-Parli del diavolo, e spuntano le corna.

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Ero a casa ormai da una settimana, e quello di Zayn era solo un ricordo. Era solo una foto profilo di Whatsapp. Solo un messaggio, uno dei tanti che ci mandavamo al giorno. Era così bello, vedere che nonostante la lontananza continuavano ad essere così uniti. Tra meno di una settimana la scuola sarebbe ricominciata. La noiosa e vecchia scuola. L'unico aspetto positivo, erano i miei compagni.
Finalmente li avrei rivisti, dopo tanto tempo.
Possiamo dire che si, ero contento di tornare a scuola. Ma tutto si distrusse quando mio padre, quel pomeriggio, volle parlarmi. Tutta la famiglia sapeva già. E me ne accorsi dal loro fare malinconico.
"Niall, devo parlarti." Disse mio padre sedendosi al tavolo, facendo cenno a mia madre di sedersi con lui, e così fece, sedendosi di fianco a lui.
"Ehm.. Okay.." Dissi insicuro ed esitante. "Ho fatto qualcosa che non va?" Chiesi leggermente preoccupato.
"No no." Interruppe subito mio padre, prima che io potessi fare una delle mie confessioni affrettate di cose che loro non sapevano. "Due giorni dopo che siamo tornati, mi è arrivato un messaggio dalla società." Disse guardandomi dritto negli occhi. Iniziò a salirmi il dubbio che lo avessero licenziato, e quello si che sarebbe stato un bel problema. Aguzzai lo sguardo dentro al suo, come per scavare nel suo profondo, ed estrapolargli la verità che stava uscendo lenta e torturata dalle sue labbra. Lo invitai a continuare a parlare con un cenno del capo. I miei genitori si guardarono con sguardi tristi ed io aguzzai lo sguardo confuso ed incuriosito allo stesso tempo.
'Mi hanno offerto un lavoro importante con una paga migliore di quella di adesso, ma il lavoro non.. È qua.' Disse.
Alternavo lo sguardo fra i due.
'Dobbiamo trasferirci.' Concluse.
'Trasferirci? E dove? Di qualche isolato? Oh va bene.'
Non ricevetti risposta. Mio padre sospirò.
'No, ce ne andiamo da qui..' Disse lui.
Sgranai gli occhi alzandomi di scatto in piedi e facendo cadere la sedia all'indietro, che batté a terra in una nota secca. Scossi il capo con violenza.
'E dove?!'
Chiesi sperando che fosse qua vicino, in modo da poter tornare comunque a tornare a trovare i miei amici.
'Aylesbury.' Si limitò a dire.
Sgranai gli occhi e la bocca guardandoli increduli. Come potevano farmi questo? Come potevano farmi perdere tutto? Come?
Dissi di no. Parlammo per ore, ed ore, ma il giorno dopo, ero in quella stupida macchina, a fare quello stupido viaggio verso quella nuova stupida città. Mi sarei dovuto iscrivere ad una nuova e stupida scuola, avrei dovuto conoscere e farmi stare simpatiche nuove e stupide persone ed avrei vissuto in una nuova e stupida casa.
Da Carlisle ad Aylesbury non ci sono cento metri, non c'è un chilometri; ce ne sono 442,7. Quattro ore e mezza di viaggio.
Non stavo bene, per niente. Era brutto dover perdere tutto così in fretta. Tutto.
Partimmo alle 02:00pm e alle 06:30pm eravamo davanti alla nuova casa. Lì le case erano tutte uguali. Tutte dello stesso colore, come avrei riconosciuto la mia? Sbuffai. Entrammo a sistemare le cose ma quella sera a letto presto, la mattina seguente ci sarebbe stata scuola.
Quella mattina mia mamma mi trascinò giù dal letto, poi in macchina, ed in fine a scuola: Non avevo nessuna voglia, nessun entusiasmo.
