Capitolo 4

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Decisi di non dire nulla a nessuno di quello che era successo, nemmeno a George, o avrei dovuto raccontargli anche del mio "piccolo" problema col cibo. E non potevo permettere che venisse a scoprirlo, perchè a quel punto avrei perso sicuramente anche lui.
Così tornai a casa e corsi nella mia stanza. Trovai George ad aspettarmi con la sua chitarra. "hei Paul! Scusa l'intrusione ma Mike mi ha fatto entrare..ha detto che potevo aspettarti qui.."
Così sfoderai uno dei miei sorrisi più falsi, non perchè mi dispiacesse avere George intorno, al contrario, ma il mal di stomaco era ancora piuttosto forte e avevo voglia di stare solo.
"ma certo Geo! Non ti preoccupare..mi dispiace averti fatto aspettare, ti sarai annoiato a morte"
"non importa Paul, piuttosto oggi sono venuto perchè ho bisogno di parlarti..è importante"
Ingoiai un rospo amarissimo, di cosa voleva parlarmi? Si era accorto di tutto? Mantenni comunque un'aria calma, almeno per far sembrare di non aver nulla da nascondere.
"mhh, b-bene di cosa volevi parlare? è successo qualcosa?"
"bhe ecco, Paul da qualche tempo ti vedo strano...mi chiedevo solo se tu stessi bene...se c'è qualche problema sai che puoi parlarne con me, vero?"
Tirai fuori un'altro dei miei sorrisini falsi, ormai ero capace di cambiare esperessione con una facilità che spaventava perfino me a volte.
"sisi ma certo Geo! Va tutto benissimo, davvero! Lo sai che non ci sono segreti tra noi due, e ti prometto che se ci fosse qualcosa, qualsiasi cosa te la direi!"
George fece una faccia un pò delusa, non credeva molto a quello che gli stavo dicendo, glielo leggevo negli occhi. Così presi la sua faccia tra le mie mani e lo guardai dritto negli occhi "George Harold Harrison devi credermi, non ti mentirei mai, lo sai"
Solo allora sembrò convinto di quanto gli avevo detto e un piccolo sorriso si fece spazio sulle sue labbra, si fidava di me, dio quanto si fidava. E io ero uno stronzo, stavo mentendo all'unica persona che era rimasta con me, l'unico a cui sembrava fregare qualcosa di come mi sentivo, ero un'idiota.
"Paul, senti il mio amico Ivan aveva promesso di portarmi a una festa sabato pomeriggio, suonerà anche un gruppo nuovo, credo si chiamino quarry.. nono quarrymen! Comunque io quel giorno ho un'impegno con mio padre e così ho detto a Ivan di portarci te...se te la senti"
Mi sentivo già troppo stronzo per avergli mentito, non potevo anche rifiutare l'invito. Accettai controvoglia e promisi che gli avrei raccontato tutto la domenica pomeriggio.

Il resto della settimana passò abbastanza velocemente e con mia grande ansia arrivò anche quel dannato pomeriggio, io ancora non lo sapevo ma quel giorno si sarebbe rivelato essere l'inizio di una lunga avventura.
Alle tre emmezza George bussò alla porta, mi presentò il suo amico Ivan e corse a casa scusandosi per non essere potuto rimanere con noi. Per fortuna Ivan era un tipo abbastanza simpatico e sembrava interessato al fatto che io e George suonassimo, pensava fosse una cosa figa.
Arrivati alla festa ci guardammo un pò attorno. Era pieno di bambini che giocavano a rincorrersi, anziani che chiacchieravano spensierati e tutti i vari stand dal tiro a segno alla pesca di beneficenza.
Poi lo vidi. Fu un'attimo. Non avrei mai pensato di trovare attraente un ragazzo, eppure lui era magnetico, meraviglioso. Se ne stava lì a cantare col suo gruppo, erano i famosi Quarrymen di cui mi aveva parlato George. Non riuscivo a smettere di fissarli, ero inebriato dalla voce di quel tipo. Era qualcosa di speciale, aveva la stoffa del leader e anche se di aspetto assomigliava tanto a quei ragazzi che mi menavano, sentivo che in lui c'era qualcosa di diverso, che era speciale in qualche modo.
Penso che Ivan si fosse accorto che li fissavo incantato, perciò mi chiese se li volevo conoscere. Mi disse che il cantante era un suo amico e che si chiamava Lennon, John Lennon. Quel nome risuonava in un angolo nascosto della mia mente, come un ricordo lontano. Accettai subito la proposta di Ivan, entusiasta di poter parlare a quel ragazzo anche se solo per presentarmi.
Aspettammo pazientemente che il gruppo finisse di suonare e poi seguii Ivan che mi portò dritto da loro.
Ero elettrizzato, tenevo stretta la mia chitarra impaziente di poter stringere la mano a Lennon. Quando all'improvviso sentii dinuovo quella sensazione, dovevo vomitare. Cercai in tutti i modi di resistere, provai a respirare lentamente, a non pensarci. Ma quella tenaglia alla bocca dello stomaco non voleva lasciarmi andare. Così corsi via, veloce come il vento, mi lasciai tutto alle spalle. Mi fermai sotto un'albero, proprio nel campo di mais dietro alla chiesa. Ero solo, finalmente solo. E mi lasciai andare completamente per l'ennesima volta. Una volta finito quello che dovevo fare, ripresi fiato, sentivo la voce di Ivan in lontanaza. Mi stava cercando. Tornai di corsa alla festa e lo raggiunsi. "Paul! Ma che fine avevi fatto?"
Ivan mi stava aspettando, ma non era solo. John Lennon e gli altri della band se ne stavano lì, insieme a lui. Sentivo l'adrenalina a mille, il cuore sembrava voler uscirmi dal petto.
"s-scusa Ivan,il fatto è..il fatto è che avevo un enorme bisogno di una sigaretta..non ce la facevo più"
Sentii la mia faccia accendersi, come un'incendio. Merda non era il momento adatto per arrossire come una ragazzina.
"oh tranquillo potevi fumartene una insieme a noi..qui tutti abbiamo il vizio, non è vero ragazzi?"
i quarrymen annuirono in simpatia alla battuta di Ivan.
"Comunque passiamo alle presentazioni, Paul questo è John Lennon, John lui è Paul McCartney"
ricordo che la mano mi tremava dall'emozione ma cercai lo stesso di avere una presa salda sulla mano di John, non volevo che pensasse che fossi una mammoletta. I suoi occhi castani mi stavano addosso, mi lanciò uno di quegli sguardi provocanti. Uno di quelli capaci di farti sentire nudo, sembrava volermi scrutare dentro. Poi parlò e da quel momento non capii più nulla.
"quindi Paul, Ivan mi ha detto che suoni e che te la cavi anche piuttosto bene a cantare..ti andrebbe di farmi sentire qualcosa?"
Non dissi nulla, semplicemente mi sistemai la chitarra e iniziai a suonare Twenty Flight Rock.
John mi guardava interessato, sembrava colpito dal modo in cui suonavo e anche dal fatto che conoscevo tutte le parole a memoria. Quando finii di suonare alzai lenatmente la testa e incontrai i suoi occhi castani, mi stava fissando compiaciuto. Poi con un cenno salutò me e Ivan e tornò dai suoi amici. Speravo ardentemente di aver fatto colpo, volevo conoscere meglio quel John, lo desideravo con tutto me stesso.

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