V. 𝑰'𝒅 𝒓𝒖𝒏 𝒂𝒘𝒂𝒚 𝒂𝒏𝒅 𝒉𝒊𝒅𝒆 𝒘𝒊𝒕𝒉 𝒚𝒐𝒖

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" Io so che cosa senti quando guardi il mare, lo associ al
tuo dolore che non ha una fine."
- Quel filo che ci unisce ( Ultimo )

VICTORIA

Mi avvicino al bancone, siamo ormai in orario di chiusura e non c'è più nessuno.
Ben sta pulendo dei bicchieri quando mi nota
«ehi tesoro stai bene? ti vedo  strana, cosa succede?»mi chiede notando subito il mio sguardo
«nulla Ben sono solo stanca, ho bisogno di bere» dico onesta, ho bisogno di dimenticare il suo sguardo sul mio corpo.

Ben mi prepara uno shot di vodka e io lo bevo tutto in un sorso

« Vick...» mi chiama Ben
«dimmi Ben» rispondo alzando lo sguardo
« ma quello era Aaron...Davis?» mi chiede
« si» rispondo capendo subito la sua preoccupazione
« non è quello che ha ucciso tuo padre e i tuoi fratelli?» chiede ancora
« non siamo sicuri se sia stato lui o suo padre a dare l'ordine, è per quanto vorrei odiarlo è meglio averlo dalla nostra parte» rispondo
« mi fido di te solo...sta attenta ok?» mi dice guardandomi negli occhi e io annuisco.
« allora? hai scelto il costume per halloween?»
chiede sedendosi sul bancone e riempiendosi un bicchierino con della tequila.
« oh si. Ti stupirò, fidati» dico ridendo leggermente e lui mi guarda stranito
« Tu, Victoria Reed, mi fai paura» dice ridendo subito dopo.
«fai bene» sento una presenza dietro di me e automaticamente Ben si irrigidisce, mi giro lentamente e...Aaron, ancora lui.
Ha due caschi in mano e lo guardo confusa
«allora? volevi divertirti no?» dice porgendomi uno dei due caschi e lo prendo
«vediamo che sai fare Davis» dico seguendolo  

Usciamo e ci dirigiamo verso la sua moto
«dove stiamo andando?» chiedo diffidente
« è una sorpresa» dice alzando un angolo della bocca
« e chi mi garantisce che non mi ucciderai?» chiedo
«io» risponde alzando le spalle e io gli tiro un occhiata poco amichevole
«fidati di me, Nemesi» dice avvicinandosi a me
«la smetterai mai di chiamarmi così? Sei irritante» dico e lui ride facendo comparire le sue fossette
«dai, sali fa presto» dice salendo in sella alla moto e io lo seguo a ruota.
Lego le braccia intorno al sul busto e lui mette in moto partendo.

Stiamo girando per le strade di Miami per arrivare non so dove.
Ad un certo punto Aaron mette la sua mano sulla mia e inizia ad accarezzarla con movimenti distratti.
«concentrati sulla strada, non voglio morire per colpa tua» gli dico prendendolo in giro.
«tranquilla, posso fare anche due cose contemporaneamente» dice alludendo e io rido.

