Noah
Non so quanto tempo sia passato, so solo che non appena apro gli occhi un ammasso di persone è attorno a me.
Stanno parlando ma i suoni sono ovattati, non riesco a capire cosa dicono.
Sento un conato salire, di colpo mi metto seduto.Il mio corpo sta rigettando acqua, acqua e ancora acqua.
Non sembra avere intenzione di fermarsi e lo sforzo è così grande che la gola mi brucia e l'acqua esce anche dalle orecchie, ora riesco a sentire bene.
Anche se rimpiango il non sentire visto che tutti si stanno urlando contro.
È quando finisco di tossire e parlo che tutti si bloccano.«Cazzo, quando ho pensato che avrei preferito affogare in piscina che nei miei pensieri non dicevo letteralmente.» mormoro tra me e me massaggiandomi la gola.
Tempo di mezzo secondo e mi trovo la mia gemella al collo.
Il suo abbraccio mi sta soffocando.
«I-Isa..» la richiamo con voce spezzata dandole una pacca sulla spalla.
«Scusa.» mormora per poi staccarsi.
«Come stai? Tutto apposto? Ti senti qualcosa?» parte con una raffica di domande che neanche una madre farebbe.
«Sto bene.» le dico accennando appena un sorriso.La verità è che sono un po' scombussolato ma non voglio farla preoccupare più di quando non lo sia già.
Mi guarda un po' indecisa, so che non mi crede, lo capisco dal suo sguardo insistente ma, non so perché, si alza e mi lascia andare.
Con l'aiuto di Rachel, che mi tende la mano, mi alzo.
All'inizio avverto un leggero capogiro ma riesco a ristabilirmi poco dopo.Erano tutti attorno a me, tutti tranne Kai.
L'ultima persona che ricordo di aver visto.«Andiamo a mangiare?» propone Tom con un occhio di riguardo su di me.
Non so se al momento sia più incazzato per quello che è successo o preoccupato per me.
Annuisco seppur titubante, non ho molta fame e detto da me, sembra una barzelletta.Ci dirigiamo verso una struttura in legno.
L'area ristoro del parco acquatico.
Questo è più sullo stile rustico rispetto alla modernità di cui siamo abituati fuori, ciò che da un tocco in più sono le porte e le finestre completamente in vetro che danno libera visuale.
Ai lati si trovano i tavoli e le sedie, tutto rigorosamente in legno e con loro anche i banconi in fondo alla grande stanza dipinta di bianco.
Dietro questi si trovano un paio di ragazzi.Quello che ci da il benvenuto è dietro la cassa, mostra un sorriso splendente a trentadue denti.
Ha i capelli lisci, biondi, pettinati e gli occhi di un grigio intenso, la pelle perfetta e le mani dietro la schiena, intento ad avere una postura seria.
L'altro ragazzo, invece, è impegnato a fare avanti e indietro da una porta.
L'unica cosa che scorgo sono i riccioli biondi, il corpo alto e muscoloso fasciato da una camicione bianco e un pantalone nero.Prendiamo posto in un tavolo per sette ma una sedia rimane vuota, dove diamine è finito Kai?
Dopo svariati minuti in cui siamo seduti, una voce sconosciuta mi riporta alla realtà. Quando mi giro trovo il ragazzo che poco fa era alla cassa.
Le due dita picchiettano fluidamente sullo schermo del piccolo tablet che tiene in mano, come se facesse questo lavoro da tutta la vita.
A occhio e croce sono sicuro che abbia la nostra età.
«Cosa prendete?» ci chiede buttando lo sguardo un po' su tutti, si sofferma su Erica quando inizia a parlare.
«Avevo parlato con il cuoco tramite telefono. Tutto quello che offre la casa andrà più che bene, grazie.» accavalla le gambe e con la mano sposta i capelli che le erano finiti sul viso.Erica era una ragazza composta, sapeva comportarsi. Si vedeva da un miglio di distanza che aveva ricevuto l'educazione giusta da suoi genitori. In diverse occasioni sembrava persa nel suo mondo, in imbarazzo. In altre, invece, cambiava completamente, diventava spontanea e decisa. Sembrava avesse più lati di se stessa da mostrare al mondo.
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Sfiorami in otto tempi
RomanceIsabel Wilson, 19enne di Chicago, è una ballerina di latino americano, danza che pratica da quando aveva dodici anni. A quell'età Evan Smith era il suo partner, aveva quattordici anni ma ballava da più tempo di lei, quindi più esperto, avanti. Ogni...