Voglie.

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Scusa se ti odio un po'.
Ma se ti scopa un altro, è meglio che non so.
Perché non può.

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Monaco era luce, e stelle, ma anche buio e tenebre.
Il viaggio in aereo fu un viaggio di pensieri e terrore, sia per la mia incredibile paura per le turbolenze, che quel giorno sembravano non volermi dar pace, sia per la mia mente, il cui oggetto principale che la occupava non era altro che un olandese un po' troppo bipolare per i suoi gusti.

Si, perché ogni volta i suoi gesti mi confondevano.
Dentro il paddock, sembrava intenzionato a non parlarmi, ad ignorarmi, il suo sguardo freddo non mancava mai nei momenti di concentrazione durante il lavoro.

Però poi, come se niente fosse, mi trascinava fino al motorhome e mi veniva a trovare la mattina dopo, per sapere come stessi.
Avrai voluto mettere le cose in chiaro, chiedergli chi siamo, cosa siamo.
Un misero chiarimento, anche solo una parola, mi sarebbe bastata.

<<Ancora che pensi a quello scorbutico?>>
Carlos mi interrompe dai miei pensieri, essendosi accorto che forse stavo guardando un po' troppo il finestrino, lasciandomi passare davanti le strisce del cielo.

<<No, no..>>
Mi girai a guardarlo, eravamo nel jet privato e perciò i sedili erano posti l'uno davanti all'altro, avevamo la possibilità di parlare indisturbati e, perciò, non mancò di certo l'argomento Verstappen.

<<Sono solo abbastanza confuso da come prima mi ignori, e poi come se niente fosse bussa alla mia porta per sapere come sto.>>

<<Dai messaggi nulla?>>

<<Nulla, gli ho scritto per vedere se volessimo vederci a Montecarlo prima del gran premio, ma non mi ha risposto.>>
Carlos appoggia i gomiti sulle cosce, piegandosi leggermente per poter essere disponibile al massimo nell'ascoltare l'amico.
Il gesto mi fece sorridere leggermente, Carlos era sempre amichevole con me.

<<Charles, ora penso di doverti parlare seriamente di questa situazione, o almeno, dirti la mia.>>
Girai la testa leggermente di lato con un sopracciglio alzato, stupendomi di tale serietà da parte dello spagnolo, che di solito ironizzava o addirittura mi punzecchiava sulla questione.

<<Ti vedo sempre molto disperato nel cercarlo, nel parlargli, ma credimi, io non credo che ne valga la pena. Nel paddock gira il pettegolezzo che abbia una donna, o forse di più.>>
Quelle parole mi spezzano il cuore per un attimo: certo, dovevo aspettarmelo, ma in qualche modo i meandri della mia anima un po' ci speravano in lui.
Abbasso lo sguardo e mi sento affranto in una frazione di secondo, Carlos lo nota.

<<Vedi? Se sei già triste solo perché ti ho detto qualcosa che non è nemmeno confermata come vera, come pensi che reagirai alla notizia ufficiale di una sua possibile fidanzata? O altro.>>
Lo spagnolo fa un ragionamento che onestamente mi sta stretto, ma so per certo che abbia ragione.

<<Non capisci, Carlos, la tua vita è fatta di sveltine, non ti sei mai innamorato davvero.>>
Non so cosa mi spinge a rispondere in quel modo a Carlos.
Ma lo faccio con un'acidità tale da seppellirlo nell'assurdo della mia espressione.
Carlos è sconcertato, alla fine voleva solo aiutarmi, perché riservargli questo trattamento?

<<Cosa ne sai tu?>>
Mi fulmina con lo sguardo.

<<Le cose che dici. Mi fanno pensare che non sai nemmeno cosa sia il sentimento di irrazionalità che incombe quando ti innamori.>>
Carlos si alza dal suo posto, si slaccia la cintura con riluttanza e con una velocità tale da sfuggire al mio campo visivo.

<<Forse so cosa significa, e forse non voglio semplicemente averci a che fare, perché so quanto dolore può portare. E forse, ma dico forse, sto cercando di non far cadere nel vuoto anche te, ma sembri volerti buttare. Bene, fallo, ma poi non venire a piangere da me, ci siamo capiti?>>
E detto questo, se ne va.
Mi sento immediatamente in colpa, sembra che ogni cosa che dico o faccio sia mirata automaticamente per far soffrire qualcuno.
Sbuffo, sono incazzato ma deluso al contempo, sia per il mio comportamento, da una parte, sia per il fatto che Carlos non ci provi nemmeno un po' a comprendermi, dall'altra.

Nella mia testa gira tutto, e anche quando siamo fuori dall'aereo, non sembriamo intenzionati a rivolgerci la parola, forse stavolta ho davvero esagerato.

Non appena sono con i piedi per terra, la valigia alla mano e l'autista pronto ad aspettarmi per portarmi all'appartamento, il mio sguardo vacilla tra le storie instagram di Max e i suoi messaggi direct.

@charles_leclerc: oi Max, volevo chiederti se ti andasse di vederci a Montecarlo prima del gp.
Visualizzato.

Erano letteralmente minuti che fissavo quel messaggio, come a voler fare finta che quel visualizzato in realtà non esistesse.
E mi duole dover ammettere che forse Carlos aveva ragione.
Che forse di fatto avevo frainteso, che forse, di fatto, Max non era obbligato a passare del tempo con me.

Ma quel pensiero mi attanagliava perché sembrava così logico da trovare la sua illogicità nella stessa formulazione di esso.

Max, quando la smetterai di occuparmi la mente in questo modo.
Quando la smetterai di essere il centro introspettivo che occupa i miei pensieri, e non bussa mentre possiede la mia psiche.
Nemmeno quando arrivo nell'appartamento riesco a staccare gli occhi da quel messaggio, o dalle sue foto, o dalle sue storie.

Un sentimento strano mi prevale, facendomi rabbrividire in tutto il corpo.
Di Max, mi piaceva soprattutto il viso, e gli occhi.
Quegli occhi che anche da una foto sembrano scrutarti l'anima, che cercano di smorzare l'attenzione da quell'accenno di barba non fatta, i capelli biondi corti e perfettamente pettinati, scommetto che non ha nemmeno bisogno di sistemarseli la mattina.
E le labbra, sottili e mascoline, così come la mascella contratta in ogni foto dove non sorride forzatamente.

E poi quelle dove si allena, il petto liscio che aderisce con la maglietta, le cosce muscolose e la sua figura travolgente.
Le mani, sono un altro dettaglio di lui che mi destabilizza a dir poco, le immagino mentre sono sul mio collo, e lo stringono, mi tengono stretto a lui mentre mi morde come a volermi far suo.
E poi penso che tra la risposta alla mia domanda sui dubbi in Arabia Saudita, e i rumors su una sua possibile relazione con una donna, probabilmente quelle mani le riserva a carni più morbide e voci flebili e femminili.

Perché loro, perché non io.

Finché mi accorgo che mi sono riversato sulla mia stessa mano.

Ti voglio.




Fuoco e benzina || Lestappen.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora