CANZONE

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Il profilo di Milano è cupo quella notte.

Leo lo osserva, seduto sul davanzale della finestra di camera di Mattia, il quale dorme beato – o almeno, gli pare così – sul letto matrimoniale poco distante.

Lui resta accovacciato sul marmo, con una sigaretta consumata a metà fra due dita e il fumo che soffia e tenta di far andare tutto fuori perché sa che al compagno l'odore forte dà fastidio e allora sopporta il gelo che proviene da quella minuscola fessura che si è concesso.

L'altra mano è occupata dal cellulare. Ha aperto svariate volte la conversazione Whatsapp con Daniele, che continua ad accedere all'applicazione, però evita di rispondergli.

Ha provato a mandargli ulteriori tre messaggi e la risposta è stata nulla, così dopo meno di una settimana si è arreso e attende un segnale da parte sua che sa che non riceverà, non in breve tempo. Non ha nemmeno idea di dove si trovi. Luca ha provato a chiederglielo spesso, insistendo sul fatto che i loro impegni lavorativi riprenderanno a breve e il duo serve integro.

Il problema è che Leo non possiede una risposta concreta, è soltanto consapevole che tornerà –considerando che la sua roba è ancora quasi tutta nell'appartamento – ma non è in grado di stabilire un periodo di lontananza preciso.

Poggia una tempia sul vetro freddo, mentre fa ricadere un briciolo di cenere oltre il davanzale.

«Ehi» la voce di Mattia gli giunge all'orecchio poco prima di percepire un suo palmo sulla schiena, oltre il tessuto della t-shirt che usa come pigiama.

Leo sussulta appena e volta il capo per ritrovarselo davanti, con addosso soltanto dei boxer neri e i capelli ricci arruffati che gli ricadono in maniera disordinata sulla fronte.

«Ehi,» replica con un sussurro e si affretta a buttare il mozzicone della sigaretta per strada, anche se rimangono almeno due tiri da fare «credevo stessi dormendo.»

Mattia scuote appena il capo. «No,» mormora «ti stavo guardando.»

«Perché?»

«Perché sei bello.»

A Leo viene da ridere. Si morde piano il labbro inferiore, inclinando leggermente la testa di lato. «Ma smettila» replica.

«Sono serio,» Mattia scorre con le dita lungo tutta la sua colonna vertebrale, sale su fino al collo per poi accarezzare la linea del mento e, infine, una guancia «ti guardavo e sei bello.»

È serio e Leo lo nota.

Nota parecchie cose, nell'ultimo periodo, per esempio la luce che gli illumina gli occhi ogni volta che lo sorprende a guardarlo o come le sue carezze siano più premurose e insistenti e il modo in cui ricerca costantemente un contatto in ogni momento che sono insieme.

Sono tante piccolissime cose che lo fanno stare bene, che lo fanno sentire leggero, donandogli l'illusione che ogni problema sia risolto. Vorrebbe sussurrare un semplice e scontato grazie che, però, gli rimane in gola forse perché parlare è più difficile del previsto, lo è sempre stato.

Così sospira sommessamente, ruota il bacino sopra al davanzale quel che basta per divaricare le gambe e permettere ai fianchi del compagno di ficcarsi in mezzo. Gli circonda il collo con le braccia e lo attira a sé per un lieve bacio sulle labbra che spera possa essere sufficiente ad esternare ciò che tiene dentro.

Mattia sembra capire o, forse, capisce qualcosa di completamente diverso, una sua interpretazione unilaterale che lo porta a distaccarsi appena, di solo qualche centimetro, sorridere e socchiudere le palpebre. Ha le mani appoggiate sui suoi fianchi, li pizzica leggermente con i polpastrelli.

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