Capitolo 11 - La gentilezza di Three

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Chloe si era rannicchiata in posizione fetale, dando le spalle al resto della stanza. Non aveva sentito con chiarezza il dialogo dei fratelli, troppa confusione si agitava nella sua mente, mentre era ancora praticamente sotto shock.
Durante l'operazione la sua mente si era come alienata, non sapeva computare esattamente quanto accaduto. Sapeva solo che le aveva fatto male e che i suoi fratelli l'avevano tenuta ferma.
Dopo un po', quando Four si era allontanato da diverso tempo dalla stanza, trovò la forza di mettersi seduta.
"Stai meglio?" domandò Five, guardandola.
Per tutta risposta, Chloe scosse la testa, per poi protendersi verso lo squalo di peluche. Lo prese, lo portò a sé e lo strinse forte.
"Voglio Three." piagnucolò.
Il primogenito alzò un sopracciglio, sorpreso da quella richiesta.
"Three? Ma ha da fare in questo momento." rispose.
"Non mi interessa! Voglio lui!" gridò la fanciulla, cominciando a piangere "Tu e Four siete cattivi! Lui è l'unico che mi vuole bene!"
Il ventenne sospirò, per poi dire "Se te lo chiamo la pianti con questa lagna?"
Chloe annuì e così il ragazzo uscì dalla stanza, lasciandola da sola.
Lasciatosi alle spalle la camera della ragazza, Five attraversò i corridoi della villa, diretto alla stanza di Three.
Era arrivato praticamente davanti ad essa, quando una dolce melodia giunse alle sue orecchie. La voce melodiosa del terzogenito accompagnava quelle note soavi, inondando l'intera zona in un'atmosfera onirica ed idilliaca.
Evidentemente il quindicenne stava ripassando le sue lezioni di canto. Si sentiva quasi in colpa a disturbarlo in quel momento, ma non poteva lasciare che la sorellina continuasse a piangere in quel modo.
Il primogenito bussò e il suono si interruppe istantaneamente, come una corda improvvisamente recisa da un paio di forbici.
"Chi è?" rispose una voce al di là della porta, chiaramente quella di Three.
"Sono tuo fratello. Posso entrare?"
La porta si aprì e il quindicenne fece la sua apparizione sulla soglia. Fece un gesto al maggiore, facendolo accomodare nella sua stanza.
"Ma certo, ci mancherebbe altro." disse.
Five fece un passo nella camera ma non si accomodò. Guardò invece il fratello, per dirgli quanto era venuto a comunicargli.
"Chloe è nella sua stanza." gli disse "Il dottore è appena andato via."
Three si fece subito attento, guardando il maggiore con occhi preoccupati.
"Come sta nostra sorella?" gli domandò.
"Bene, ma ha fatto un sacco di capricci e sta continuando a farne." sospirò Five "Vuole parlare con te."
Il terzogenito guardò l'altro stupito, non aspettandosi quella richiesta.
"Con me?" gli chiese.
Il ventenne si limitò ad annuire, per poi uscire dalla stanza dando le spalle al fratello.
"Sì, farai meglio a raggiungerla in fretta." disse, per poi sparire nel corridoio e tornare alle proprie faccende.
In tutto quello, Chloe era rimasta nella propria camera abbracciata convulsamente al proprio squalo di peluche. Era un regalo di Three, ci si era affezionata tantissimo a quel pupazzo.
Pensava a quanto accaduto, al fatto che i due maggiori l'avessero tenuta ferma in quel modo così brusco. Proprio non le era andata giù.
Che stronzi che erano stati, sia loro che quel dannato medico. La serie di ingiurie che stava lanciando contro di loro fu interrotta allorché sentì bussare alla porta.
"Sorellina, sono Three. Posso entrare?"
Udendo la dolce voce del fratello, Chloe balzò in piedi e si precipitò alla porta.
Apertala rivolse al terzogenito un timido sorriso, facendogli segno di entrare.
Il ragazzo entrò nella stanza, chiudendosi la porta alle spalle. Camminò con lei fino al letto ed entrambi si sederono insieme su di esso. Una volta sedutosi, il quindicenne strinse una mano attorno alle spalle della sorellina.
Non ci fu bisogno di parole tra loro, non subito quantomeno. Chloe si appoggiò al fratello, abbandonandosi al suo abbraccio. Rilassò il proprio corpo, lasciandosi alle spalle le cattive sensazioni di quella terribile visita medica.
Fu in quel momento che l'adrenalina in circolo del corpo della fanciulla finalmente si chetò, permettendo al suo corpo di distendersi.
Il dolore le attraversò l'intera colonna vertebrale, come un fulmine che spezza in due un albero in una notte di tempesta. Era così acuto che la fece gridare e poi coricare sul letto, praticamente paralizzata.
Three rimase sconvolto da quel rapido susseguirsi di eventi e subito posizionò le mani sulle spalle della ragazza, una preoccupazione estrema visibile sul suo viso e nel suo sguardo.
"Chloe! Chloe!" esclamò, guardandola dritta negli occhi "Che succede?"
"Fa... male..." mormorò la dodicenne, travolta dagli spasmi di dolore.
