15 // Inseguimento

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Investigare era stata una pessima idea. Faceva freddo, si era fatto buio ed ero terrorizzata dalla possibilità che potessero attaccarci degli Adepti.
Per ora Ecate aveva dato l'ordine di non ucciderci, ma nulla impediva loro almeno di ferirci.

Allison mi restava vicina, reggendo il telefono acceso. Aveva un'applicazione che le permetteva di vedere in tempo reale dove si trovavano tutti i membri della sua famiglia.
Riuscivamo persino a vedere il pin colorato di sua zia proprio sopra il teatro The Brick.

Thomas era stato furbo: aveva spento il telefono nei pressi del cimitero dove si era tenuto il funerale.
Lo aveva fatto per depistarci.
Iniziavo a pensare che lui sapesse molto più di quello che voleva farci credere. O forse, sapeva anche più di noi.

Allison rabbrividì, esalando una nuvoletta di vapore caldo. Si strinse nel cappellino di lana e proseguì dietro uno svincolo.
Quando la sentii starnutire, la afferrai per il braccio, arrestando la sua marcia.

«Torniamo dentro, lasciamo perdere. Non vale la pena ammalarsi per questa stupidata. Continueremo le indagini un'altra volta»

Presi Allison per mano, riscaldandogliela. Si era dimenticata i guanti a casa: un altro motivo per tornare lì e interrompere quelle vane ricerche.

Il contatto le mandò in fiamme le guance. Era tutta rossa dall'imbarazzo, forse non avrei mai dovuto invadere il suo spazio, però aveva freddo!

«Siamo a venti minuti di camminata da casa tua» dissi sfilandomi i guanti di cotone. «Tieni, sei quella più freddolosa, mettili tu»

Avevamo più o meno la stessa altezza e la stessa taglia, i guanti potevano essere indossati anche da lei.
Rabbrividii quando il freddo mi punse le mani, così le misi in tasca per riscaldarmele.

Allison guardò i guanti come se fossero il Sacro Graal, poi, arrossendo sempre di più, se li mise.

«Mi dispiace, è stata una pessima idea» sussurrai trattenendo il tremore nella voce.

«I-investigare è... divertente» rispose lei con la sua vocina bassa. Si teneva a debita distanza, fissando i guanti.

«Lo è se non si rischia di ammalarsi. Fa troppo freddo la sera»

«S-sono solo le cinque del p-pomeriggio...» tremò.

«Ah. Caspita le giornate si stanno accorciando in fretta, mi sembrava già sera!» ridacchiai tra me e me per sfumare l'imbarazzo.

Con la coda dell'occhio notai un soggetto sospetto che attraversava la strada.
La camminata era lenta, pesante su un lato. Sembrava avesse qualcosa in tasca dal gonfiore che riuscivo ad intravedere.

Era un Adepto? Un malvivente? Un pedofilo? Di sicuro non poteva essere una brava persona con quella faccia da brutto ceffo che avevo intravisto girandomi strategicamente per indicare un negozio di scarpe chiuso.

Svoltammo in un incrocio, pensando che lui avrebbe preso un'altra strada, invece ci seguì e aumentò il passo.

«Allison» la chiamai prendendola per mano. Sobbalzò al primo contatto. «Non spaventarti ma un individuo strano ci sta seguendo. Non girarti, non fare niente. Al mio via... corriamo, okay? Ho già visto un bar aperto in lontananza dove ripararci»

La ragazzina spalancò gli occhi e d'istinto si voltò verso l'inseguitore.
Diamine, ora sapeva che lo avevamo notato.

Iniziò a correre contro di noi, sfilando dalla tasca un coltellino.

«Corri!» gridai, tirandola per il braccio.

I nostri arti erano intorpiditi e rallentati dal freddo, quelli dell'inseguitore sembravano non avere i nostri stessi problemi.

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