03.

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Miya

Quella notte Kiyoomi aveva deciso di prenderlo appoggiato al muro. Atsumu stava camminando tranquillo nel corridoio del secondo piano quando il vampiro gli si era avvicinato. Gli aveva accarezzato il collo e il ragazzo aveva capito. Atsumu aveva esposto la giugulare, poi con un paio di passi Sakusa lo aveva spinto verso la parete, ed era lì, adesso, che si stava dissetando con il suo sangue.

Dopo un anno e mezzo, Miya non poteva ancora dire di essersi abituato. I denti che gli scavavano la carne maltrattata facevano male adesso come avevano fatto la prima volta. C'erano volte, come quella, in cui il vampiro si faceva più irruento. In tali occasioni mordeva ripetutamente lo stesso punto, allargando i fori sul suo collo per permettere al sangue di sgorgare più in fretta. Sebbene più rapido, Atsumu odiava quel metodo, quindi – in quei frangenti – tentava di capire cosa scatenasse quella frenesia in Kiyoomi così da poterla evitare. Inizialmente aveva pensato fosse dovuta a una maggiore sete, ma quegli attacchi più vivaci di raro coincidevano con un periodo di magra nel quale il vampiro aveva dovuto trattenersi dal bere per una ragione o per un'altra.

Privo di idee, a Miya non rimaneva che chiudere gli occhi, afferrare con forza le vesti del corvino e provare a resistere. Sapeva che dimenarsi avrebbe solo aumentato il suo fastidio, quindi tentava di non farlo. Sakusa – come spesso avveniva – gli mise una mano sulla nuca e con quella iniziò ad accarezzarlo placido, forse tentando di calmare il suo battito accelerato. Atsumu cercò di non pensare al suo sangue che lo abbandonava, ma – con la testa sempre più vuota – non riuscì a trovare altro che lo distraesse se non il corpo del vampiro. Kiyoomi lo teneva ferreo con un braccio intorno alla sua vita, ma esso era superfluo, perché la sua massa – pesante e forte – lo inchiodava per intero tra se stesso ed il muro freddo. Le loro gambe erano intrecciate, i riccioli scuri di Sakusa gli solleticavano la guancia; Atsumu sentì gli artigli dell'altro sfiorargli l'attaccatura dei capelli e quel tocco leggero lo fece rabbrividire. Poi, le dita dell'altro si immersero nella sua chioma dorata e da lì iniziarono a massaggiargli la cute. Il ragazzo si concentrò su quelle carezze, felice di avere su di sé quella pressione delicata. Inspirò profondamente ed il suo cuore – che fosse per la ritrovata calma o per la mancanza sempre più importante di sangue – iniziò a battere più lentamente. A un certo punto, forse calmatosi anche lui, Kiyoomi ritirò i denti e continuo a succhiare con le sole labbra. Quando sospirò soddisfatto, rinfrescandogli la pelle con il suo respiro, Miya seppe che aveva finito. Gli pulì parte della ferita con una lappata, poi afferrò il suo fazzoletto da taschino, si asciugò le labbra e poi si occupò di lui.

Il ragazzo sapeva cosa sarebbe venuto dopo, e se mesi prima vi si opponeva, adesso – quasi – non aspettava altro. Kiyoomi gli prese la mano e lo guidò verso la superficie più comoda nei paraggi, che spesso coincideva con il suo letto, ma che stavolta toccò essere il divanetto della sala del pianoforte. Confuso come gli accadeva sempre di essere dopo un pasto di Sakusa un po' più abbondante, decise di abbandonarsi alle braccia del vampiro. Questi si stese insieme ad Atsumu e – comodo – gli permise di riprendersi mentre le sue mani lo viziavano. Il ragazzo era sempre stato una persona bisognosa d'affetto. Osamu l'aveva spesso preso in giro per quello, e sebbene Atsumu non avesse mai mancato di contraddire sul fratello, quello che l'altro aveva sempre affermato era vero. Il suo rapporto con Sakusa era complicato e tutt'altro che sano, tuttavia le premure che gli riservava il vampiro dopo ogni pasto erano quanto di più vicino Atsumu potesse avere all'affetto umano e – dopo tanti mesi in isolamento – gli dèi soltanto sapevano quanto ne sentisse il bisogno. Piano ma inesorabilmente, la sua mente fu persuasa ad associare il dolore del morso al piacere delle coccole. Miya aveva solo una vaga idea di quanto ingarbugliata dovesse essere la sua testa, ma conscio del fatto che non avrebbe mai lasciato quel castello né mai più stretto rapporti di alcun tipo con altri esseri viventi, decise di non combattere quelle sensazioni per godersi – là dove poteva – quell'affetto strano e malato che Kiyoomi era in grado di dargli.

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