Bisogno Notturno

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BISOGNO NOTTURNO

Erano circa le due di notte quando Paul Koonz si destò nel proprio letto. Fuori rumoreggiava un temporale che entro breve si sarebbe abbattuto con furia su quella zona rurale del Minnesota. Ma non era stato il borbottio dei tuoni a svegliare Paul e neanche la malandata gamba sinistra: sentiva il bisogno di andare al bagno.

Ancora intontito dal sonno, il sessantenne sgusciò fuori dalle lenzuola ruvide e infilate pantofole e vestaglia scese dabbasso. La casa dove abitava da solo, da quando sua moglie era morta cinque anni prima, si ergeva circondata dal buio della boscaglia scompigliata dalle raffiche di vento. Provò ad accendere la luce ma il cattivo tempo aveva fatto saltare la corrente. Non che gli servisse: poteva benissimo orientarsi al buio e fu così che attraversò l'ingresso ed aprì la porta di casa.

Il vento umido gli fece sventagliare i lembi della vestaglia di cocciniglia, facendolo rabbrividire fino alle ossa. Spalancò la porta a zanzariera della veranda e fu fuori nel cortile spazzato dal vento, l'aria invasa di foglie che gli volavano addosso come pipistrelli iracondi. Un lampo scintillò proprio sopra la sua abitazione, abbagliando i tronchi degli alberi e illuminando la stretta forma del gabinetto esterno, dipinto di un bel rosso squillante.

Paul si fermò un istante, in mezzo alle raffiche fredde che gli scompigliavano i pochi capelli rimasti ancorati al cranio. Buffo, gli era parso di scorgere alla luce repentina del fulmine una persona vicino alle alte betulle dietro il gabinetto. Ma no, non poteva essere una persona, gli occhi delle persone non scintillano come quelli dei gatti nel buio. Forse era un animale, girovagavano diversi branchi di cervi vicino casa sua, ci lasciava sempre del pane secco da mangiare.
Trotterellò fino al gabinetto. Un tuono potente ruggì dall'alto, facendolo sussultare e gridare. Il cuore gli pulsava con forza nel torace smagrito. Le prime gocce di pioggia iniziavano a tamburellare imperiose sul tetto di lamiera del gabinetto.

Paul ci si infilò dentro e chiuse la porta con il robusto gancio d'ottone. I rumori della tempesta erano solo lievemente attutiti dalle parti di legno; le raffiche si abbattevano sul gabinetto facendolo fremere, quasi a volerlo sradicare dal suolo. Inquieto e infreddolito, l'anziano riuscì a trovare a tentoni la piccola mensola lì vicino, sulla quale stavano un pacchetto di fiammiferi, una lanterna a cherosene e un giornale. Accese la lanterna, che gettò un aura di lucentezza soffusa e tremula sulle strette pareti del gabinetto.

Si abbassò i pantaloni e si sedette sul gabinetto. Agguantò poi il giornale e se lo aprì sulle ginocchia ossute e pallide con un crepitio cartaceo. Era di due giorni prima e gli riportò alla mente la misteriosa scomparsa di quattro persone che conosceva. La polizia non ne era ancora venuta a capo e, stando a quanto riportava il giornale, erano tutti e quattro scomparsi durante la notte. Volatilizzati nel nulla.

In quel momento Paul udì qualcosa dall'esterno: un rumore che non era provocato dal vento o dalle frasche che si scuotevano, nemmeno dalla pioggia sempre più scrosciate o dai tuoni ancor più violenti.

Scoprì di avere la pelle d'oca su tutto il corpo nel rendersi conto che qualcosa stava lentamente graffiando il lato destro del gabinetto. Udiva le unghie scorrere sulle assi di legno.

Dopo i primi attimi di sbalordimento, l'anziano si fece coraggio e con voce più ferma possibile domandò se ci fosse qualcuno.

All'istante, i rumori cessarono.

Paul attese, in ascolto. Non era facile sentire qualcosa con il fracasso provocato dalla pioggia sul tetto. Aveva ancora il batticuore, ma forse si trattava solamente di qualche animale.

Si mise in piedi, tirandosi su i calzoni del pigiama, quando si immobilizzò: oltre la porta provenne un cubo, basso grugnito. Non aveva mai udito un verso simile in tutta la sua vita. Catarroso, ringhiante e profondo. Era raccapricciante.

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