-Ti adatti, cambi, e in fine ti abitui.

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Quella notte avevo dormito perfettamente. Ero contento della giornata che avevo trascorso insieme a Zayn. Meglio così. Avevo passato la notte a sognare e risognare sempre ciò che mi era accaduto quel giorno. Sapevo che la mattina seguente, mi sarei dovuto svegliare presto, per tornare a casa, e questo, mi rattristava molto. Non avrei più visto Zayn. O meglio, magari, a seconda di dove abitava, ci saremo potuti incontrare per rivederci e stare un po' insieme. Altrimenti avremo continuato comunque a sentirci via telefono, come facevamo anche qua, prima di addormentarvi. Era strano come conversazioni via telefono, mi divertissero tanto. Strano, ma efficace, perciò, mi andava bene.
A svegliarmi quella mattina non fu il sole, ne furono le urla di mia madre. Fui io, a svegliarmi. Gli occhi si aprirono lentamente, e gli zaffiri azzurri, cominciarono ad ispezionare la stanza, in cerca di qualcosa che forse non esisteva, o forse era nascosto. Guardavo per l'ultima volta quella stanza, che era stata mia per la durata della vacanza. Gli occhi localizzarono il telefono, sul comodino, e le mani, lo staccarono dalla presa. Lo accesi premendo l'apposito pulsante con una mano, mentre l'altra, invece, con l'indice ed il pollice, stropicciava gli occhi.
Feci uno sbadiglio, stiracchiandomi, e quando riaprii gli occhi, il telefono era acceso. Trovai un messaggio di Zayn, e lo aprii leggendolo:
'Oggi pomeriggio partiamo entrambi.. Volevo chiederti se ti andava di passare del tempo insieme prima di andarcene e magari, lasciarci gli indirizzi.
-Zayn'
Sorrisi malinconico alla vista di quel messaggio. Cominciavo già a sentire un vuoto nel petto, un vuoto strano ed unico. Quello di quando vuoi bene ad una persona, e vedertela strappare via così, fa male. Quello di quando ti allontani da una persona a cui ti sei affezionato.. Credo. Avevo voglia di passare con lui gli ultimi attimi della vacanza, una strana, stranissima voglia.
'Certo, figurati, volevo chiederti la stessa cosa.. Vieni a fare colazione? Così ci vediamo li.
-Niall'
'Va benissimo, io mi avvio, ti aspetto.
XX
-Zayn'
Sorrisi, ancora una vota malinconico e mi alzai. Avevo il tempo di comunicare la cosa ai miei, di vestirmi e lavarmi.
'Perfetto, a più tardi.
XX
-Niall'
Restai per un po' a fissare il soffitto con le mani in grembo, unite quasi a cupola. Sospiravo e sospiravo. Forse, stavo aspettando qualcosa, o qualcuno. Un avvenimento che mi facesse tornare il sorriso di sempre, non quello malinconico. Sono sempre stato un ragazzo molto vivace, fin da piccolo. Avevo una laurea in sorrisi e risate, e alla mia scuola ero il più simpatico del mio gruppo. Quando qualcuno aveva bisogno di ridere chiamava il nome Niall. La mia risata è stata da sempre molto contagiosa, e l'apparecchio l'ha migliorata anche esteticamente. C'era chi diceva che sarei rimasto solo simpatico, data la mia dentatura storta o il fisico ancora da sviluppare. Ma adesso, quelle stesse persone mi girano intorno, pregando di entrare nelle mie grazie. Eh già, l'adolescenza fa miracoli!
Scesi alla ricerca della mia famiglia dopo essermi lavato e vestito, camminando mezzo sgangherato ancora dal sonno. Trovai solo mia mamma, accerchiata dalle valige. Stava sistemando le ultime cose in una, concentrata. Mi avvicinai.
"Mamma, dove sono gli altri?"
Lei si girò a guardarmi.
"Ah finalmente! Buongiorno dormiglione!.. Sono già a fare colazione, ti stavo aspettando e nel frattempo sistemavo le valige." Sospirò guardandole e subito dopo rialzò lo sguardo su di me "Oggi si torna a casa.." Mia mamma è davvero una vacanziera. Le piace viaggiare, ma non le piace lavorare. Comunque, preferisce pensare al bene degli altri piuttosto che al suo, è una donna fantastica, che si preoccupa di tutto per tutti, per questo la amo.
"Beh, grazie." Le accennai un sorriso. "Prima di partire vorrei poter passare del tempo con Zayn.."
Mia madre mi guardò alzando quasi un sopracciglio, ma poi alzò le spalle ed annuì. Riusciva sempre a capirmi, e prima di dirmi di no, se doveva, ci pensava bene. Mi squadrò per un attimo, poi mi sorrise.
