Il bacio di Klimt (Luke)

7 2 0
                                    

«Ad ogni modo, hai raggiunto l'obiettivo concordato. Per cui non è stato tutto un errore...» le dico, anche per alleviare la tensione che sento lungo le braccia. Ho stretto forte i pugni al pensiero di lei indifesa e spaventata. Posso essere incazzato e volerla fuori dalla mia vita il prima possibile, ma è Alex, la Mia Alex e deve tornare da dove è arrivata felice, per lasciarmi senza problemi e pensieri.

«Posso chiederti una cosa?» Le domando mentre finiamo il pasto, «sei la cosa più simile ad un'amica che io abbia ed è già la seconda volta che mi dici determinate cose...» Sto per camminare su un terreno intimo e delicato, per cui proseguo facendo attenzione ad ogni inflessione della voce.

Lei alza la testa, in attesa di comprendere dove voglio andare a parare, ma qualcosa mi dice che se lo immagina, perché prima che possa continuare, le sue guance diventano rosse.

«Perché voi donne dovete continuamente aver bisogno di conferme?» Generalizzo il discorso, ma ciò che mi interessa sapere è solo la sua prospettiva.

Prima mi guarda, poi torna al suo piatto, allora mi spiego meglio: «hai già detto di comportati in un "determinato modo" per poterti sentire nuovamente "Donna" ... Non riesci a farlo semplicemente guardandoti allo specchio?»

I suoi occhi si aprono in un'espressione di stupore, che ha poco a che vedere con i chicchi bianchi che sta fissando.

Torna su di me, lanciandomi uno sguardo strano, come se avessi appena bestemmiato.

Per me è semplice.

«Io non ho bisogno di una donna che mi brami, per riconoscere che sono desiderabile. Non ho la necessità di guardarmi attorno per comprendere che vengo "visto"» dico ancora.

E lei mi sputacchia davanti il riso che aveva ancora in bocca.

«No, certo che no...» dice con ironia.

«Perché che differenza c'è tra me e te?» domando fissandola con insistenza, poiché non mi ha ancora degnato di una risposta.

Sospira profondamente e poi mi sorride, «la tua domanda è meglio di qualsiasi complimento tu possa farmi...»

«Non ne avevo alcuna intenzione» affermo.

«È proprio per questo che è ancora più fantastico!» mette in bocca un cucchiaio colmo.

Mi guarda mentre mastica. Ha le guance piene, un chicco che esce da un angolo. Gli occhi gonfi dalla nottataccia, ancora lucidi dall'emozione che aveva vissuto poco prima. È la donna più infantile che abbia mai conosciuto e non perché sia sciocca: è così naturale, che ogni filtro conosciuto non le appartiene. È così intima che mi fa paura.

Quando sono ormai certo che il discorso intrapreso non stia andando da nessuna parte, finalmente lei si spiega.

«Andrea... So che non lo hai mai conosciuto, ma ora come ora, posso solo chiamarlo con il suo nome, perché non so come definirlo, senza sentirmi una perfetta idiota...» rotea gli occhi un po' qui ed un po' là, a cercare il punto di partenza, «lui...», si ferma improvvisamente, come colta da un'illuminazione, «no, non è questo... La verità è che non sono più sicura di niente da molto tempo ormai. Non so se sono una donna appetibile, se ho talento, se ho sprecato troppo tempo..., negli ultimi anni sono stata tante cose, ma quasi mai semplicemente me. Gli anni sono passati come fossero un bicchiere d'acqua fresco, in un giorno d'estate. Un lungo sorso e via. Quando ho finito di bere, mi sono vista allo specchio e ho notato le rughe, i capelli bianchi e la pappagorgia...»

Ora sono io a sputare acqua sul tavolo.

«Pappa... che?» scoppio in una risata rumorosa, perché me la sto immaginando come un galletto con il bargiglio rosso penzolante, mentre lei ride insieme a me, tirandosi la pelle sotto il mento.

Quel giorno in piùDove le storie prendono vita. Scoprilo ora