Pochi minuti e la mia iscrizione era completata e schedata, con un bel 'Benvenuto alla Aylesbury High School' da parte della donna della reception. Sul suo cartellino c'era scritto Margaret. Mi sorrise. Uno di quei sorrisi contenti del lunedì, contenti del tornare a lavorare, contenti di stare tra la gente che al contrario è giù di morale. Perché la vita è una scala, e hai due opzioni, o ti fai i muscoli per salirle, o vai a rilento. Mia madre si voltò verso di me, ed io la guardai. Lei sorrideva, io ero serio. Sospirai.
'Hey che hai? Non sei contento di iniziare una nuova vita qua?' Disse lei pimpante ed allegra.
"Certo mamma. Sono contento di aver perso tutti i miei amici. Sono contento di essere chilometri distante da questi. Sono contento di dover ricominciare tutto da capo. Sono contento di dover integrarmi di nuovo in una scuola, da solo. E si, sono contento di andare a scuola!" Pensai sarcastico. Scossi il capo e la guardai con un sorriso forzato, il più credibile possibile. Annuii.
'Certo che lo sono, dai, vai tranquilla.' Mormorai io, sforzandomi di avere un tono convincente. Lei mi sorrise ancora e dopo infiniti saluti imbarazzanti mi lasciò andare. Mi aggiravo per i corridoi con dei fogli su cui c'era scritto il numero e la posizione del mio armadietto, e una mappa che mi era stata data da Margaret. Arrivai al mio armadietto e cercai distrattamente le chiavi nella tasca, anche queste mi erano state date dalla simpatica amica conosciuta in precedenza. Ero buffo, lo ammetto. I fogli erano accalcati fra le mie braccia, stretti e stropicciati per cercare di non farli cadere, mentre una mano cercava le chiavi. Appena trovate cominciai ad armeggiare con il lucchetto, sbuffando. Stavo quasi sudando.
"Speriamo non suoni la campanella"
Non l'avessi mai pensato.
Ed ecco che lo strillare dell'assordante strumento di disgrazia, per noi alunni, suonò.
Restai a fissare il mio armadietto come per dire:"Stiamo scherzando?"
Tirai fuori velocemente i libri che si accalcarono sui fogli che già avevo in mano. Cercai di allungare un braccio per chiudere l'armadietto ma, così facendo, tutto cadde a terra. Sbuffai irritato e chiusi velocemente l'armadietto, non riuscendoci ai primi tentativi per la fretta. Mi chinai e raccolsi tutto, cercando di trovare una posizione comoda per trasportare tutto. Feci un profondo respiro ed il corridoio era vuoto, principalmente fatto da colori chiari come il bianco, gli armadietti erano di un azzurro cielo sereno e le porte delle aule erano di un legno chiaro. Volevano abbellire la scuola per farla sembrare più carina o meglio, accettabile dagli studenti: missione fallita. Perché? Perché è una scuola. È come mettere ad un carcerato i fiorellini in prigione, resta comunque rinchiuso lì dentro. Cominciai a girovagare per i corridoi, alternando lo sguardo dalla piccola mappa, alle stradine che mi si presentavano davanti.
Circa quindici minuti dopo arrivai davanti ad una porta.
'Deve essere questa..' Mormorai prima di bussare timidamente con le nocche.
Notai dal piccolo vetro rettangolare che era situato un po' più verso l'altro ma comunque al centro della porta, una figura che si avvicinava. Il vetro sembrava essere fatto da tante piccole goccioline sfuocate, perciò era impossibile distinguere un qualsiasi volto. La porta si aprì velocemente ed in un attimo mi ritrovai quello che sarebbe stato il mio professore di storia davanti.
Abbastanza alto, ma non troppo. Era praticamente senza capelli, eccetto la base della sua testa che era contornata da qualche capello castano. Gli occhiali a goccia stile anni 70, un maglione marrone scuro, con sotto una camicia che sembrava essere a quadri bianchi e color nocciola, con delle piccole righe dello stesso colore del maglione. Dei pantaloni color nocciola ma un po' più accesi, diciamo color caramello, e le scarpe marroni sembravano essere in pelle sintetica. Insomma: il perfetto look da cinquantenne che deve ancora affrontare la crisi di mezza età.
