Silenzi.

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Rimaniamo tali e quali,
Con gli sbagli come tagli,
Come il sangue tra gli squali.
E so bene che ci piace
Comportarci da animali,
Solo canne e lingua
Come elementi basilari.

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Eravamo a Monza, una delle due gare di casa della mia scuderia, e la mia vittoria aveva provocato una reazione inconfondibile nei tifosi italiani, non dimenticherò mai il momento in cui dipinsi la pista di rosso, alzando il trofeo, e trionfando, su tutto, per una volta.

E dopo la festa dettata da quella vittoria importante per la scuderia e per il popolo italiano, l'unica cosa che mi restò da fare era avvinghiarmi un'altra volta a quel corpo, che lentamente, si prendeva tutto di me.

<<Mi hai battuto oggi.>>
Mi sussurra sensualmente, mordendo il lobo del mio orecchio dopo che, una volta finito, si alza dal letto per recuperare i suoi pantaloni.
Non faccio lo stesso, essendo che ci troviamo nella mia camera d'hotel.
Lo vedo sedersi e accendersi una canna, l'odore di erba annebbia completamente la stanza in un tempo zero, portandomi a tossire rumorosamente.

<<Ti dà fastidio che sia successo?>>

<<Se Esteban non mi avesse mandato al muro, sai cosa sarebbe successo.>>
Ridacchio leggermente, Max è sempre una persona così competitiva, ma so che sotto sotto è felice del mio risultato, so che sotto sotto mi supporta anche come pilota.
Mi avvicino cautamente a lui, avvolgendogli le spalle con le braccia e facendogli sentire la pressione dei miei bicipiti sul suo petto.
So che non ama questo tipo di contatto, ma non si scosta.

<<Non mi hai nemmeno fatto le congratulazioni, sei uno stronzo patentato!>>
Sporgo il labbro in avanti, e lui in risposta espira il suo fumo vicino al mio viso, portandomi a tossire nuovamente.
Vedo già i suoi occhi azzurri assumere un colorito rosa.

<<E lo capisci davvero solo da questo?>>
Mi risponde lui, il suo solito tono strafottente.

<<No, lo capisco anche da come te ne vai ogni volta che facciamo sesso.>>
Stavolta la freccia gliela tiro dritta sul cuore, pur sapendo che si romperà da sola, sbattendo contro quel muro di pietra che prende la forma di qualcosa di lontanamente simile ad un cuore.

Max si gira e mi passa un tiro, decido di provarla anche se non mi fido di quello che potrebbe provocarmi.
E infatti, tossisco di nuovo.

<<Non fa per te questa, vero?>>
L'olandese ghigna, intenzionato a non rispondere alla mia domanda.
Guardo davanti a me, con il cuore in tumulto e una sensazione strana sul corpo.
La luna scende copiosa sul cielo, e le stelle sembrano brillare per cercare di imitare la lucentezza di essa, ma senza riuscirci davvero.
Se dovessi rivedere me in quel cielo, mi rivedrei nelle stelle, e vedrei Max nella luna.
Così tenebrosa, ma affascinante, e che tutti provano ad imitare, tutti, tra cui io.
Ma lui è troppo unico per essere imitato, diamine.

<<No, ma non hai risposto a quello che ti ho detto prima.>>

<<Charles, non posso restare.>>

<<Solo una volta, perfavore, dormi con me.>>
Max sospira e si alza per dirigersi fuori, sul balcone, ed io mi infilo velocemente una felpa per raggiungerlo, nonostante lui sia ancora a petto nudo.

<<Capisci che tutto questo è un grande rischio? Dobbiamo stare attenti, Charles, o rischieremo di farci beccare in qualche sgabuzzino, o in camera, a dormire.>>
Lo osservo mentre i tratti del suo viso vengono illuminati dalla luce della sua luna, e alzo un sopracciglio, interrogativo.

Perché non gli credo affatto.
<<È una grandissima stronzata.>>
Replico aggressivo, mentre mi avvicino a lui, rendendo il pilota sorpreso dalla mia reazione.

<<Non ci credo che tu hai seriamente paura di questo. E sai perché, Max? Perché a te non importa nulla di quello che pensa la gente! Non ti importerebbe se ti beccassero a scoparmi da qualche parte, perché tu sei sempre stato così, menefreghista, verso tutti.>>
Gli punto il dito contro, la mia rabbia è giustificata ed è repressa per tutti i giorni in cui non è stato con me.