Dopo un po' di tempo ferma la moto in una strada abbandonata e scendiamo.
Percorriamo un viale a piedi fino ad arrivare ad una distesa di terreno abbandonato con a pochi metri da esso una  piccola spiaggia  privata meravigliosa.
Mi tolgo immediatamente gli stivali col tacco e appoggio i piedi sulla sabbia fresca e corro spensierata verso il mare.
« perché siamo qui?» gli chiedo sbalordita
« cosa ci costruiresti qui?» dice indicandomi il pezzo di terreno alle nostre spalle.
« non so, una casa?»rispondo
annuisce e si incammina verso il terreno, io mi rimetto le scarpe e lo seguo. Prende un ramo e comincia a disegnare a terra.
« ma cosa stai facendo?»
« sto progettando una casa» dice con tono ovvio
« sai, sono laureato in architettura, ma non ho mai continuato. Quando mi suono laureato ho dovuto prendere le redini dell'impero di New York » dice
«tu come la faresti?» mi chiede
Prendo un ramo e comincio a disegnare a mia volta sul terreno
« qui ci farei un grande salone, con il pavimento di marmo, tavolo di cristallo. Un divano gigante e un televisore enorme.» dico disegnando un grande rettangolo sulla terra.
« qui, invece, ci farei la cucina.  Rossa.» traccio un altro rettangolo.
« al piano di sopra ci farei le camere. Le camere dei bambini, un bagno e poi... una camera da letto, gigante, tutta scura, con il pavimento di marmo nero. I bagni in camera e infine una cabina armadio immensa.»
«e fuori deve essere una villa gotica con le facciate nere. Questo.»
« tu come la faresti?» gli chiedo
« aggiungerei solo una stanza » dice tracciando un'altra linea accanto al rettangolo della "camera da letto."
« quale?»
« una camera...speciale...» dice con tono malizioso
Annuisco e non faccio domande, per la mia incolumità...
« pensandoci aggiungerei anche una stanza dedicata alla libreria»
« "a che scopo viviamo, se non per essere presi in giro dal nostro prossimo, e divertirci a nostra volta alle sue spalle?"» cita
Faccio una smorfia di negazione
« Jane Austen, sul serio? Troppo scontato» dico
« " chi mai amò che non abbia amato al primo sguardo?"»
Nego ancora col capo riconoscendo la citazione
« Shakespeare,  Troppo semplice » dico
« non è Jane Austen e nemmeno Shakespeare, chi è allora il tuo poeta preferito?» mi chiede arrendendosi.
« " ho più simpatia per il diavolo che per la gente brava. Mi sembra più interessante." La riconosci, Davis?» gli chiedo
« " le donne sono creature intelligenti. Sanno come regolarsi. Il più delle volte sono gli uomini a crollare; sono gli uomini a saltar giù dal ponte." Bukowski, come farei a non conoscerlo.»
« e tu Davis, sei uno che salterebbe giu da un ponte?» chiedo e lui mi guarda intensamente con i suoi tizzoni ardenti. Sento la mia pelle bruciare sotto il suo sguardo.
Si avvicina a me.
« se ne valesse la pena...si. Lo farei  senza battere ciglio per la persona che amo» mi sussurra all'orecchio
« e  tu lo faresti, Victoria?» chiede ad un soffio dalle mie labbra
« No, non lo farei per nessuno. Non ne vale la pena.»
« non c'è nessuno per il quale ti butteresti?»
« no, nessuno » a dire la verità qualcuno c'è: Nick. Ma lui  questo non deve saperlo.
Lui mi guarda intensamente e poi si allontana tornando al disegno
«come la faresti la libreria?» chiede
«tutta nera, con una grande vetrata alta fino al soffitto che affaccia sul mare» dico
«potresti essere architetto» dice alzando lo sguardo su di me
«sono laureata in giurisprudenza, l'architettura non fa per me» dico sedendomi per terra, lui mi imita
« e il Daemonium? Chi l'ha progettato?» chiede
« io e i miei fratelli, quando avevo sei anni...io ero la mente e Henry le braccia. Io dicevo e lui disegnava. Aveva sempre avuto la passione per il disegno, era davvero bravissimo. Difatti faceva architettura all'università,  ma poi... sappiamo tutti come è andata.» dico sdraiandomi e iniziando a guardare le stelle
« le conosci?» chiede Aaron sdraiandosi accanto a me
«cosa? Le stelle?» chiedo e lui annuisce al mio fianco
«quella è Rigel, da quel lato Bellatrix e poi lì c'è Antares» dico indicando alcune delle stelle
« e Sirius? Dov'è?» chiede e io gliela indico
« proprio lì» dico e giro il volto verso di lui.
« posso farti una domanda?»
Annuisce.
« perché mi chiami Nemesi. È legato al mio secondo nome?»
« il tuo  secondo nome?» annuisco
« si, il mio secondo nome. Il mio nome completo è: Victoria Nemesi Reed.»
« non sapevo che Nemesi fosse il tuo nome, ma sin dalla prima volta che ti ho vista al porto, avevi quest'aura scura dietro di te, e quando ti ho vista quasi sbraitare contro Ferrara...beh ho pensato a questo nome.
Nemesi è vendetta. Tu sei vendetta.»
« mhh ci hai preso. Penso che tu abbia appurato che io mi vendico sempre.»
« andiamo, ti accompagno a casa. Si è fatto tardi.»
« si » dico
Ci alziamo e ci dirigiamo verso la sua moto.
Mi metto il casco  e salgo dietro di lui.
Arrivati davanti alla mia villa. Una villa gotica, con le facciate bianche e colonne corinzie a sostenere il porticato.
« vuoi entrare, ti offro qualcosa da bere?» dico senza pensarci. Cazzo. La mia maschera sta cadendo sempre di più con lui.
« ti sei convertita? Da che hai accettato il mio invito a bere qualcosa " sotto sforzo " ora mi inviti a bere qualcosa di tua spontanea volontà.»dice
« avanti Davis, non ci girare intorno. So che muori dalla voglia di accettare. »
« accetto. »
Scendiamo dalla moto ed entriamo.
« ehi, Nick, sono tornata.» urlo dal soggiorno.
« Vicky. Oh mio dio, finalmente sei tornata. Mi hai fatto preoccupare molto. Dimmi cosa è successo.»
« Niente di importante. Abbiamo esagerato un po' con la tequila e ci siamo fermati in un hotel.»
« potresti dire Margot di portarci due scotch, giu nella camera nera?» dico
« certo. » annuisce e torna in cucina.
Mi giro verso Aaron e gli faccio cenno di seguirmi con la testa.
« " stanza nera "- ripete le mie parole - cos'è, vuoi uccidermi?»
« mai dire mai, Davis.» dico aprendo la pota.

