STANZA DOPPIA

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Le chiavi girano nella serratura in maniera lenta forse perché compie quelle azioni con svogliatezza o, forse, perché ha potuto udire il suono delle loro risate insieme ancor prima di salire le scale.

Daniele è conscio di cosa lo aspetta nel momento in cui varcherà la soglia della porta del suo appartamento.

Lo sa benissimo mentre percorre il corridoio, strisciando le suole delle scarpe sulle mattonelle.

Ne è consapevole eppure, giungendo in salotto, la scena che vede lo colpisce in pieno stomaco come se fosse giunta senza alcun preavviso, magari è solo il proprio cervello che tenta di vivere nella perenne negazione.

È assurdo poiché gli sembra quasi di avere un déjà-vu: un momento simile lo ha già vissuto, solo che i ruoli erano invertiti e le sensazioni che aveva addosso del tutto opposte.

Si blocca non appena scorge Leo e Mattia accomodati sul divano, a guardare un film d'azione.

I dettagli Daniele li coglie subito: non è facile ignorare le gambe del primo sollevate e appoggiate sulle cosce dell'altro e nemmeno le dita di quest'ultimo che si intrecciano tra le ciocche bionde, in quel gesto che lui tante volte ha compiuto, al buio, in camera da letto, fra gemiti e sudore.

La parte che fa più male, comunque, è osservare il modo in cui Leo sorride e ignori la propria presenza.

Se ne rende conto Mattia, qualche secondo dopo: sussulta e fa rimuovere al compagno le gambe, assumendo così una posizione leggermente più composta.

«Ehi» lo saluta – è probabile voglia evitare un ulteriore cazzotto in viso, ha ancora un bel livido violaceo che spicca sotto l'occhio.

Daniele non risponde, non dice nulla. Cerca con disperazione lo sguardo di Leo, ma risulta inutile.

«Hai detto che tornavi tardi» è l'unica cosa che ottiene ed è buffo perché è convinto che quello sia l'ennesimo attacco, l'ennesimo sbattergli in faccia che sta andando avanti e sta avendo di meglio, come se usare solo i social network non bastasse più – tra foto e video ha perso un po' il conto. Sceglie di rimanere impassibile, scostante, sebbene dentro stia morendo.

«Ho fatto prima» esclama – che poi, non ha fatto un bel nulla; è soltanto uscito di casa perché si sentiva soffocare, esattamente come in quel momento.

Serra la mandibola, forte, facendo digrignare i denti. Non aggiunge ulteriori parole, gli paiono superflue, e smette di ricercare i due occhi di Leo, diamanti azzurri distanti, lontani, che stenta a riconoscere.

Abbassa il capo e, in silenzio, raggiunge camera propria e ci si chiude dentro.

***

Non sa che ore siano.

Mezzanotte è sicuramente passata da un pezzo, ma non ha per niente sonno.

È abituato ad andare a dormire piuttosto tardi, quindi neppure se ne sorprende.

Mattia è andato via da parecchio, non è voluto rimanere a cena, nonostante l'insistenza di Leo – si è congedato con un secco è meglio di no e lui ha dovuto accettare. Del resto, probabilmente sedersi allo stesso tavolo per occasioni che non sono di lavoro non è una grande idea e Mattia non vuole rimediarci un ulteriore cazzotto, è bene ribadirlo.

Leo è nella sua stanza. Tenta di mettere ordine fra l'ammasso di vestiti sparsi sulla sedia girevole e la scrivania. Sua madre gli ha sempre detto che non è in grado di sistemare gli abiti in maniera consona ed è per questo che spesso – per pigrizia o meno – finisce per mettere quelli degli altri.

Non crede sia davvero un motivo valido, ma il modo in cui la donna lo racconta, sbuffando sonoramente, lo fa ridere il più delle volte.

Ecco, per esempio, quella t-shirt grigia e stropicciata che si rigira fra le mani non ricordava di averla. La piega senza molta cura e la ripone ai piedi del letto, dove sta impilando per categoria ogni indumento che trova.

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