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𝐕𝐄𝐑𝐈𝐓𝐀' 𝐒𝐂𝐎𝐌𝐎𝐃𝐄


Falkor si era preparato a gestire la questione con la regina, da solo. Tutto ciò che gli era rimasto dell'attacco subito dal demone era un taglio che gli si stava cicatrizzando sul braccio, appena sotto alla spalla. Lottando contro l'impulso di buttare giù la porta, si diresse verso il tavolo e si scolò del vino direttamente dalla caraffa.

Gli si strinse il cuore quando, una volta poggiato il bordo appiccicoso del recipiente sulle labbra, l'ombra ingente del Greendragon gli giunse di fianco. Fu come un pugno allo stomaco, ma decise di non dire nulla.

«Bere non ti servirà a calmare la collera» tuonò il Greendragon con un tono amichevole ma severo.

Falkor posò la caraffa e lo fulminò con uno sguardo carico di ira. «E chi sei tu per dirlo? Sei forse un modello di temperanza? Non credo proprio.»

Aryon si sforzò di sorridere. «Va tutto bene, amico mio. Jylin è viva, hai sentito? Mia sorella sta bene, con qualche intoppo, ma sta bene. Ora rallegrati, le nostre pene sono finalmente finite» gli tirò una pacca sulla, vedendolo sbandare insieme alla caraffa. «Non appena sarà nelle condizioni di potersi alzare, daremo una festa in suo onore e vedrai che...»

«... Una festa» lo interruppe il Generale. «Pensi davvero che sarà una cazzo di festa a farle tornare la voglia di vivere? Svegliati, Aryon, tua sorella non sarà più la stessa, Majra ha ragione.»

«Mai, le hai appena detto...»

Il Generale gli parlò sopra una seconda volta. «Cosa avrei dovuto fare? Starmene in disparte, mentre parlava di lei in quel modo?»

«Senza magia, gli orchi non la troveranno» disse Elysian in tono esitante. «Questo è forse un bene.»

Falkor spostò lo sguardo sulla porta chiusa alle spalle del servo e i suoi occhi si venarono di rosso. Era ancora lì? Com'era possibile che non se ne fosse ancora andato? Si voltò del tutto e rivolse la sua attenzione al moro, stringendo la mascella. «Non dovresti essere fuori da questa stanza, per dare il cambio alla maledetta guardia?» gli chiese.

Elysian impallidì. «Avete ragione. Io-io vado, allora.»

A quel punto, anche Aryon lo fissò. «Ne hai mai visto uno?» chiese, prima che egli si dileguasse.

Elysian si voltò di scatto. La domanda era poco chiara. «Di grazia, a cosa vi riferite?»

«Ai demoni. Ne hai mai visto un in vita tua, o ne hai solo sentito parlare?»

Il servo lo guardò, sbattendo le palpebre sorpreso. «Mai. Non ho mai visto demoni, soltanto orchi» non ricordava l'ultima volta che qualcuno glielo avesse chiesto. Forse era stata proprio Andreina a farlo, o forse nessuno.

«Questo è parecchio strano, signor Daggerram» Aryon non sembrava affatto convinto.

Elysian si stupì che il Greendragon conoscesse il suo cognome, non molti erano così furbi da fare ricerche sul suo passato, visto e considerato che di un passato, essenzialmente, non c'era traccia. «Che significa?» gli chiese, ammiccando un'espressione esitante.

«I tuoi genitori sono cacciatori di orchi, ma hanno ucciso anche dei demoni, era il lavoro che li aveva resi più celebri. Come puoi tu non aver mai visto un demone?» gli obbligò a dare velocemente una risposta.

Elysian era come messo al muro. Sapeva che qualsiasi cosa avrebbe detto gli si sarebbe rovesciata contro. «Mi dispiace» proferì, esibendo uno sguardo attento. «Non ho mai visto nulla del genere. Non so come sia fatto un demone» mentì, e aggiunse: «Credo che i miei genitori...»

«Voglio sapere cosa credi tu. Di quello che pensavano loro poco mi importa, ora» disse Aryon, annoiato. Il suo viso si stava pian piano riempiendo di nuove linee nere, questa volta però erano molte di più rispetto a quelle di prima.

«Nulla. Non posso parlare di una cosa che non ho mai visto.»

«Non avevi detto che era ovvio il suo comportamento? Il modo in cui uccideva le persone. Hai detto che era facile presupporre fosse un demone, come facevi a saperlo se non ne hai mai visto uno?» insistette il principe.

Elysian distolse lo sguardo non appena si accorse che gli occhi di Aryon erano diventati di un blu intenso, quasi innaturale. «Non lo so.»

«Questa non è la verità!» gridò, chinando poi il capo.

Ci vollero alcuni minuti prima che si rendesse conto di quanto stava accadendo. Non gli era mai successo di perdere così tanto il controllo. Non contro uno dei suoi servi. Serrò le labbra e gli diede le spalle, portandosi le mani tremanti sul viso e avvertendo un calore feroce che gli bruciava sulle guance.

Non fece in tempo a rivolgere le sue scuse a Elysian, che le trombe di palazzo iniziarono a strimpellare. Falkor si precipitò a vedere perché diavolo si erano messi a fare quel baccano.

A irrompere nel regno c'erano i reali di Galdor, seguiti a ruota da un numero spropositato delle loro guardie, dei servi e da una decina di cavalieri. Al vertice di quell'ammasso di elfi, in groppa ai loro cavalli, il re Dairon di Galdor e suo figlio, il principe Cirdan, li stavano guidando. Di una sovrana non vi era traccia.

Vestivano abiti semplici, non c'era nulla di sfavillante o intimidatorio in loro. Niente che facesse pensare fossero dei cospicui reali, possessori delle gemme più arcaiche.

Un brivido di coscienza scivolò lungo la schiena di Aryon, quando si rese conto che quell'uomo era il nuovo pretendente di sua sorella. Era arrivato con l'intenzione di sposarla, ignaro della sua condizione che le impediva di concepire.

Improvvisamente si sentì fissato, ed era così. Cirdan di Galdor lo stava guardando.

FIGLIA DEL FUOCODove le storie prendono vita. Scoprilo ora