Mentre il quindicenne rimaneva fermo, sconvolto, lei aggiunse, sempre mormorando "Ti prego, fratellone... fa qualcosa..."
Three annuì, dicendo deciso "Certo, ci penso io."
Il ragazzo si alzò, si allontanò di qualche passo dalla fanciulla e portò la mano al Duel Gazer.
"Five, puoi sentirmi?" chiese.
"Sì, posso sentirti. Che c'è?" disse la voce monotono di Five.
"Chloe sta molto male. Non abbiamo degli antidolorifici in casa?"
"Sì, me li ha dati il dottore. Sono lì in camera. Daglieli pure."
"Ok, grazie mille." ringraziò il quindicenne, ponendo fine alla chiamata.
Three diede una rapida occhiata in giro e su uno dei comodini vide effettivamente il flacone di antidolorifici. Senza esitare prese il flacone, estrasse una pastiglia e la porse alla sorellina insieme ad un bicchiere d'acqua recuperato dal bagno.
"Ecco, prendi questa." disse, porgendo entrambi gli oggetti alla ragazza.
Debolmente e con molta fatica la dodicenne afferrò il bicchiere d'acqua, mise la pastiglia in bocca e la trangugiò bevendo per appunto il liquido.
L'effetto fu quasi istantaneo: come ebbe ridato il bicchiere al fratello maggiore, la fanciulla cominciò subito a sentirsi meglio e riuscì a raddrizzarsi mettendosi seduta.
"Grazie." mormorò, sentendosi decisamente meglio rispetto a prima.
Il quindicenne le rivolse un radioso sorriso e tornò a sedersi accanto a lei, contento che la sorella stesse meglio.
Tra loro ci fu silenzio per un po', poi Chloe lo spezzò con la propria voce.
Guardando il fratello, infatti, disse "Tu sei l'unico che mi vuole bene... Five e Four... loro mi trattano male."
"No, ma non è così. Non è assolutamente così." rispose Three, guardandola.
"Ma certo che è così! Mi hanno tenuta ferma mentre quell'uomo mi faceva male!"
Il terzogenito la strinse a sé, confortandola nel proprio abbraccio, e le rispose "Il mondo è più complicato di così. Non è una tela divisa in due, in cui da una parte c'è il bianco e dall'altra c'è il nero, dove da una parte c'è un mare in tempesta e dall'altra un cielo luminoso. La tela della vita è un paesaggio scuro con sprazzi di bianco, dove un cielo luminoso si staglia su un mare in tempesta, un'apparente cacofonia che tuttavia crea invece un'opera d'arte."
La dodicenne sbuffò, replicando "Fratellone... ma ti sei fumato qualcosa?"
Three ridacchiò, un po' imbarazzato, per poi dire "No, è che stavo provando con una metafora. Sai, ho fatto qualche studio di poesia."
Calò il silenzio per qualche attimo, poi il quindicenne riprese a parlare "Però è vero, loro ti vogliono un gran bene."
"Ma non è vero."
"Five non si è certo divertito a chiamare il dottore. E credimi, che Four si sia distratto dai suoi impegni per venire ad aiutare te... è decisamente notevole."
Quella frase diede non poco da pensare alla fanciulla.
In effetti, forse era stata un po' avventata. Era piuttosto evidente che in fondo tutti i fratelli tenessero a lei.
Continuando a stringerla a sé, Three le disse "E comunque te l'avevo detto."
"Che cosa?" domandò Chloe, non capendo dove volesse andare a parare.
"Se tu ne avessi parlato con Five, come per inciso ti avevo detto di fare io, non sarebbe stato necessario chiamare il dottore. In pratica, sorellina mia, è come se il medico l'avessi chiamato tu."
La ragazza annuì debolmente, non riuscendo a rispondere. Non poteva negarlo, aveva ragione. Era stata proprio una sciocca.
"E non solo." aggiunse il quindicenne "Five avrebbe potuto aiutarti. Sai perché?"
La ragazza lo guardò, incuriosita, e chiese "Perché?"
"È molto semplice. Nostra madre era malata, soffriva di narcolessia. Quando papà non c'era era Five ad aiutarla. E se tu gli avessi confidato i tuoi problemi, avrebbe saputo aiutare pure te."
Prima che Chloe potesse rispondere in un qualsiasi modo, il quindicenne aggiunse anche "E correggimi se sbaglio... anche tu sei narcolettica, vero?"
Davanti a quella frase la fanciulla non poté fare altro che vuotare il sacco: confermò al fratello la propria malattia, rivelandogli che effettivamente era davvero narcolettica nonché tutto ciò che gli Tsukumo facevano per aiutarla in tal senso.
Come la dodicenne ebbe finito di rivelare ogni cosa, il terzogenito trasse un profondo sospiro e guardandola dritta negli occhi con aria seria le disse in modo lapidario "Devi dirlo a Five. Adesso."
"Ma..."
"Ma un accidente! Presto arriveranno i risultati delle analisi! Se Five scopre che tu non gli hai detto niente diventa una bestia."
"Ma se glielo dico si arrabbierà."