AARON  

Davanti a noi si presenta una camera con tutte le pareti dipinte di nero, un pavimento di marmo nero con le striature grigie.
Davanti a noi sono disposti una decina di bersagli di metallo, una parete fatta di mensole con sopra armi di tutti i tipi. Pistole,fucili d'assalto, M16, granate e tanti proiettili. Di fianco c'è un mobile con sopra delle cuffie e dei gubbini  antiproiettili.
Victoria entra nella stanza e apre un'altra porta che conduce alla palestra.
Un'enorme stanza nera con un pavimento di parquet.
Al centro della stanza pende un sacco da boxe rosso e ai lati della stanza ci sono vari attrezzi.
« ti va di fare due tiri?» mi chiede. Cazzo. Anche quattro.
Annuisco .
Victoria comincia ad alzarsi le maniche della tuta rivelando quelle bende bianche che comincia a srotolare per mettersi i guantoni del medesimo colore del sacco.
Io mi tolgo la camicia per essere più fluido nei movimenti. Sento i suoi occhi ardenti sulla mia schiena ricoperta di cicatrici ormai sbiadite, ma non per questo meno evidenti.
« come mai hai quei tagli, Davis?» mi irrigidisco.
Si avvicina a me e solo ora riesco a notare cos'ha sotto ai guantoni, sulle braccia.
Ecco cosa nascondeva sotto le bende...
Ha dei tagli profondi. Alcuni già sanati e alcuni ancora freschi.
« come mai hai quei tagli sulle braccia, Reed?» dico attirandola a me per il polso, facendola scontrare contro il mio petto.
«fatti i cazzi tuoi, Davis.»
«fatti i cazzi tuoi, Reed.»
Sta per rispondere quando bussano alla porta e ci interrompono.
« avanti. » dice e una signora di mezza età entra nella palestra.
« i suoi bicchieri, signorina Reed »
« grazie, Margot. Appoggiali pure lì.» le dice
La cameriera annuisce e posa i bicchieri di scotch sul mobile accanto alla porta.
Victoria si toglie i guantoni e va a prendere i due bicchieri e me ne porge uno.
«facciamo una sfida. Un combattimento corpo a corpo. Senza guantoni.»
« se vico, voglio un bacio.» dico
« un bacio?! Ma sei impazzito, ti è andato di volta il cervello?»
« queste sono le mie condizioni. Se vinco voglio un bacio.» dico bevendo e finendo tutto il bicchiere ci scotch.
« e va bene, ma se vinco io...-dice mentre si porta il pollice e l'indice sul mento con fare pensieroso, finto ovviamente- se vinco io voglio che tu sparisca dalla mia vista. Non voglio più averti intorno.»
« affare fatto.» dico porgendole la mano che lei stringe all'istante.
Ammetto che è stato brutto sentirselo dire, ma ho accettato.
Ahhh l'orgoglio...è sempre stato la peggior arma di difesa.

SPAZIO AUTRICE:
Cari lettori,
so che avete atteso molto, ma ecco a voi il quinto capitolo.
Spero che vi piaccia.
🖤

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