2

511 37 1
                                    

Emilia

2 anni prima

-oggi pomeriggio viene un mio compagno di scuola- mentre ero a tavola per pranzare insieme a mia madre le dissi di Fermín.

-sono contenta che porti qui qualche amico- annuì contenta. Mi diceva sempre che se avessi voluto organizzare qualche festa in giardino o in piscina ne avevo tutto il consenso. Credeva che così avessi potuto stringere qualche amicizia.

-non è mio amico, gli farò ripetizioni di chimica- presi un pezzo di carne che ero solita fare in piccole parti e lo portai alla bocca, per poi buttarlo giù con un sorso d'acqua.

-è comunque un passo avanti. Emi, perché per una volta non provi tu a fare amicizia con qualche ragazza della tua età? Fare il primo passo non è segno di debolezza- mi spiegò. Si preoccupava che non avessi amici e cercava di spingermi a socializzare, e a mostrarmi più gentile quando qualcuno voleva parlarmi.

-preferisco di no. Sto bene così- la rassicurai e dopo aver ingerito quel pezzettino mi presi qualche secondo prima di mangiarne un'altro.

-come vuoi. Finisci almeno la carne- si alzò dalla tavola quando ebbe finito il suo piatto, e mi lasciò un bacio sulla guancia prima di uscire di casa per tornare a lavoro.

Lasciai alcuni pezzetti nel piatto e mi alzai anche io dalla sedia per salire in camera mia. Iniziai a studiare ciò che c'era per il giorno successivo e quando mi arrivò un messaggio da parte del ragazzo, che mi diceva che stava per arrivare, presi il suo programma di chimica che avevo stampato e riassunto e andai nel grande salone al piano di sopra.

Era il mio posto preferito della casa, più della mia stanza. Le pareti erano di un grigio scuro, aveva un grande camino in marmo nero dove adoravo osservare la legna consumarsi e di fronte era posto un grande divano in pelle affiancato da due poltrone. C'era un grande tavolo di cristallo, una libreria ed un tavolo da caramba.

Quando sentii suonare il campanello, mi precipitai verso le scale e le percorsi velocemente.

-tranquilla, faccio io- fermai Dora prima che potesse aprire la porta e lo feci io, ritrovandomi Fermín davanti.

-ciao... potevi parcheggiare anche qua davanti- vidi la sua auto di fuori al cancello d'ingresso.

-e parcheggiarla di fianco ad una Maserati?- si voltò a guardare quella di mia madre che non usava spesso.

-come non detto, vieni- alzai gli occhi al cielo e gli feci segno di entrare. Lo vidi osservare l'intera casa con occhi spalancati, ed io scossi la testa.

La gente si faceva abbindolare di fronte alle cianfrusaglie provenienti da parti del mondo sconosciute, che mia madre amava tanto collezionare.

Lo condussi nel salone dove continuò a guardarsi intorno imbambolato.

-quello lì è vero?- indicò una testa di cervo appesa al camino.

-certo, l'ho ucciso io personalmente- risposi e lo sentii ridere mentre prendeva posto sulla sedia accanto alla mia.

-che simpatica- disse ironico ed io lo squadrai in malo modo, per poi prendere il raccoglitore dove avevo sistemato il suo programma.

-quando hai il primo test di chimica?- gli chiesi diventando seria e lui ci pensò un po' su.

-credo prima delle vacanze di natale- scrollò le spalle e fece aderire la schiena alla sedia.

-quindi hai approssimativamente... tre settimane per studiare il primo  capitolo- decretai guardando i fogli davanti a me.

-secondo te ci riesco?- cercò un supporto nei miei occhi ma io incrociai le braccia al seno e mi voltai verso di lui.

-dipende da te, io queste cose già le ho studiate- dissi disinvolta e lo vidi aggrottare le sopracciglia.

-ma com'è possibile sei in quarta?- esclamò lasciando le mani a mezz'aria.

-farò i complimenti alla mia prof. Ok cominciamo- mi legai i capelli con un mollettone e lo vidi osservarmi puntando i suoi occhi sul mio collo.

Passarono tre ore in cui vedevo solo formule chimiche davanti a me, e anche se Fermín non era di certo un'alunno modello, sembrava fare dei progressi.

-quanti tipi di idrocarburi esistono?- gli feci l'ultima domanda prima di finire quei pochi argomenti che avevamo per quel pomeriggio.

-idrocarburi solidi o semisolidi, idrocarburi liquidi, e gassosi- rispose con alcuni tentennamenti, ma diede la risposta esatta.

-per oggi può bastare. Visto che non è così difficile- mi alzai dalla sedia per chiudere i libri posti sul tavolo

-il mio cervello sta per frantumarsi, ma sì, ho capito molto di più di  quando la studio da solo- si alzò anche lui e posò i suoi libri nel suo zaino.

-cerca di ripetere tutti i giorni così consolidi meglio le cose- gli consigliai e mi infilai di nuovo la felpa a zip che indossavo da sopra al top.

-non te lo prometto, ma ci proverò- sorrise ed io scossi la testa.

-dev'essere una figata vivere qui- disse guardando la grande villa in cui eravamo.

-non proprio. È sempre vuota, siamo solo io e mia madre e poi ci sono i domestici- raccontai e mi avvicinai alla libreria per mettere a posto i libri che avevo preso.

-non immaginavo. Non si sa niente su di te apparte che hai un cervello da paura. Di solito ci sono voci di corridoio sugli altri studenti, ma su di te mai niente- si avvicinò anche lui alla libreria e mi continuò a parlare.

-tu credi alle voci di corridoio?- mi scappò un leggero sorriso che spensi subito e mi allungai sulle punte per raggiungere la mensola dove riporre il quaderno.

-dipende quanta probabilità ci sia che la cosa possa essere vera- mi spiegò seguendomi fuori dal salone.

-e in base a cosa la calcoli questa probabilità?- lo guardai e cominciai a scendere le scale che portavano alla porta di casa.

-con l'istinto- disse convinto e la cosa mi divertii. Era così serio che quasi potevo credergli.

-non c'è molto da sapere su di me- rivelai e mi fermai su un gradino dove mi fissò a lungo con i suoi occhi scuri.

-ti piace rimanere nell'ombra- alluse ironico e raggiunse l'ingresso dietro di me.

-decisamente. La luce non fa per me- serrò la mascella e mise in risalto le sue vene. Era molto più alto di me e aveva indubbiamente il fisico di un calciatore.

-magari un giorno mi farebbe piacere sapere quel poco che c'è- aprii la porta e lui si fermò davanti l'entrata. Voleva sapere di me.

-forse, un giorno, un giorno lontano- non mi confidavo con nessun'altro che non fosse mia madre o Patty, e soprattutto non sperperavo le mie questioni personali ai miei compagni di classe con la quale scambiavo poche parole. Per questo gli altri sapevano il giusto e indispensabile su di me.

-grazie per avermi aiutato- disse con un piedi davanti a me.

-ti faccio sapere quando venire un'altra volta- lo salutai e mi chiusi la porta di casa alle spalle appoggiandomi contro, per poi tirare un grosso sospiro.

-ho socializzato- dissi tra me e me quasi incredula.

Avevo passato tre ore con un mio coetaneo senza rispondere troppo male, o ferire nessuno. Chissà perché proprio con lui?.

Mirada | Fermín López MarinDove le storie prendono vita. Scoprilo ora