"Questo è poco ma sicuro, però è meglio che lo scopra da te piuttosto che dalle analisi. Credimi che si arrabbierebbe molto di più."
La fanciulla annuì e promise che l'avrebbe fatto. Non che avesse la minima intenzione di rispettare quella promessa, ma almeno intanto avrebbe tranquillizzato il suo fratellone.
E così i due passarono insieme il resto del pomeriggio, parlando del più e del meno.
Dopo che ebbero parlato per un po' Chloe pensò ad una domanda particolare, che le rimbalzava nella mente da un bel po' di tempo.
"Fratellone, c'è una cosa che vorrei sapere." domandò a Three.
Il quindicenne sorrise alla sorella, rispondendole "Chiedi pure tutto quello che vuoi. Farò del mio meglio per risponderti."
"Ecco, riguarda Manny."
"Il maggiordomo?"
"Sì, ecco... è che mi sembra strano. Come mai fa il servitore? È un tuo coetaneo."
Il rosso scrollò le spalle, rispondendo semplicemente "Aveva bisogno di un po' di liquidità. Nostro padre è stato così gentile da offrirgli un posto di lavoro. È una cosa bella da parte sua."
Chloe lo guardò perplessa, domandandogli "Come mai? Lo conoscevate già?"
Il terzogenito annuì, spiegando "Certo, la famiglia di Manny e la nostra sono in contatto da parecchio tempo. Nostro padre e i suoi genitori si conoscono da prima che nascessimo."
"Davvero?" fece la dodicenne, stupita.
"Eh sì, pensa che addirittura la famiglia di Manny ha attualmente in custodia il cane della nostra famiglia."
La ragazza ragionò attentamente sulla cosa. Era evidente che le loro famiglie fossero molto legate, dopotutto non si affida il proprio cane a chiunque. E anche i genitori di Manny per lasciarlo lavorare in quella villa dovevano avere una certa fiducia nella famiglia Arclight. Ma se aveva così tanto bisogno di liquidità, evidentemente la loro non era una famiglia nobile. Come mai erano così legati alla sua?
Inutile scervellarsi a riguardo. D'altronde Three era lì e poteva semplicemente chiederglielo.
"E come mai le nostre famiglie sono così legate?" domandò alla fine la dodicenne.
"È per via del lavoro dei suoi genitori. Nostro padre ha sempre avuto un certo interesse."
"Oh, e che cosa fanno?"
"Sono commercianti di carte rare."
Quella rivelazione sfidò l'interesse della donzella, che domandò "Seriamente? Ma allora non dovrebbero avere problemi economici."
"Non li hanno. Semplicemente in questo periodo non stanno vendendo quanto prima. E Manny voleva dare una mano."
La ragazza immagazzinò con molta cura quelle informazioni nella propria mente. Si sarebbe assicurata di parlarne direttamente con Manny, prima o poi.
Parlarono ancora di qualche altro argomento, poi Chloe espresse la sua seconda curiosità, anch'essa le stava angustiando la mente da un po'. Specificatamente da quando Tron le aveva dato il suo nuovo nome.
"Senti, ma tu veramente ti chiami Three? E gli altri due si chiamano veramente Four e Five?" domandò "Me lo sto chiedendo da quando Tron mi ha soprannominata Two."
Lo sguardo del terzogenito divenne triste per un istante, come se un velo di malinconia avesse avvolto i suoi occhi. Fu veramente un attimo e la fanciulla se ne accorse per un pelo. Se solo si fosse distratta per un nanosecondo non ci avrebbe mai badato.
"No, anche per noi sono soprannomi. Ognuno di noi ha scelto il proprio. Io ho scelto Three."
Quella rivelazione colpì profondamente la ragazza, che quindi non seppe più mantenere la sua curiosità in merito.
"Ma dai! Allora voglio sapere come vi chiamate! I vostri veri nomi!"
Il quindicenne sospirò, dicendo "Va bene. Ma solo se non li usi quando c'è anche nostro padre."
"Promesso! Se vuoi giuriamo sul mignolo!"
Il ragazzo trovò veramente ilare l'entusiasmo della sorellina, che lo contagiò non poco portandolo a rivolgerle un radioso sorriso. Ci voleva un po' di allegria in quella famiglia in effetti.
"Non servirà. Ora te li dico."
Three si alzò e facendo un inchino drammatico disse "Il mio nome è Michael. Piacere di conoscerti."
La dodicenne ridacchiò a quella scenetta e disse "Piacere, Michael. E hai dei fratelli? Come si chiamano?"
Il rosso rise a propria volta e continuando ad impostare la voce come se fosse stata una presentazione formale rispose "Certamente. Ho due fratelli maggiori. Il più giovane dei due si chiama Thomas, mentre il maggiore si chiama Cristopher."
"Cristopher, Thomas e Michael. Me li ricorderò." sorrise Chloe, felice di aver scoperto i veri nomi dei suoi fratelli maggiori.
Quei nomi. Nomi che non avrebbe mai scordato. Perché lei era Chloe e quelli erano i suoi fratelli. Non importava cosa dicesse Tron. Loro non erano dei numeri. Erano gli Arclight ed erano uniti da un legame di sangue.

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