Dopo la festa di Michelle, le cose continuarono in discesa per i Sunset Parade. La voce della loro esistenza girò in fretta, e non ci misero molto a trovare nuovi ingaggi per feste e matrimoni. Riuscirono persino a suonare in un locale, ma l'assenza di canzoni proprie iniziava a farsi sentire sempre di più. Io e Alex avevamo lavorato a qualche testo, ma serviva molto di più per fare di loro un gruppo vero e proprio.
"Abbiamo bisogno di uno studio di registrazione vero – ammise James dopo una delle prove – non che questo posto non sia fantastico, ma dobbiamo iniziare a pensare al futuro della band". Kate mi aveva confessato che l'idea girava nella mente di James già da un po', ma non riusciva a trovare il coraggio per parlare, soprattutto per la reazione dell'amico.
"Sono d'accordo – annuì Tom – insomma, adoro il garage, ma abbiamo bisogno di essere più professionali se vogliamo fare strada". Non ci furono obiezioni e la ricerca di uno studio ebbe subito inizio.
Mi ero sempre chiesta come si trovassero le case discografiche nel mondo della musica. La realtà è che servono molto lavoro e una buona dose di fortuna. Dopo un po' di ricerche, trovammo uno studio da affittare per registrare le prime canzoni e grazie ai soldi ottenuti dalle feste i ragazzi furono in grado di pagare per qualche ora. Per fortuna, in tutte le prove che facevano suonavano sempre le loro canzoni, quindi tutto il tempo in studio fu speso unicamente alla registrazione dei brani. I ragazzi mi proposero di cantare in una canzone, ma preferii far fare tutto a loro, dato che non ero davvero nella band.
Quella stessa sera riascoltammo tutte le canzoni e preparammo le buste che sarebbero state inviate il giorno dopo a una lista di case discografiche.
Di solito, nei film che parlano di musicisti, spesso ai personaggi viene offerto subito un grande ingaggio e iniziano la loro nuova avventura con la casa discografica migliore del mondo. Ai Sunset Parade le cose andarono in modo leggermente differente: passarono giorni, settimane e anche mesi senza una risposta positiva.
"Perché non ci richiama nessuno? Siamo davvero così male?". Chiese Alex sconsolato. Eravamo seduti ai lati opposti di un tavolo del Sipping Corner, una caffetteria in centro città.
"Non c'è niente di sbagliato in voi. Lo sai, ci perdono loro se non vi vogliono!"
"Sì, hai ragione – rispose, facendo un respiro profondo per calmarsi – dobbiamo solo continuare a cercare di far girare la nostra musica.. È solo che... Sai come sono fatte le etichette discografiche. Il processo è così frustrante". Il mio cuore perse un battito mentre sentii la sua mano intrecciarsi lentamente alla mia, provocando le mie guance a surriscaldarsi abbastanza da rendere evidente il mio imbarazzo.
"Fino ad allora, potete andare avanti con le feste e i matrimoni. Insomma, so che non è il massimo, ma è pur qualcosa, giusto?" Lui annuì, guardando le nostre mani intrecciate.
Sorrisi, folgorata dalla morbidezza delle sue mani e dall'enorme differenza che sentivo rispetto alle mie, perennemente fredde. Anche se non era la prima volta che parlavamo da soli a cuore aperto, in un certo senso lo era. Sembrava tutto così naturale, così... giusto.
"Hai ragione. Ci vorrà un po', ma ci arriveremo" anche lui iniziò ad arrossire, mentre i nostri sguardi rimanevano intrecciati come le nostre mani.
"Tanto lo sai che sono la vostra fan numero uno – ammisi, – a proposito, adoro il vostro batterista... Come si chiama?"Sogghignai.
"Si chiama Phillip – rispose, – sono sicuro che sarà entusiasta di sapere che ha una nuova fan. È un grande batterista, e si sta esercitando molto. Si sta dedicando tanto alla band".
"Oh, che carino. Tranne per la sua povera sorellina, che ha dovuto sentirlo suonare per mesi interi alle tre del mattino quando era in prima superiore...""Non tutti possono avere un talento naturale come il mio" si indicò la gola, orgoglioso, mentre io annuivo lentamente.
