Ho delle regole nella vita. Diktat che ho sempre rispettato. Contorni definiti e monocromia di grigi, per vivere sereno e appagato.
Io non mi lego mai. A nessuno.
Non creo aspettative.
Non faccio promesse che non ho intenzione di rispettare.
Mi prendono per il culo chiamandomi Mr. "Fotto e me ne fotto", non me ne vanto, ma non mi lamento. Mi calza a pennello per cui va bene anche così!
Difficilmente resto colpito e incuriosito. Se qualcosa o qualcuno mi piace, vado diritto per la mia strada e dissipo ogni curiosità: mi prendo quel che voglio e se non posso, mi giro dall'altra parte e punto altrove.
Sempre!
Fino ad ora...
Sapevo molte cose di lei, ma non la conoscevo e qualcosa mi frenava nel farmi avanti.
«Perché di mattina non ti si vede mai qui dentro, invece al pomeriggio, ti scapicolli in ufficio ad ogni minimo rumore?» mi domanda Clarissa, la segretaria della mia officina.
«Cosa vuoi?!» rispondo veloce, senza badare alle sue parole.
«Cosa succede ogni pomeriggio, che dalle due in poi stai sempre a guardare la strada?» indaga sospettosa e sorridente.
«Tu sei fuori! Non succede niente» mi difendo, anche se so che arriverà presto al punto.
«C'entra per caso la ragazza che passa qui davanti tutti i giorni?» insiste, mettendo insieme i pezzi che ho seminato negli ultimi mesi.
«Chi?» faccio finta di non sapere a cosa si riferisca, ma lo so fin troppo bene.
«Andata fissa ore due e ritorno con calma sul finire della giornata, se una delle bimbe non dà di matto prima... Miss "Vaffanculo, il marciapiede non è tuo..."» mi risponde acida, ma ancora con l'ilarità stampata in volto.
Continuo a mangiare il mio panino, senza degnarla di una risposta. Mi alzo, scuoto i jeans, ed esco dall'ufficio amministrativo, che si è trasformato in stanza degli interrogatori.
«Hai dell'insalata tra i denti. Io chiuderei la bocca, e poi non ti pago per farti i cazzi miei» dico, regalandole un ghigno strafottente ed un dito medio.
Esco dal mio regno, che occupa un'intera palazzina, per andare a bere il caffè al bar di fronte e sento che la mia dipendente si congeda dandomi dello stronzo.
So bene di esserlo...
Non mi accorgo, invece, mentre attraverso la strada, della macchina che arriva troppo veloce e che frena con gran rumore, lasciando i segni degli pneumatici in terra, per evitarmi.
Mi fermo lì, in mezzo all'asfalto, e attendo curioso di vedere in faccia il coglione che per poco non mi manda al creatore. La ragazza che alza di colpo la testa, cadutale in basso dalla manovra e dalla paura, ha gli occhi chiusi e strizzati in una smorfia di dolore e sgomento.
È Lei.
Merda.
Clarissa esce di corsa e, quando si rende conto dello scherzetto che il destino mi ha appena fatto, scoppia a ridere.
La ragazza apre gli occhi e quando mi inquadra davanti alla sua macchina, con le braccia conserte e l'espressione di chi non ne può più, si rilassa, come a dirmi che "sono solo io, poco male se mi centrava".
Guardo Clarissa, che ride ancora di gusto, attirando anche l'attenzione della conducente sbadata, e lascio andare le braccia.
«Fanculo!» dico al mondo, più che a loro, e vado a fare quello che era nelle mie intenzioni.
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Quel giorno in più
Romance"Se incontrarsi resta una magia, è non perdersi la vera favola." (Massimo Gramellini) Alessandra ha trentacinque anni e tutto quel che ha costruito sembra destinato ad essere messo in discussione: una moglie, una madre, una scrittrice di fiabe che...