I've only really loved once

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1789,
Machecoul

La rivoluzione aveva attraversato l'oceano con Olrox. Ne aveva riconosciuto i segni fin dallo sbarco: paura negli occhi degli uomini potenti, fervore in quello dei più sottomessi. Gli equilibri si mettevano in discussione, si distruggevano. Qualche testa sarebbe stata tagliata per ristabilirli.
In Francia, era stato evidente a tutti, fin dall'inizio, da che parte Olrox sarebbe stato. Non era solo per via della sua natura da vampiro, ma anche per i modi, la cultura e i suoi abiti. Nelle loro menti limitate, stordite dall'alcool e i piaceri di una vita trascorsa nell'agio, era così scontato... ma lui non aveva nulla in comune con i vampiri che frequentavano la villa e il teatro e si appagavano in festini. Cosa ne sapevano di schiavitù, di un'esistenza vissuta nell'ombra anche quando era stata in pieno sole?
Gli avevano chiesto di nutrirsi solo del sangue del popolo, si erano scusati per il disagio e la sua cattiva qualità, ma ignoravano fosse quello che Olrox aveva avuto nelle vene, da umano; quello che aveva amato.

Con la lettera di Erzsebet Bathory fra le mani, Olrox aveva compreso già tutto dalla finezza della carta e la scrittura perfetta: era stata nobile ancor prima di divenire un demone. Dopo tutto, solo in chi era nato con un privilegio poteva avere la presunzione di cambiare il mondo a suo piacimento, eclissare il sole, interrompere l'ordine naturale delle cose.

Olrox aveva trascorso i primi giorni a Machecoul, nell'attesa del suo arrivo, arreso all'evidenza: avrebbe trovato solo smidollati, vampiri e umani senza ideali che avevano messo radici nell'interstizio tra luce e oscurità.

Il paese era piccolo e, nel giro di poco tempo, Olrox aveva imparato a conoscere le strade del cimitero, i vicoli frequentati da mendicanti e nobili dal sangue dolce. Quando aveva finito di esplorarne gli anfratti, lo sguardo gli era finito sulla chiesa. In tempo di rivoluzione, doveva essere un luogo tranquillo, silenzioso.

Olrox entrò di nascosto a tarda notte, fumo sotto la porta, ma, con sua sorpresa, trovò qualcuno nella navata laterale. Era un Cavaliere di San Giovanni che accendeva i ceri delle offerte.

A ogni stoppino arso, una preghiera sommessa rimbombava fra le colonne di marmo. Richieste di protezione, guarigione, confessioni di peccati... erano troppi segreti per un uomo solo. Dovevano essere quelli di tutto un paese.

Quando la navata fu rischiarata, il Cavaliere appoggiò la sua candela insieme alle altre, si inginocchiò su una panca e, con la testa china tra le mani giunte, rivolse al suo dio un'ultima confessione. Era convinto che la sua anima sarebbe bruciata all'inferno per aver operato con il demonio. Voleva vivere nella luce, ma era costretto all'ombra.

Il Cavaliere si alzò, fece il segno della croce e si diresse verso l'uscita, il mantello che gli scivolava dalla spalla destra.

Olrox lo seguì di nascosto mentre parlava con l'Abate e con gli altri Cavalieri e mangiava un pasto modesto. Lo spiò mentre andava sotto le fondamenta dell'abbazia dove i corpi di poveri uomini e donne venivano tramutati in creature della notte. Chissà, forse fra loro c'erano anche alcuni per i quali aveva acceso i ceri...

Fra le righe della sua preghiera silenziosa, Olrox aveva compreso tutte le contraddizioni che il Cavaliere nascondeva dentro di sé, anche a se stesso, e si era ritrovato a gravitargli intorno contro la sua volontà.

Mizrak, quello era il suo nome, era ciò che di più interessante Machecoul avesse da offrire e nascondeva più di quanto i paesani gli confidassero. Durante il loro primo confronto, nel patio dell'abbazia, aveva detto che il mondo lo aveva abbandonato, ma non lo faceva con tutti, prima o poi?

Quando aveva accettato il suo invito alla locanda, Olrox aveva sentito una soddisfazione viscerale. «Accendi i ceri per il popolo, ma lo dai in pasto ai vampiri. Si può sapere da che parte stai?»

Castlevania: Figlio del SoleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora