Una fine per un inizio

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Izuku's pov
Il mio cuore batte fin troppo velocemente, tanto che sono sorpreso dal fatto che non mi sia ancora scoppiato nel petto. Non posso evitare di mordermi le unghie in agitazione mentre aspetto Kacchan, appoggiato ad un muretto di fronte casa sua. Non dovrei avere alcun timore, Mitsuki è sempre stata una donna molto aperta mentalmente, eppure la paura che possa andare male è presente, e fa solo salire ancora di più la mia ansia.

Non riesco a calmarmi, non posso calmarmi, non quando Kacchan ha scelto di fare un passo così importante per sé stesso e per la nostra relazione. Perché nella remota possibilità che sua madre reagisca male, non so davvero cosa potrebbe succedere, e se Kacchan scappasse di nuovo da me? Se stavolta corresse così lontano da non concedermi più la possibilità di raggiungerlo?

Sono consapevole che siano solo paranoie, eppure il pensiero che accada non mi lascia solo nemmeno per un secondo. Come se fosse la punta di un ago che affonda superficialmente nella pelle, senza mai andare completamente a fondo, ma bruciando abbastanza da darmi la sgradevole sensazione che potrebbe farlo da un momento all'altro, come se fosse solo questioni di attimi prima che il dolore pungente mi colpisca come un pugno in faccia.

E nel momento in cui lo vedo uscire dalla porta non posso fare a meno di notare le lacrime secche lungo le sue guance, e il mio cuore si ferma di colpo alla vista, il respiro mi resta incastrato in gola senza lasciarmi la possibilità di riprendere fiato. Vorrei correre nella sua direzione e abbracciarlo, ma i miei piedi sembrano incollati al terreno e mi impediscono di muovermi, le mie palpebre si rifiutano di sbattere mentre lo osservo ad occhi sgranati per il terrore di cosa sia potuto accadere. "Calma, nerd, è andata bene, non guardarmi così." Non appena sento il solito tono di scherno ancora presente nella sua voce tiro rapidamente un enorme sospiro di sollievo.

Le mie gambe riprendono rapidamente il controllo di loro stesse e in un attimo le mie braccia sono avvolte attorno a lui, costringendolo in uno stretto abbraccio mentre affondo il viso nella sua spalla, il mio cuore finalmente si calma e ricomincia a battere a ritmo regolare. "Staccati, idiota...non essere appiccicoso..!" Avverto le sue mani sulle spalle che cercano di spingermi via e lascio uscire una risata sommessa, allontanandomi il tanto che basta da poterlo guardare negli occhi, avvicinando il viso al suo per poter lasciare un veloce bacio sulle sue labbra.

Lo osservo mentre aggrotta la fronte e lascia uscire uno sbuffo innervosito, distogliendo lo sguardo dal mio, e le mie labbra si increspano velocemente in un sorriso appena accennato, sono così sollevato che sia andato tutto bene. "Scollati, e stammi dietro, ti porto in un posto." Lo lascio andare lentamente, i miei occhi non abbandonano la sua figura nemmeno per un secondo nel momento in cui inizia a camminare lungo una via quasi totalmente deserta, e gli sono subito alle spalle, seguendolo senza avere la minima idea di dove stiamo andando.

"Consideralo come un secondo appuntamento, nerd." Percepisco la punta delle orecchie surriscaldarsi alle sue parole, e un ampio sorriso si fa largo sul mio viso senza che possa evitarlo mentre continuo a camminare dietro di lui in silenzio. Sento il cuore rimbombare nelle orecchie, pensando a dove mi porterà, sembra stranamente di buonumore rispetto al solito e vederlo finalmente rilassato in mia presenza mi carica di adrenalina dalla testa ai piedi.

"Oi, alza lo sguardo, siamo arrivati." Non appena la sua voce mi raggiunge alzo velocemente la testa, non essendomi nemmeno accorto di averla abbassata in primo luogo, fermandomi suoi miei passi, e alla vista di fronte a me spalanco le palpebre per lo stupore. "Questo è..." "Sì, è il parco dove giocavamo da bambini. E' rimasto sempre lo stesso posto di merda, ma non ho voglia di tornare ai dormitori, e voglio dirti una cosa, quindi troviamo una panchina e sediamoci."

"Di cosa vuoi parlarmi?" La mia voce esce più tesa di quello che avevo previsto nel momento in cui ci sediamo su una delle vecchie panchine, poco lontano dall'entrata del parco, che è completamente vuoto. Non biasimo i bambini, non c'è quasi nulla se non uno scivolo arrugginito e un'altalena solitaria, non mi sorprende che non ci sia nessuno. "Del perché ho iniziato ad evitarti." Sento qualcosa dentro di me fermarsi a quelle parole, come se avesse premuto un interruttore, spegnendo tutto.

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