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Emilia

2 anni prima

Quella mattina quando l'autista mi lasciò davanti scuola, la giornata sembrava abbastanza soleggiata, quindi il mio maglioncino non sarebbe stato tanto d'aiuto.

Presi posto sulla mia solita panchina, e con la mia iqos alla mano e le cuffiette alle orecchie, mi misi a leggere un libro che avevo cominciato ieri sera.

-Emilia- "la combi Versace" di Rosalia venne sovrastata da una voce al mio fianco e quando mi voltai, vidi Fermín che stava per sedersi alla mia destra. Durante la scorsa settimana avevamo fatto altre lezioni in cui c'erano sempre dei punzecchiamenti che mi divertivano, anche se non lo mostravo.

Mi sfilai le cuffiette e le riposi nella custodia con grande rammarico. Il mio momento di pace era stato interrotto, ma stranamente non gli sbraitai contro.

-ei- feci un cenno con la testa e portai la sigaretta elettronica alla bocca.

-sei sola?- mi guardai intorno e poi mi voltai per tornare con gli occhi su di lui.

-vedi qualcun'altro?- alzai le spalle e trattenni un sospiro.

-scusa se volevo fare conversazione- si imbronciò e stese le gambe sul muretto difronte la panchina.

-non mi piace parlare di prima mattina- risposi alla sua provocazione e chiusi malvolentieri il libro che avevo in mano.

-se vuoi leggere ti lascio in pace- alzò le mani facendo il colpevole, credendo di intenerirmi, ma io restai con la mia espressione e presi un'altro tirò dall'iqos.

-avresti dovuto pensarci prima, ormai hai già fatto- tirai le ginocchia al petto e mi raggomitolai in me.

-mi stai dando il via libera per parlarti?- mi guardò sotto le sue ciglia ed io non dissi niente.

-d'accordo. Perché non sei con i tuoi compagni di classe?- domandò ed incrociò le gambe per potermi osservare meglio.

-perchè non mi piace parlare di mattina... non hai niente di meglio da chiedere?- sbuffai e feci cascare le braccia lungo il busto.

-che antipatica, non voglio più parlarti- incrociò le braccia al petto offeso e la scena mi divertì parecchio. Aveva un modo travolgente di scherzare, che quasi catturava anche me.

-chissà adesso chi te la spiegherà chimica- scrollai le spalle e lo vidi poggiare le gambe a terra.

-andiamo! Giochi sporco- esclamò triste del suo piano rovinato dal mio realismo.

-non mi piace nemmeno giocare- alzai le sopracciglia e quando sentii la sigaretta vibrare, tolsi la heets da dentro e la gettai nel portacenere poco distante dalla panchina.

-e allora si può sapere che ti piace?- chiese esasperato, ed io ci pensai un po' su.

-la notte, tutti stanno zitti e posso leggere in santa pace- risposi seria ma la sua espressione era opposta. Non sembrava la frase che voleva sentirsi dire.

-che allegria- si alzò dalla panchina e si infilò le mani nella tasca del suo giubbino.

-ora sparisci prima che ti tiri dietro un libro di chimica- lo minacciai e lui rise divertito mentre masticava una gomma.

-ci vediamo- mi salutò e lo vidi entrare a scuola, insieme agli altri dato che era suonata la campanella.

Ero solita entrare cinque minuti più tardi così da trovare i corridoi vuoti e non dovermi ritrovare appiccicata ad altra gente.

Quando suonò la campanella dell'ultima ora, uscii dalla classe e raggiunsi il parcheggio per entrare nell'auto di Hugo, l'autista di mia madre e fare ritorno a casa.

Misi nello stomaco solo un toast e una metà di una barretta al cocco, e subito mi misi a studiare. Verso sera andai in salone dove cominciai una nuova serie, evitando la cena e bevvi una camomilla calda accucciata sotto al plaid di pile.

Terminato il secondo episodio di quella serie, mentre stavo per avviare il successivo, sentii una notifica provenire dal mio telefono e quando lo accesi vidi un messaggio di Fermín.

Affacciati

Aprii la grande finestra del salone e quando mi sporsi vidi Fermín appoggiato alla sua macchina davanti casa mia.

-che ci fai qui?- chiesi stupita e lo vidi sorridere furbo.

-scendi- urlò per farsi sentire, ed io mi appoggiai con i gomiti al davanzale.

-ma sei pazzo? è mezzanotte passata, e sono in pigiama- gli indicai le mie condizioni.

-e allora? Hai detto che ti piace la notte, e ti prometto che non parlerò- il mio cuore perse un battito a quelle parole. Era venuto lì solo per portarmi in auto di notte.

-sei insopportabile- dissi divertita e scossi la testa, incredula di fronte al suo gesto.

-quindi, ci vieni? mezz'ora e ti riporto a casa- mi pregò ed io restai qualche secondo a pensarci.

-d'accordo. Dammi due minuti- lo avvisai per poi chiudere la finestra e precipitarmi in camera mia.

Infilai i vestiti che avevo messo quella giornata e mi coprii dal freddo con il mio North Face, misi le snickers e senza preoccuparmi dello specchio scesi di corsa le scale ed afferrai il mazzo di chiavi.

Uscii di casa e lo ritrovai ancora lì. Mi avvicinai a lui e vidi il suo volto rilassato.

-prego- mi fece segno di entrare in macchina, e così feci.

-che stavi facendo?- domandò ed uscì dal cancello di casa, per poi entrare nel pieno di Barcellona che era viva ad ogni ora.

-guardavo la TV, tu non avevi altro da fare?- incrociai le braccia al seno e mi strinsi nel mio giubbotto.

-anche se non lo ammetti, lo so che sei contenta che sono venuto- ed era la verità. Ora stavo proprio bene, e non capivo il perché.

-però avevi promesso che saresti stato in silenzio, a me non sembra- gli ricordai e lui si fece serio.

-va bene, sarò muto come un pesce, posso almeno mettere la musica?- alzò le mani dal volante per qualche secondo e poi tornò a farle scivolare su di esso. Seguii i suoi movimenti ed un brivido mi percosse.

-solo se ascolti della bella musica- mi passò tra le mani il suo telefono con la sua playlist già collegata all'auto. Trascinai l'indice sullo schermo per vedere tutte le canzoni.

-beh... sulla musica purtroppo non ho nulla di ridere- c'erano canzoni di Quevedo, Bad Bunny, Morad, Eladio Carrion, e Myke Towers. Tutti cantanti che ero solita ascoltare, ad eccezione di Rosalia che era la mia preferita in assoluto.

-finalmente- affermò contento della cosa e feci fatica a trattenere una risata.

Dopodiché continuò a girare per la città, mentre in macchina si sentiva solo la musica ed io ero in pace. Ogni tanto si voltava per guardarmi, ed io spostavo gli occhi imbarazzata. Non avevo idea di cosa mi stesse succedendo, lo conoscevo da un paio di settimane e sembrava mi stesse completamente scombussolando.

Quando mi riportò a casa era quasi l'una ed io sentivo una stanchezza addosso incredibile.

-Fermín- lo richiamai prima di scendere dalla macchina e lui mi guardò in attesa che parlassi.

-grazie, sono stata bene- dissi e mi abbottonai il giubbino prima di essere colpita dal freddo che c'era fuori.

-figurati, buonanotte- mi salutò con un'occhiolino ed io scesi dalla macchina.

-buonanotte- chiusi lo sportello e andai verso il portone per rientrare in casa.

Mi addormentai con il cuore a mille ed un grande sorriso sulle labbra.

Mirada | Fermín López MarinDove le storie prendono vita. Scoprilo ora