5. Volte in cui ho avuto bisogno di un terapista

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Così decretarono gli dei.
Che, nel perdersi, ciascuno
potesse ritrovare se stesso.
Omero, Odissea (VIII-VI sec. a.C.).

Coco
1 Maggio '23

Non sapevo che mettere.

Nella mia cabina avevo sempre avuto un armadio tutto mio, colmo di abiti di ogni genere, a cui attingevo ogni estate. Ma mi resi conto che forse era passato un tantino in più di tempo, perché la stoffa dei vestiti era ricoperta di stampe floreali e di personaggi dei cartoni animati Disney, dei leggings con grafiche di galassie e magliette che non sarebbero entrate neanche ad una bambola.

Lo avevo fatto presente ad Agnes - che per convincermi a restare sullo yacht aveva assicurato che mi avessero procurato tutto quello di cui avevo bisogno. E si era appena presentata nella mia cabina con una sfilza di pellicce di montone, crop top tigrati e minigonne di jeans anni '2000.

«Stai scherzando, spero» gracchiai, mentre buttava il suo bottino sul mio letto. Fissava soddisfatta il suo operato, con le mani sui fianchi e una maschera all'aloe vera spalmata sul viso.

«Perché? I miei vestiti ti calzeranno un po' stretti forse» mormorò, fissandomi i fianchi; mi coprii istintivamente, stringendomi nell'accappatoio «ma almeno ti valorizzerai un po'. Quando sei arrivata qui, puzzavi di caffè macchiato e avevi un grembiule strappato e macchiato di materiale di dubbia provenienza» storse le labbra ed io sbuffai.

«Ero di ritorno da lavoro! E tu mi avevi detto di avermi procurato dei vestiti. Stasera c'è la riunione, dovrei indossare un costume da Cenerentola taglia sette anni? Ci sono solo vestiti maculati qua sopra, questo è un problema» partii a camminare avanti e indietro per la cabina, bagnando il pavimento a causa dei capelli ancora gocciolanti.

«Il tuo culo sarebbe molto fiero della merda che sta uscendo dalla tua bocca» sbuffò impettita, afferrando una canottiera di frange beige e portandosela al petto come se fosse un peluche di infanzia; «tranquilla, bambina, la strega cattiva ha lo stesso gusto di Andrea del Diavolo veste Prada» sussurrò a quel pezzo di stoffa, come se io non fossi nella stanza.

Tornai verso di lei, afferrando il mucchio con cui mi aveva ricoperto il letto e gettandoglielo tra le braccia, facendola diventare una torre poco stabile di vestiti, da cui fuoriuscivano soltanto i boccoli ramati che ora ondeggiavano per la sua postura che tendeva all'indietro. L'afferrai per la schiena e la spinsi verso la porta della cabina, sull'uscio si voltò verso di me, un perizoma leopardato verde cadde dalla cima della pila.

«Che stronza» sbuffò, «non mi hai neanche chiesto com'è andata la mia giornata!».
Inspirai profondamente, con la mano sul pomello, pronta a sbattergliela in faccia.

«Com'è andata la tua giornata, Agnes?» sillabai, digrignando i denti.

«Oh, benissimo! Non è ancora morto nessuno e sono già le sette di sera» sorrise entusiasta.

Inarcai un sopracciglio.
«È questo il tuo standard di bella giornata?»
Ma non le diedi il tempo di rispondere che sbattei la porta con irruenza. Obiettò qualcosa oltre la parete sul fatto che fossi identica a mio padre ed io continuai a girovagare avanti e indietro per darmi una calmata.

Mi avevano portato contro la mia volontà su uno yacht grande quanto il Titanic o giù di lì, nel bel mezzo dell'Oceano Pacifico, con una criminale alle calcagna che mi rifilava lingerie maculate, cercando di convincermi a ritrovare mio padre che aveva abbandonato me e mia mamma quindici anni prima, perché altrimenti il destino della più grande combriccola di ladruncoli ribelli di Los Angeles sarebbe andato a puttane.

DEAR ENEMY - Amore, crimini e altri motivi per cui dovrei lasciare il paeseDove le storie prendono vita. Scoprilo ora