DIECI PER CENTO

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Fa freddo.

Fa terribilmente freddo e si è scordato la felpa chissà dove; quindi, deve stare soltanto con quella camicia nera che gli sta addirittura stretta – come sia possibile non ne ha idea, forse hanno preso la taglia per bambini.

Il motivo per cui debbano girare il videoclip della canzone in montagna gli rimane ignoto, ma di inquadrature e paesaggi adatti ne capisce ben poco e si è limitato ad acconsentire e, per una volta, fidarsi di qualcuno che di sicuro ne capisce di più (Luca ha gridato al miracolo almeno una decina di volte).

Però fa davvero freddo e questo non può negarlo. Fa freddo nonostante ci sia il sole che, però, non scalda nulla.

Leo se ne sta rannicchiato e nascosto, in parte, vicino ad attrezzature per le riprese – cavi e quant'altro – mentre attende il proprio turno per una determinata scena.

Sono in tre e devono girare in tre differenti luoghi.

Mattia ha già compiuto la sua parte, nei pressi di un lago e qualche residuo di neve; ora, invece, tocca a Daniele e sono più nell'interno, al limite di un bosco dove, pensa, si addentreranno presto.

Lui, ovviamente, è l'ultimo e sta congelando – perfetto.

Si porta le ginocchia al petto, cercando di apportarsi un minimo di calore. Sono quasi tutti lontani: c'è un regista che gli hanno presentato, ma di cui non ricorda il nome, tre tecnici addetti alle riprese con le relative videocamere, due che pensano all'audio e, ovviamente, Luca e Fabrizio; stanno seguendo Daniele, fornendogli indicazioni su come muoversi e che espressione assumere.

Leo già teme quando toccherà a lui, considerando che, come attore, lascia molto a desiderare.

«Ti porto una felpa?»

Quella domanda gli giunge alle orecchie in maniera squillante, tant'è che sussulta appena.

Solleva il capo e deve strizzare le palpebre a causa della luce forte che rischia di accecarlo.

Cerca di ripararsi, come può con una mano, mentre guarda verso l'altro e riesce a scorgere la sagoma della figura di Mattia in piedi lì vicino.

«No,» replica «sto bene.»

È una bugia.

L'altro ragazzo, tuttavia, gli crede. Scrolla le spalle e prende posto al suo fianco, seduto a terra sul terriccio morbido e i rari fili d'erba secca. Resta in silenzio per qualche secondo – non che sia difficile ottenere assenza di suono in un luogo del genere, lontano dal centro abitato e col nulla attorno.

Nell'aria, riecheggiano solo voci estranee e non rivolte a loro, per il momento.

Giocherella per un attimo con un filo che è sfuggito all'orlo dei jeans stretti – troppo stretti per i propri polpacci – e si morde il labbro inferiore.

«Non mi hai mai detto per chi è la canzone» esclama.

Tenta di farlo sembrare un discorso generico, casuale, giusto per passare il tempo, sebbene sia il contrario: è il suo modo per velatamente indagare perché vorrebbe capirlo, vorrebbe sapere delle cose in modo da poterlo aiutare per davvero nell'eventualità di una sua nuova crisi e quindi, partire dal brano prodotto gli pare un buon inizio – magari c'entra qualcosa, no? Perlomeno, presuppone sia così.

«Insomma,» prosegue «l'avrai scritta pensando a qualcuno.»

Leo tiene lo sguardo basso, a fissare un punto non preciso – probabilmente la punta delle scarpe da ginnastica che porta.

«Più o meno» sospira «anche tu, no?»

«Sì, ma per me è semplice capirlo» Mattia risponde con estrema schiettezza, continuando a fissarlo.

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