'Benvenuto, mi fa piacere che lei abbia accolto il nostro invito alla lezione di storia. Certo, avrei da ridire sull'orario ma si sa, tutte le grandi star arrivano in ritardo.' Divagò lui, forse cercando di non essere troppo duro nel rimproverarmi per il mio ritardo, o forse stava solo cercando di far ridere la classe: beh, in quel caso ci stava riuscendo perfettamente.
'Ehm.. Mi scusi. Sono nuovo e.. Mi ero perso.' Dissi io. Mi fece cenno di entrare e mi mise davanti alla classe: imbarazzo totale.
'Il suo nome, prego?' Mi incitò lui.
'Horan.. Niall Horan.' Risposi.
'E da dove viene signor Horan?' Mi chiese, cos'era? L'interrogatorio?
'Carlisle.' Risposi io.
'Mh, diciamo che il signor Niall Horan in questo momento non ha voglia di parlare.' La classe ridacchiò. 'Io sono il professor Batters. C'è un posto libero di fianco alla signorina Dixon, se vuole accomodarsi.' Disse porgendomi un sorrisetto, per poi tornare alla lavagna. Mi feci spazio fra i banchi fino ad arrivare al mio banco. La mia compagna era una ragazza carina. Sembrava abbastanza alta. Dei dolci e delicati boccoli neri, con dei riflessi verde smeraldo ottimizzati dalla luce che penetrava dalle finestre, adornavano il suo volto. La guardai per un attimo negli occhi, erano neri e profondi. Mi sorrise e io mi sedetti. Tirai fuori un quaderno cominciando a scrivere parole a caso, ascoltando a tratti il professore e a tratti perdendomi nei miei pensieri. Con la coda dell'occhio la vedevo. Mi guardava sorridendo, senza farsi scrupoli. Dopo cinque minuti decise di rompere il ghiaccio. La voce sussurrata della ragazza compose una frase.
'Hey, piacere!' Mi porse la mano 'Io sono Katherine Dixon, ma tu puoi chiamarmi Kath!'
Io mi voltai verso di lei e le porsi un sorriso. Era la prima persona che mi parlava in quella scuola, meglio non fare brutta impressione. Le strinsi la mano annuendo. 'Piacere, sono Niall Horan.' Mormorai per non farmi sentire dal professore. 'Carini i tuoi capelli!' Aggiunsi sorridendo. Lei fece una risatina ed un mezzo sorriso.
'Grazie biondino, ed i tuoi occhi non sono niente male!' Sorridemmo e tornai a scrivere.
'Credo che tu non abbia nessuno con cui sederti a pranzo, ti va di venire con me? Ti presento gli altri del gruppo!' Senza pensarci due volte accettai.
La campanella suonò, e dopo aver messo apposto i libri negli armadietti andammo in mensa. Ci avviamo all'interno, era davvero grande. Lei corse ad un tavolo, quasi saltellando, facendomi segno di seguirla, così feci.
Arrivammo ad un tavolo dove erano seduti tre ragazzi e due ragazze.
'Allora ragazzi, lui è Niall Horan, nuovo arrivato!' Ridacchiò e tutti mi salutarono.
'Niall' richiamò la mia attenzione e io la guardai 'Loro sono' seguivo le persone che indicava e le studiavo
'Harry,' Sembrava alto, davvero alto. Una folta e riccia capigliatura, occhi affilati e verdi e labbra sottili e rosee, e qualche tatuaggio scoperto dalle riule della camicia che arrivavano sopra ai gomiti. Mi salutò con un sorriso ed un cenno del capo dicendo un 'Ciao!'. Carina la sua camicia.
