CAPITOLO 5: LA CASA DELLA STREGA

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Antonio seguì le indicazioni del simpatico droghiere e ben presto si ritrovò a guidare la sua vecchia ma fedele seicento in una strada sterrata, completamente immersa in una folta macchia di abeti. Kuro era ancora dentro la sua gabbietta, accuratamente posizionata sul sedile del passeggero anteriore. Il povero animale era sempre più irrequieto, ormai stufo di quell'angusto abitacolo. Continuò a graffiare con veemenza le pareti del trasportino, aumentando l'intensità del suo grido di protesta.

<< Ci siamo quasi Kuro. Ancora qualche minuto e potrai finalmente goderti un prato fresco di montagna >> cercò di tranquillizzarlo Antonio, portando la mano destra davanti alle sbarre della porticina di ferro. Il felino si avvicinò alle sbarre di metallo, strofinando il naso umido sui polpastrelli del ragazzo. Il sole iniziò a nascondersi dietro la montagna, irradiando di fasci di luce rossi e arancioni quel luogo dalla mistica suggestione. Man mano che si avvicinava alla meta, Antonio ebbe la sensazione che gli alberi si facessero sempre più fitti, impedendo a quei caldi raggi solari di illuminare la strada.

Dopo un paio di chilometri, giunse finalmente a destinazione. Una sorta di prateria si aprì improvvisamente, mostrando di nuovo il cielo ormai tinto di rosso. Perfettamente al centro di quella distesa d'erba, si ergeva la tanto famosa casetta. Parcheggiò l'auto poco distante dalla porta d'ingresso. Come promesso, liberò Kuro dalla sua prigionia. Con uno scatto, degno della sua Famiglia, il micio iniziò ad ispezionare con curiosità ogni centimetro quadrato di quel mondo pieno di opportunità nascoste.

<< Non ti allontanare troppo Kuro! >> gli ordinò con durezza Antonio.

La piccola macchia nera si voltò, rispondendogli questa volta strizzando gli occhi verde smeraldo.

Antonio aprì il bagagliaio e prese in mano una busta gialla, custodita all'interno del suo zaino. Era la stessa consegnatagli dall'avvocato Sorrentino, nella quale erano state riposte le chiavi dell'abitazione. Era una modesta casa di mattoni a due piani, dall'aspetto trasandato, quasi decadente. Sul tetto di legno si apriva un piccolo comignolo, anch'esso di mattoni. Ampie finestre si spalancavano su più parti del caseggiato. Mentre contemplava con attenzione quel rudere dall'aspetto fatiscente, Antonio per un istante credette di aver visto una figura muoversi nell'ombra.

<< Non ho ancora iniziato a e bere e ho già delle allucinazioni. Devo essermi fatto suggestionare dalle parole di quel vecchio. Però devo ammettere che questa casa è davvero inquietante. >>

Antonio continuò ad esaminarla accuratamente, mentre il cielo iniziava ad inscurirsi e a mostrare le prime stelle del firmamento. Dopo aver preso tutti i suoi effetti, richiamò Kuro che nel frattempo aveva dato inizio ad una seria battuta di caccia alle cavallette in mezzo alle alte erbacce di quel giardino abbandonato. Il felino lo raggiunse a tutta velocità, passandogli in mezzo alle gambe e rischiando di farlo cadere.

Scaricato l'ultimo scatolone e servita la cena a Kuro, Antonio crollò sfinito su una comoda poltrona del soggiorno, posta di fronte ad un rustico caminetto.

<< Speriamo che stanotte non faccia troppo freddo >> sbuffò poco prima di addormentarsi.

Improvvisamente un tremendo boato lo fece sobbalzare, interrompendo quel placido stato corporeo. Antonio si ritrovò completamente avvolto dalle tenebre. Ripresosi finalmente dall'influsso di Morfeo, si accorse che una tempesta incombeva impetuosa sulla casa. Udì un tonfo provenire dal piano superiore.

<< Deve essere Kuro! Odia le tempeste e come dargli torto... >> disse fra sé, mentre si strofinava con le mani gli occhi stanchi.

Il piccolo felino iniziò a strusciarsi sulle sue gambe, in cerca di conforto.

<< Non ti preoccupare Kuro sono qui. Vedrai che tra poco anche questa tempesta finirà. >>

Mentre cercava di calmare il suo amico a quattro zampe, accarezzandogli la testa, udì un nuovo tonfo provenire sempre dal piano di sopra.

Il cuore di Antonio iniziò a battere all'impazzata nel petto. Prese in mano il primo oggetto pensate che riuscì a trovare e si diresse verso l'origine di quegli strani rumori. Una volta salite le scricchiolanti scale di legno , iniziò con cautela a perlustrare ogni stanza, rendendosi subito conto che quei suoni terrificanti provenivano dalla camera da letto. Dopo aver preso un respiro profondo, si precipitò deciso all'interno della stanza. Era deserta. Guardò sotto il letto e dentro il pesante armadio di mogano, quando udì per la terza volta quel suono sordo provenirgli da dietro le spalle. Una volta girato, un minaccioso fulmine squarciò il cielo, accompagnato da un assordante tuono. Lo spavento fu così forte che Antonio ebbe l'impressione che il cuore gli esplodesse nel petto. Quando l'adrenalina iniziò a calare, il ragazzo si rese conto che quei rumori provenivano dalle imposte delle finestre che sbattevano contro la casa, spinte dal vento impetuoso della tempesta.

<< Cazzo... Per poco non ci rimango secco per lo spavento... >> emise sollevato.

<< Devo assolutamente dare una sistemata a questa casa o la mia permanenza qui sarà più difficile di quanto pensassi. >>

Antonio si avvicinò alla finestra per cercare di bloccare in qualche modo gli scuri. Mentre studiava attentamente il rudimentale montante, una serie di fulmini illuminò la prateria, ormai aggredita dall'acqua piovana. In quei brevi istanti, il terrore si impossessò nuovamente del suo corpo, alla visione di una figura umanoide ferma, immobile come una statua, che lo fissava sotto la pioggia violenta.

EREDITÀ DI FAMIGLIADove le storie prendono vita. Scoprilo ora