Rimasi a guardarlo mentre beveva il suo caffè, incapace di continuare la conversazione. Mi sentivo fortunata ad avere un amico così leale nella mia vita, e stavo iniziando a rendermi conto che i miei sentimenti per lui non erano più così platonici come li avevo sempre creduti.
Il modo in cui i suoi occhi scuri, che erano rimasti fissi sui miei nonostante fossimo entrambi in silenzio, catturavano la luce. La piccola curva che le sue labbra creavano mentre sorseggiava il caffè. In quel momento iniziai a vedere ogni suo particolare in modo totalmente nuovo. L'ammirazione che avevo provato per Alex fin dal primo momento si stava lentamente trasformando in desiderio, e per la prima volta sentii il bisogno di conoscere ogni dettaglio del ragazzo misterioso che avevo davanti.
La realtà piombò su di noi come un macigno.
Ritirammo entrambi le mani il più velocemente possibile e distogliemmo lo sguardo. Davvero hai pensato anche solo per un secondo di avere una possibilità con Alex? disse la vocina nel mio cervello che non riuscivo mai a tenere a bada quando ero vicino a lui. È il migliore amico di tuo fratello. È off-limits.
"Credo di dover andare" annunciai, mettendomi a cercare il più in fretta possibile il portafogli nella borsa.
"Lascia che paghi io" si offrì lui. Io sorrisi imbarazzata e mi alzai, pronta a fiondarmi fuori dalla caffetteria il più in fretta possibile.
"Ragazzi! Che bello incontrarvi qui!" Gridò una voce dietro di noi: Era Kate, dal sorriso raggiante come al solito. Accanto a lei c'era, ovviamente, James, che la prese a braccetto non appena ci vide.
"Volete unirvi a noi?" Esclamammo io e Alex all'unisono, mentre io mi risedevo lentamente; ci guardammo di nuovo e scoppiammo tutti e quattro a ridere (chi divertito, chi per l'imbarazzo), poi, al cenno di assenso della coppia, ci spostammo lungo i divanetti per fargli spazio. Cercai di mantenere la calma mentre i miei amici si sedevano: Dopotutto, mi avevano salvato da una situazione imbarazzante. O mi avevano condannato a qualcosa di peggio? I miei pensieri furono interrotti dall'inizio della conversazione.
"Allora, di cosa stavate parlando voi due?" Chiese Kate, curiosa,
"Niente di che, un piccolo momento di autocommiserazione" rispose Al, cercando di sorridere, e l'amico gli diede un buffetto sulla spalla.
"Prima o poi qualcuno richiamerà, vedrai"
"Grazie, James! È quello che gli sto dicendo da un'ora a questa parte!" Risposi, e il biondo mi guardò con sorriso complice.
"Piuttosto, cosa ci facevate voi qui?" cambiò discorso Alex.
"Niente di che, un piccolo momento di autocommiserazione..." ammise Kate imitando il suo atteggiamento.
"Ma dai, non parlo così!"
"Parli esattamente così" lo presi in giro io e finalmente l'aria nella stanza si fece più leggera. Passammo una mezz'ora buona a chiacchierare davanti a delle fumanti tazze di caffè, poi ci dirigemmo tutti insieme verso casa di Tom.
I ragazzi cercarono di fare le prove come al solito, ma era evidente che l'assenza di una risposta da parte delle case discografiche li aveva marcati nell'animo e niente riuscì a tirarli su di morale.
Ci volle un po' e, proprio quando sembravano aver superato la questione, un pomeriggio arrivò una chiamata a casa Clarke. Ormai erano passati un paio di mesi, e i mancati contratti discografici sembravano un problema appartenente al passato, ma il sorriso stampato sul viso di mio fratello mi fece cambiare idea.
"Ci vogliono! Non ci credo!" Urlò saltellando, mentre stavo scendendo le scale. Io corsi tra le sue braccia e mi strinse forte a sé, sollevandomi da terra per l'eccitazione.
"Sono felice per voi! – esclamai fiera, – qui serve una bella festa!".

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A Certain Romance
Romance[IN FASE DI REVISIONE] "C'è chi si innamora ogni giorno, e c'è a chi non basta una vita per dimenticare un solo amore". Tre storie. Tre vite. Una sola ragazza. Lucille. Lilly. Lola. Dai sobborghi di Nottingham agli schermi di tutto il mondo, la vita...