'Louis,' a differenza di Harry, Louis sembrava basso, ma tenero. Aveva dei capelli lisci e biondo cenere sparpagliati sulla fronte e sul resto della testa e della nuca, fini erano occhi color ghiaccio, labbra sottili dello stesso colore della pelle olivastra e alcuni tatuaggi neri sulle braccia scoperte dalla maglia smanicata di un grigio brumoso. Mi salutò anche lui nello stesso modo del riccio.
'Liam,' sembrava abbastanza alto. Capelli alla moda di un castano chiaro, davvero carino. Una leggera barba pizzicata gli dava un'aria autoritaria o addirittura adulta. Anche lui aveva qualche tatuaggio sulle braccia, e dai segni che si intravedevano sul suo petto dalla scollatura della maglia bianca a maniche corte, si intuiva che ce ne erano altri sul petto. Gli occhi erano color Nutella. Mi sorrise facendo un cenno del capo.
'E loro sono Sarah e Trisha!'
Due gemelle, bionde con gli occhi verdi. Pelle chiara, e labbra piene vellutate dal rossetto rosso bordeaux. Mi sorrisero rivelando la dentatura perfetta e bianca dicendo una 'Piacere!' E l'altra 'Hey!'.
'Dov'è il depresso?' Chiese Katherine ai suoi compagni che la guardarono ridacchiando. Io invece la guardai confuso ed allo stesso tempo incuriosito.
'Io l'ho visto entrare a scuola stamattina ma più niente. Dovrebbe venire però..' Disse Liam.
Li guardai.
'Il depresso?' Chiesi.
'Sì' cominciò a spiegarmi Trisha 'É un'altro del gruppo che ultimamente è giù di morale. Non vuole fare niente e se ne sta sempre da solo, poi se si fa vivo te lo presentiamo!' Ridacchiò lei facendomi un veloce occhiolino. Sorrisi annuendo.
'Sarò felice di conoscerlo!' Dissi io. Meglio farsi più amici possibili.
'Bene, vieni Niall, andiamo a prendere il pranzo!' Disse Kath prima di trascinarmi via con lei. Avevamo fatto sì o no sei passi quando la voce di Harry ci fece bloccare.
'Hey guardate un po'!' Rise appena
'Parli del diavolo, e spuntano le corna!'
Ci voltammo.
E fu lì, che il mio cuore, per un attimo, cessò di battere.
Non era credibile.
Non era possibile.
Era di sicuro un sogno, si, di sicuro.
Era lì, davanti a me: Zayn.
I nostri sguardi si incrociarono, le labbra si dischiusero, gli occhi si sgranarono, i cuori pulsarono il sangue più veloce possibile per il troppo bisogno di ossigeno, le mani tremavano  e le gambe anche, sostenendo a stento il resto del corpo, i brividi pervasero i copri, la pelle si fece più sensibile.
No, non era un sogno, era lui, davanti a me.
Sembrava uno di quei cento sogni in cui il protagonista era lui, e sognavo di incontrarlo.
Ma adesso, non avevo bisogno di un centunesimo sogno..
Adesso avevo bisogno di lui.

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Allora, innanzitutto volevo ringraziarvi perché abbiamo superato le 1000 visualizzazioni, che per me, sono un grande traguardo! Vi ringrazio profondamente per il sostegno che mi date e per i messaggi o i commenti che mi mandate in cui vi esprimente riguardo alla mia storia, facendomi complimenti o anche dandomi consigli, che come sapete sono ben accetti!
Grazie davvero a tutte/i!
Nella mia scuola caricano di compiti, anche se siamo agli inizi, ma durante le serate riuscirò ad organizzarmi per mandare avanti la storia, c'è ancora molto da scrivere e ci sono tanti colpi di scena da inserire. :)
Spero vi piaccia questo capitolo, perché dopo la confusione dell'altra volta mi sono impegnata per riscriverla anche in modo migliore! :)
Se vi va, fatemelo sapere con un messaggio o meglio un commento, grazie ancora!
Xx.

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