CAPITOLO 7

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LOKI

Lady Beatreaux non è chi sembra essere.

    Quando vivi una vita costretto a guardarti le spalle, impari a percepire i cambiamenti nell'aria molto prima di vederli coi tuoi occhi. E io l'ho sentita fuori dalla porta nell'istante in cui è arrivata, anche se non avevo idea fosse lei finché non me la sono trovata in piedi di fronte.

    Le mie dita si flettono quando mi sovvengono il modo in cui la sua ciocca di capelli ricci mi girava intorno al dito e i suoi occhi simili a dei rompighiaccio, mentre mi fissava con quel suo abito semplice e i capelli raccolti. Non assomigliava per niente alla dama regale che avevo veduto seduta accanto a mio fratello.

La preferisco così.

    Appoggio la schiena alla torre dell'osservatorio alle porte del castello, tiro fuori dalla tasca una scatola di fiammiferi e accendo una fiamma, lasciando che il calore arancione mi stuzzichi la pelle mentre rifletto sulla sua irruzione.

    Sta spiando per conto di mio fratello? Mi sta tenendo d'occhio?

    Possibile ma improbabile. Anche se non escludo a priori che lei possa eseguire i suoi ordini, escludo a priori che mio fratello abbia una così alta considerazione di lei.

    Non è noto per il suo rispetto nei confronti delle donne.

    Tuttavia, è diversa da come mi aspettassi. Più sinistra, forse.

    Se non fosse per il fatto che stava spiando me, potrei trovare persino ammirevoli le sue falsità. Ma dal momento che stava spiando me, questo non fa altro che lasciarmi un sapore amaro in fondo alla gola, che scelgo di lasciare lì per tenerlo sempre a mente.

    È questa la differenza tra me e le altre persone. Loro scappano dalle cose brutte, io invece le divento.

    Alzo una mano, prendo la canna arrotolata da dietro l'orecchio e me la metto in bocca, aspettando che il fuoco abbia quasi completamente inghiottito il fiammifero prima di accenderne l'estremità. L'odore dell'hashish fluttua nell'aria, facendo sbrogliare le mie viscere serrate in una specie di placido ronzio.

    Il mio stivale urta contro il muro e tengo la testa appoggiata alla fredda pietra mentre osservo le strade di Asgard. Il castello si trova in cima a una scogliera, un ottimo punto di osservazione per vedere tutto, anche al di là della boscaglia fitta.

    Quando ero un ragazzino, mio padre mi portava qui, mi sussurrava parole suggestive e mi insegnava i costumi del paese.

"Questa è la mia eredità. E un giorno sarà tua."

    "Vuoi dire di Thor," lo correggo, alzando gli occhi su mio padre.

    I suoi capelli scuri svolazzano nella brezza notturna mentre mi guarda. "Tu e tuo fratello dovete mettere da parte le vostre divergenze. Il sangue dei Odinson scorre nelle tue vene tanto quanto nelle sue. Insieme regniamo, divisi cadiamo. Ricordatelo."

    Sbuffo, massaggiandomi il polso gonfio, ricordando come solo poche ore prima Thor mi abbia spinto a terra e chiamato un mostro.

    "Dillo a lui."

Mio padre ridacchia. "Thor sta ancora cercando di trovare il suo posto in questo mondo."

    "E io no?" chiedo, alzando la voce in difesa.

    "Sei stato diverso fin dal momento in cui sei venuto al mondo." Allunga la mano e tocca il centro del mio petto. "Qui dentro."

    Diverso.

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