"Dai, ora vai a fare colazione." Mi fece l'occhiolino "Di a papà che arrivo subito." Disse lei, ed io annuii avviandomi. Faceva caldo anche quel giorno. Io non sarei mai riuscito a vivere in un posto del genere, la gente locale doveva fare davvero grandi sforzi per viverci, per non parlare poi degli animali. Ma in fondo, le persone si abituano. Succede così con tutto, non solo con i posti. Anche con le persone, con le regole, in tutto e per tutto: ti adatti, cambi, e in fine ti abitui.
Perso tra i miei pensieri, ero arrivato nella sala, sempre ricca di cibarie varie, di ogni tipo, dal dolce al salato. Mi sarebbe mancato svegliarmi la mattina e nemmeno sapere al mio risveglio se in quella precisa mattina mi sarebbe andato di mangiare dolce o salato. Perché arrivato qua avrei avuto tutto servito. Non una cosa sola, ma un intero banchetto. Io poi ero patito del cibo. Ma nonostante mangiassi per un esercito, restavo in forma con il mio fisico impeccabile. Mi piaceva ciò.
Avanzai sul pavimento di marmo sfumato di marrone chiaro e scuro. Gli zaffiri si muovevano ad alta velocità ispezionando poco o niente. Ciò che cercavano era una figura umana e maschile. Alta e slanciata, piena di tatuaggi colorati o meno, non aveva importanza. Anzi no, eccome se aveva importanza. Di quel ragazzo mi importava tutto. Era un'ossessione. Era un dovere sapere come stava, dove stava, con chi stava, perché ci stava. Io non capivo. Perché mi comportavo così? Perché sentivo il bisogno di stare con lui? Di avere un contatto fisico? Come le mani. Potevo essere malato? C'è una patologia, ne ho letto da qualche parte. Hai bisogno di un contatto fisico per sentirti al sicuro, per comunicare il tuo affetto.. Forse ero così.. Ero malato.. Ero pazzo. Pazzo di lui. Ad un certo punto sentii una mano avvolgere la mia spalla, e stringerla leggermente. Mi voltai di scatto dopo un piccolo sobbalzo, incrociando lo sguardo cupo e profondo del moro. Arrossii lievemente, dato quello che stai pensando. Lui studiò per un po' il mio volto, per poi sorridere, malinconico. Forse anche lui sentiva quel vuoto, chi lo sa.. Ricambiai quel sorriso per poi abbassare lo sguardo.
"Hey dai, ci rivedremo. Adesso ci lasciamo gli indirizzi." Disse continuando a sorridere. Quel sorriso che faceva da maschera, che si vedeva che non era vero. Ci sedemmo. Forse quello che sentivo io, quella ossessione, l'aveva anche lui.. Forse non ero l'unico. Parlammo per tutto il tempo. Delle nostre scuole, dei nostri compagni.
"Forse io devo trasferirmi.. Perciò non so se ha importanza lasciarti l'indirizzo." Dissi sospirando. Lui mi guardò leggermente allarmato.
"E dove andresti?" Mi domandò, cercando il mio sguardo, che trovò poco dopo. Io alzai le spalle. Era mio padre, per il lavoro, che ci trascinava in giro per l'America. Era brutto dover essere sempre il ragazzo nuovo, era ormai diventata la mia etichetta. 'Il ragazzo nuovo'. Doversi sempre fare nuove amicizie, non era così semplice, ma ormai ci avevo fatto l'abitudine: ti adatti, cambi, e in fine ti abitui. Erano ormai le 13:05 di quel venerdì, insieme a Zayn, l'ultimo. Lo guardavo come si guarda il mare alla fine dell'estate. Lo guardavo. Lo ascoltavo. Mentre parlava di quella vita, di cui avevo iniziato a far parte, anche se in una parte minima. Il telefono squilla, è mia madre. È ora, ora di andarsene. Ci alziamo e restiamo a guardarci, a guardarci negli occhi. Nero nel blu, blu nel nero. Sospiro, lui si avvicina, mi abbraccia. Mi avvolge le spalle, con le sue braccia. E io avvolgo il suo busto, con le mie.
"Ci rivedremo" sussurra, e io non rispondo. "È una promessa." Aggiunge stringendomi di più. Io sospiro, tutto qua. Non mi fidavo delle promesse. Le promesse sono parole, parole buttate al vento. Ne puoi fare quante vuoi, ma sono i fatti, che servono. Sono i fatti, i pezzi che costruiscono il puzzle. Puoi dire quanto ti pare che tu riesci a finirlo il puzzle, ma fino a che non lo finisci, nessuno ci crede. Ci credono solo gli idioti.
Poche ore dopo mi trovavo su un aereo che mi riportava a casa. Avevo la nuca appoggiata al finestrino. Guardavo la terra scorrere sotto di me, così piccola. Le cuffie nelle orecchie, ad isolarmi, ad isolarmi perfino dai miei pensieri. Chiusi gli occhi e sognai. Sognai quella vacanza. Quella vacanza che non volevo fare. Che cretino. Mi sarei perso tutto questo: il mare così limpido e colorato. La sabbia chiara e morbida. Quella stanza senza aria condizionata. Quel succo. Mi sarei perso Zayn.

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