<<Che cosa stai dicen->>

<<Forse l'unico di cui ti preoccuperesti davvero è Jos. Ma stento a credere che questo sia l'unico motivo per cui non mi vuoi parlare! Io..>>
Lo guardo negli occhi, mi perdo nei pozzi di acqua ghiacciata, quegli occhi di quell'uomo di cui mi beo ogni notte, e che mi manca il giorno.

<<...C'è altro, io lo so.>>
Finisco il mio discorso con un sospiro per la ricerca improvvisa di aria.
Max mi guarda, è sconvolto, forse perché non credeva possibile che qualcuno avesse il coraggio di parlargli in questo modo, di contraddirlo, di arrabbiarsi con lui.
O forse perché nessuno era mai stato in grado di leggerlo così bene.

Ha ancora gli occhi rossi quando si avvicina minacciosamente a me, lo fa lentamente, bloccandomi contro la ringhiera del balcone, e facendomi spalancare gli occhi per il modo in cui poggia aggressivamente le mani proprio su di essa, ai lati dei miei fianchi.

<<Ascoltami bene, Leclerc.>>
Mi chiama così solo quando è arrabbiato.
Forse l'ho fatta grossa.
E proprio quando strizzo gli occhi per beccarmi la sua furia, lo sento sospirare.
Tiene la testa bassa, i muscoli della sua schiena si rendono visibili insieme a quelli delle sue spalle, nel modo in cui si piega leggermente verso di me.

<<Parli troppo per essere una troia, mh?>>
Le sue parole fanno breccia nel mio cuore.
Non riesco a dire nulla, sento ovattato attorno a me.

<<Ma hai ragione, c'è altro, e quell'altro sono cose di cui non ti devi interessare.>>
E detto ciò, fa per andarsene.
Non ci sto, e lo prendo dal polso, lo trascino in camera e lo butto sul letto per tenerlo fermo sotto di me.

<<Non pensare di potere andartene così, non di nuovo, non lo accetto Max.
Parlami, dimmi cosa non va, perfavore!>>
Ribalta le posizioni in un nulla, è sempre stato più forte di me in questi giochetti, e lo penso nel momento in cui mi prende i polsi e li mette sopra la mia testa, bloccandoli con una mano.

<<Non intrometterti, Charles, nessuno è in grado di aiutarmi.>>
Non capisco se il suo cambio di umore sia dovuto dal fatto che abbia l'erba in corpo, o semplicemente perché lui è così e basta.

<<Lasciami i polsi.>>

<<Smetterai di rompermi se lo faccio?>>

<<No.>>

<<Allora preparati, perché resteremo così per un bel po'.>>
Dice, mentre aumenta la presa, provo a dimenarmi ma non sembra aver intenzione di lasciarmi andare.
Mi guarda, e si morde il labbro.

La sua discrezione in pubblico mi fa rabbrividire, un po' perché davanti alle telecamere non posso fare a meno di far vagare il mio sguardo, ogni tanto, sul suo viso concentrato mentre parla con gli intervistatori, sui suoi occhi, sui suoi capelli, sul modo in cui la tuta da corsa lo fasci perfettamente.

Mentre lui non mi guarda mai. È sempre così maledettamente attento, a non scambiarsi sguardi troppo lunghi, a non toccarmi troppo se non per la stretta di mano alla fine di una gara, un mezzo sorriso, nonostante non sia una persona falsa riesce comunque a recitare qualcosa che di fatto non esiste.
O al contrario, fa sembrare qualcosa che c'è, un nulla.

E poi, nel privato, quando le telecamere non ci vedono, quando gli altri piloti, i nostri team, non posano gli occhi su di noi, la sua vera natura si manifesta.
E mi prende, mi gira e mi rigira, affonda le unghie nella mia pelle, proprio come sta facendo adesso per provocarmi.

Gemo leggermente per il dolore e mi lamento sotto la sua presa, chiudendo gli occhi e piegando la testa di lato.
<<Stronzo.>>

Lui ride, mi tiene fermo dove solo lui vuole, rendendomi inerme, ma non ho realmente intenzione di spostarmi.
Perché è stronzo, è riservato, non mi parla.
Ma è bello, è dannatamente bellissimo.

<<Allora ti piacciono gli stronzi.>>

<<Solo se si chiamano Max.>>

ti odio/ti amo.

Fuoco e benzina || Lestappen.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora