Perverse moon

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Theo pov's

Portammo davvero Liam a mangiare hot dog e fu quello che ne mangiò di più, mentre Liis si accontentò di una sola porzione. Per tutta la cena la percepivo assente con lo sguardo stanco e le spalle ricurve come a portare un macigno sulla schiena. Era arrivata a Beacon Hills da 2 mesi e mezzo e la sua testa non aveva smesso un momento di pensare. Doveva preoccuparsi di sé e di suo fratello, e fino a quel momento, dopo aver parlato con Logan e Peter e aver presentato la sua vera madre a Liam, sembra essersi caricata, ulteriormente, di responsabilità e paure. 

Avrei voluto stringerla tra le mie braccia come qualche giorno prima, quando si lasciò prendere da quella crisi incontrollata di pianto e nervosismo. Avevo sentito i suoi muscoli rilassarsi, il suo battito rallentare e il suo respiro tornare normale, non so cosa successe in quel momento, ma qualunque cosa avessi fatto, le era servito. Mi era crollata addosso nel mentre che la cullavo nel tentativo di calmarla e come risultato, mi si addormentò tra le braccia e non si svegliò fino alla mattina seguente. 

Approfittai di quelle sue ore di riposo per sistemarle, alla bene e meglio, la camera da letto, cercando di fare il meno rumore possibile, ma ben presto mi resi conto che non sarei riuscito a svegliarla neanche se avessi messo della musica metal in sottofondo. Raccolsi tutte le perle che erano cadute accumulandole in un sacchetto senza buttarle via e quando finii, mi sdraiai accanto a lei per farle compagnia. Più passavo il tempo con Liis, più mi rendevo conto che non riuscivo a starle lontano, in mezzo alla folla cercavo il suo sguardo, seduti al tavolo cercavo il suo tocco e in un momento di distrazione cercavo la sua attenzione. Non mi era mai capitato prima di provare certe emozioni.  

Non mi resi conto di tutte le precauzioni e attenzioni che doveva prendere fino a quando non parlammo con Logan e Peter. Quando finimmo di cenare, la mia idea iniziale era di accompagnare prima Liis di Liam, così che potesse mettersi subito dentro le coperte, ma cambiai idea, volevo passare del tempo con lei.

-Dove stiamo andando?- mi chiese quando restammo soli in macchina, notando che non stavo imboccando la strada per andare a casa di Lydia.

-A casa mia, ma non scandalizzarti- lei mi guardò interrogativa e restò in silenzio per tutto il tragitto, ad un certo punto, su una strada rettilinea, presi coraggio e allungai una mano sulla sua, e senza dire niente, intrecciammo le dita e le appoggiai sulla leva del cambio. Fino a destinazione, lei non lasciò mai la mia mano. Era ormai buio quando arrivammo a quella che io definivo casa, che non era altro che un grande garage. Il mio capo aveva fatto costruire un bagno in una stanza a parte, ma sempre collegata tramite una porta alla sala principale che aveva: cucina, un letto, un televisore e un tavolino da pranzo. 

Parcheggiai la macchina fuori dal box, il mio capo lo usava come abbandono di tutto ciò che ormai era dimenticato e non sapeva come liberarsene, non era molto lontano dalla sua abitazione. Non si trovava disperso nel bosco, me restava comunque isolato e fuori portata, avevo la mia privacy. 

-Tu abiti qui?- Liis guardò il box non molto convinta -è a norma?- 

-Il mio capo ha fatto sì che risultasse abitabile. Ovviamente non pianifico di vivere qui dentro per il resto della mia vita, sto mettendo i soldi da parte per questo, anche perché ormai sta creando muffa e c'è qualche spiffero di vento e, nonostante i caloriferi, risulta piuttosto fredda in inverno, specie quando faccio la cazzata di entrare in casa dalla saracinesca piuttosto che dalla porta sul retro- lei sembrò triste, restò ferma e in silenzio qualche secondo contemplando il piccolo abitacolo mentre si stringeva nel suo giubbotto per il freddo.

-Mi dispiace che tu debba vivere in queste condizioni- disse con un filo di voce tornando a guardarmi, io mi avvicinai poggiandole le mani sui fianchi e sfoggiai il mio sorriso più convincente.

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