni. L'aveva fatta marcire dentro rendendola quella debole creatura che era ora. Ripensandoci, ogni ragazzo che aveva incontrato l'aveva avvelenata un po', a partire dai compagni delle elementari.

Oltre la finestraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora