05.

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Sakusa

Dopo la partenza dei tre vampiri – e soprattutto la dipartita del quarto – la vita di Kiyoomi e Atsumu riprese più serena di prima.

Il vampiro iniziò ad essere sempre più indulgente con l'umano; il brutto episodio avvenuto con Inubushi, e più in generale l'ansia che aveva attanagliato il suo stomaco durante tutta la permanenza dei suoi ospiti non invitati, gli aveva fatto capire quanto tenesse a Miya. Voleva che il biondo stesse bene e che fosse felice, e sapeva perfettamente che il ragazzo avrebbe potuto essere entrambe le cose semplicemente lasciando che tornasse a casa da suo fratello, tuttavia il vampiro non era ancora pronto a rinunciare a lui; non voleva dirgli addio, e se lo avesse liberato non era sicuro che Atsumu sarebbe stato felice di continuare a ricevere le sue visite. Invece, rimanendo in quel castello gli occhi del biondo brillavano non appena incrociavano quelli di Kiyoomi, le sue guance si coloravano di contentezza e il suo viso si apriva in un meraviglioso sorriso. Sakusa era consapevole di essere egoista, ma pur di tenere Atsumu con sé era pronto a fare i conti con la propria coscienza. A volte il ragazzo si adombrava, triste di essere tenuto in gabbia o arrabbiato di non possedere più il libero arbitrio, ma Kiyoomi, in qualche modo, riusciva sempre a farlo tornare di buonumore, dunque iniziò a ripetersi che Miya con lui era felice e che stava bene mettendo a tacere qualsiasi altro pensiero.

Un giorno, rientrato da una delle sue passeggiate notturne, il vampiro gli regalò un orologio da polso. Spesso Atsumu si era lamentato di perdere la cognizione del tempo, così Sakusa aveva voluto rimediare. Con l'orologio il corvino gli diede anche un calendario, gli indicò ora e giorno esatti ed insieme passarono il resto della giornata a ricaricare e sistemare tutti i pendoli presenti nel castello.

Iniziò persino a portare Atsumu fuori. Si fece convincere immediatamente quando il biondo glielo chiese; quasi ogni giorno aspettavano che le ultime luci del sole sparissero e poi uscivano dal portone per vagare nella steppa circostante.

Aprirono e spolverarono la mansarda, e lo fecero loro due personalmente, uno urlando per gli insetti e l'altro ridendo a crepapelle; comprarono un telescopio e iniziarono a studiare le stelle; dipinsero; fecero sport. Kiyoomi – chissà come – si fece persino convincere ad indossare il suo amato mantello giallo. Ringhiò alle risate di Atsumu, ma non era davvero arrabbiato. Vederlo con le gote arrossate dalle risate e gli occhi umidi di lacrime divertite non avrebbe mai potuto metterlo di malumore.

"Sta così male con tutto il resto!!" Urlò Miya non appena si fu ripreso quel tanto da poter riprendere a parlare. Sakusa aggrottò la fronte guardandosi alla bell'e meglio, impossibilitato com'era a specchiarsi. Indossava dei vestiti semplici: una camicia bianca dalle balze larghe, dei pantaloni neri più aderenti ed un gilet vinaccio che gli fasciava i fianchi.

"Non capisci niente." Disse convinto. "Questo mantello sta bene su ogni cosa." Fece ridere Atsumu più forte.

La loro vita non sarebbe potuta andare meglio. Miya gli permetteva persino di bere il suo sangue. Sakusa non mancava più di chiedergli se andasse bene, ma l'altro non si era mai sottratto.

Tutto era perfetto e Kiyoomi avrebbe fatto in modo che lo rimanesse: avrebbe tenuto Atsumu sotto la sua personale teca di vetro, lontano dal mondo, lontano dal pericolo e da ogni strana influenza che potesse convincerlo a non interagire più con Kiyoomi. Se ci aveva messo una settimana a cacciare gli ultimi quattro attentatori di quell'idillio, si ripromise che semmai qualcuno avesse riprovato a disturbarli la vita di questi sarebbe finita in pochi attimi.

Stranamente, l'occasione si ripresentò abbastanza presto. Erano passati solo quattro mesi da quando i membri del suo vecchio nido avevano lasciato il castello quando un nuovo piccolo manipolo di scocciatori invase la loro pace. Era giorno quando lo fecero e, a differenza dei quattro vampiri di Itachiyama, i nuovi visitatori non provarono neanche per un attimo ad usare la diplomazia. Chiunque fossero, erano umani e pur di mettere piede nel maniero stavano usando un ariete. Kiyoomi e tutti i suoi servitori si limitarono ad osservare la porta che cigolava sotto i duri colpi degli invasori da una certa distanza di sicurezza, e più in particolare dal punto in cui sapevano che – in caso di sfondamento – la luce del sole non sarebbe mai potuta arrivare. Sarebbe stato facile per loro rinforzare la porta, ma non lo ritenettero necessario; chiunque ci fosse dietro quell'attacco si stava scavando la fossa a suon di colpi d'ariete. Dopo circa due ore che gli uomini sconosciuti lavoravano, Sakusa si rese conto di esserne quasi divertito. Ormai, grazie ad Atsumu, lo svago non gli mancava, ma scoprì fargli davvero molto piacere avere l'occasione di entrare in azione. Decise che si sarebbe divertito, per nulla spaventato ma quanto piuttosto eccitato all'idea di scoprire che grosso numero di essere umani avrebbe invaso (o quantomeno provato ad invadere) il suo castello.

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