14. Mezza soluzione

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Isabel

Due colpi indecisi.
«Isa...» il mio nome esce come un lamento ovattato dietro la porta, ancora una volta.
Mi tiro le coperto fin sopra la testa facendo finta di non sentire, stretta nel cuscino regalatomi da Kai.
«Lo sai che non puoi stare rinchiusa nella tua stanza per sempre, vero? Prima o poi dovrai uscire, mangiare...»
Mi rannicchio ancora di più in un angolo del mio letto, disordinato e sfatto da giorni.
«Va' via, Tom.» mormoro sospirando.

Sento i suoi passi allontanarsi per poi farsi nuovamente vicini.
«Posso entrare?» domanda, anche se dal suo tono pare non accettare una negazione come risposta.

Seppur titubante balzo giu dal letto, e con passi lenti e un peso nel petto vado ad aprire la porta di camera mia, solo a metà. Quello spiraglio di luce concesso alla mia vista quasi mi acceca.

Trovo mio fratello maggiore intento a fissarmi,
gli occhi stanchi come non li avevo mai visti.

«L'avete trovato?» non riconosco più la mia voce, asfittica e debole.

Non riesco nemmeno più a pronunciare il suo nome, è come se non accettassi la situazione. E proprio per questo ne voglio parlare sempre stando sulla superficie.

Mio fratello lo sa, e mi da comunque corda.

Quest ultimo non risponde, si abbandona a un sospiro mentre arriccia il pollice per torturarsi la palpebra.

Sono giorni che le mie giornate sono composte da letto, letto e ancora letto. Tutta la forza che avevo recuperato col tempo è andata persa nel giro di una sera.
Quella sera.

Com'è possibile avere tutto sotto controllo e un secondo dopo avere il mondo crollato addosso?

Non avrei dovuto abbassare la guardia quella sera.
Non dovevo godermela come una ventenne qualunque.
Quelle cose non facevano per me.

"È colpa tua, tutta colpa tua" ripete una vocina nella mia testa.

In questo periodo darei qualsiasi cosa pur di spegnere completamente il cervello e mettere uno stop ai pensieri.

Sto chiudendo nuovamente la porta quando Tom infila un piede in mezzo per bloccarlo ed entra, obbligandomi a indietreggiare. La richiude dietro di se, appoggiandosi ad essa.
«Isabel, prima o poi dovrai parlarne, dovrai sfogarti.»
«Non ne ho bisogno.» bofonchio tornandomene seduta sul mio letto, dando le spalle a lui e alla sua voglia di aiutarmi.

Se c'era una cosa che non sapevo fare, quella era sfogarmi con le parole.

Io amo i fatti, i movimenti, i piedi che si distruggono sopra quel paio di tacchi, il corpo che va a tempo e ha la capacità di esprimere sempre qualcosa di diverso grazie alla musica.

C'è solo una cosa che potrebbe aiutarmi in questo momento.
C'è una sola valvola di sfogo.
L'unica cosa in grado di farmi smettere di pensare.
L'unica cosa in grado di mettere a tacere tutto.

Sicuramente al momento non è la soluzione a tutti i problemi... ma potrebbe essere una mezza soluzione.

Valuto la cosa.

Non mi riporterà il mio gemello, questo è ovvio. Ma potrei ballare per tenermi la mente impegnata e, il resto del tempo, usarlo per cercare Noah...

Sfiorami in otto tempiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora