Morte e Rinascita

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Tenochtitlan

La città era scossa da un tumulto differente dal solito brulichio di mercanti e messaggeri. Nell'aria, suoni mai uditi prima e odori nuovi. Persino a noi, rinchiusi nelle prigioni, era giusta voce dell'arrivo dell'invasore straniero.

Il più agile fra noi, Mitote, si arrampicò all'unica finestra della cella che spartivamo. «Vanno verso la piazza.» La sua voce, da lassù, si udiva appena. «Ai piedi del tempio, il loro re degli si erge su una bestia robusta con quattro zampe. È protetto da catene di metallo sulle braccia e una maglia splendente al petto. Sulla testa porta un copricapo affilato che riflette la luce del sole.»

Gli altri prigionieri erano protesi verso di lui, alcuni gli offrivano una mano come trespolo, altri erano pronti ad afferrarlo se fosse caduto.

Io restavo in disparte, con braccia incrociate e la roccia viva contro la schiena.

«Nella mano, alta verso il cielo, sventola un drappo con simbolo di guerra,» continuò Mitote. «Due bastoni incrociati.»

Una processione di soldati si riversò nella piazza, come un fiume in piena dopo un temporale. I loro passi facevano tremare la terra.

«Egli è un dio?» osò chiudere Kuali, la scriba.

«Sembra più un demone.» Un colpo sordo, come un potente scoppio di fuoco, coprì la mia voce.

Tutti sussultarono.

«Un demone,» ripeté Mitote con tono cupo, tornando a terra. «La gente fugge per le strade, ma qui saremo al sicuro.»

«Quanta ingenuità da parte di un messaggero.» Mi sfuggì una risata. «Per voi nobili deve essere difficile da accettare, ma presto l'Imperatore cadrà e noi faremo la fine dei topi in trappola in questa cella.»

Mitote fece per scagliarsi contro di me, ma Kuali lo fermò. «Lascia perdere,» disse. «Lui ha passato metà della sua vita come schiavo e l'altra metà qua dentro. Che vuoi che gli importi di morirci.»

«Parli come se avessi scelta.» La sua ostilità mi divertì.»

Mitote si frappose tra me e Kuali. «Loro concedono una seconda possibilità a tutti. Se pregherai per il perdono, magari anche tu uscirai da qui.»

Con uno scatto, lo afferrai e lo tirai a me. «È facile desiderare la libertà quando sei nato nell'agio e nelle ricchezze. Ma se non hai mai avuto niente, inizi a chiederti se gli dèi non abbiano meglio da fare o se, semplicemente, non esistano.»

Kuali mise una mano sulla spalla a Mitote. «Lascialo perdere, lui ha già sprecato la sua seconda possibilità,» disse «è Olrox.»

Sul viso di Mitote apparve l'orrore. «Ah, ma certo.» Si rivolse agli altri prigionieri. «Ho sentito parlare di lui, "Olrox il reietto". Dicono allungasse le mani sulle offerte agli dèi fin da quando era bambino. Per ben due volte è stato punito e mai ha chiesto perdono.»

«Tu invece l'hai chiesto.» Guardai Kuali di sfuggita. «Ma solo perché speri che l'Imperatore ti permetta di mettere le mani su una sua donna una seconda volta.»

«Noi stiamo espiando la nostra colpa,» disse Kuali. «Quando saremo liberi, potremo sposarci.»

«Per il tuo peccato, invece, non basterebbe un'eternità di preghiere,» aggiunse Mitote. «Da quel che so, una manciata di grano rubato dall'altare ti rese schiavo una volta, ma a costarti la prigionia fu la carne di un giovane ragazzo destinato al sacrificio per il dio del Sole.»

Non appena iniziò a ridere, gli tirai un pugno sotto al mento che lo fece cadere a terra. Poi mi gettai su di lui e lo colpii in viso, ancora e ancora.

Castlevania: Figlio del SoleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora